domenica 30 novembre 2008

LUNEDI' PRIMO DICEMBRE


COSI' SI AMMINISTRA IL COMUNE ! BRAVI !!! TANTO, A PAGARE, SONO I CITTADINI !



ADISTANZA di 27 anni da un’occupazione d’urgenza di alcune aree dovuta a lavori di sistemazione della rete fognaria e di regolamentazione del sistema naturale recettivo delle acque meteoriche nella zona dei Martiri a Quarrata e dopo 17 anni dalla determinazione di una indennità provvisoria d’esproprio, il Comune ha chiuso definitivamente la pratica con gli eredi del proprietario (nel frattempo deceduto) ricorrendo a una transazione e a un riconoscimento di debito fuori bilancio di 36mila euro. La cifra pattuita corrisponde quasi al doppio rispetto a quanto gli eredi nel settembre 2005 si erano impegnati per cedere i suoi beni. Richiesta a cui il Comune, nel marzo 2006, non dette seguito rivendicando il decorso dei termini dell’usucapione immobiliare. Nel 2008 i privato ricorse al Tar chiedendo la condanna del Comune «al pagamento di tutti i danni patiti a seguito dell’occupazione acquisitiva dei terreni di proprietà». «È una storia vecchia — ha detto l’assessore al bilancio Franco Burchietti — di cui siamo venuti a conoscenza di recente in seguito al ricorso al Tar. Gli uffici hanno ricostruito la vicenda e si è ritenuto conveniente cercare una composizione che eviti al Comune ulteriori spese legali, oneri per consulenze tecniche connesse al giudizio nonché il rischio di soccombere in sede giudiziaria con conseguenti maggiori oneri finanziari». «È chiaramente vero — ha sostenuto il capogruppo Pd Gabriele Romiti — che c’è stata una scelta tecnica sbagliata nel 2005, ma sono errori di chi si trova ad amministrare. Siamo persone serie e oneste e cerchiamo di fare del nostro meglio». Critiche da parte delle opposizioni che (a eccezione di «CittàPerTe») hanno votato contro il riconoscimento del debito fuori bilancio. «Si è gestito in modo leggero un caso — ha sottolineato Massimo Bianchi (An) — per il quale ora il Comune è costretto a pagare una cifra fuori misura». «Questa vicenda — ha aggiunto Alessandro Cialdi (Udc) — è l’esempio di come un Comune non deve agire per gestire i soldi dei cittadini: da una cifra di circa 9mila euro determinata nel 1991, nel 2005 sono diventati 15.863 euro e nonostante che da allora non siano cambiati sindaco e alcuni assessori si è arrivati al 2008 a dover pagare 36mila euro fuori bilancio. Il danno è stato fatto quando non si è accettato di pagare i 15.863 euro. Faccio fatica a pensare che gli amministratori non sapessero niente e che gli uffici potessero decidere liberamente di rifiutare una traslazione». Anche il capogruppo di Fi-Pdl Mario Niccolai ha parlato di «esempio clamoroso di cattiva amministrazione». «Non si può imputare un comportamento scorretto alla mia persona — ha replicato l’assessore Burchietti — che ho cercato di limitare il danno. Tra il 2004 e il 2006 non ci sono stati provvedimenti amministrativi da parte della giunta. Si sono ora individuati i problemi da risolvere e abbiamo fatto il nostro dovere». Anche Marco Grassini («CittàPerTe») come avevano fatto Cialdi (Udc) e poi Mario Niccolai (Fi) ha chiesto al Comune una ricognizione su tutti gli espropri in essere e non ancora conclusi
DA "LA NAZIONE" DEL 30 NOVEMBRE 2008

FIRENZE: IL CENTRODESTRA CHIEDE LE DIMISSINI DI DOMENICI


Il Centrodestra fiorentino chiede le dimissioni del sindaco Leonardo Domenici e della giunta sulla vicenda di Castello, l’area di Fondiaria-Sai sequestrata. “Sindaco e giunta - affermano i capigruppo di Forza Italia-PdL e Alleanza Nazionale-PdL, Bianca Maria Giocoli e Riccardo Sarra - si devono dimettere. La città, fino alle elezioni della primavera 2009, dovrà essere amministrata da un commissario di governo. Come capo della giunta - hanno sottolineato - il sindaco Domenici politicamente ‘non poteva non sapere’, le decisioni sono prese collegialmente dalla giunta. E non se la può certo cavare con le dimissioni dell’assessore all’urbanistica Gianni Biagi. Non si può - conclude il PdL - continuare a governare la città dopo il retroscena emerso dalle intercettazioni degli inquirenti. Non si può continuare, come se niente fosse, e votare il piano strutturale e le altre delibere".

FIRENZE : LA GIUNTA DOMENICI NEL MIRINO DELLA MAGISTRATURA


da Afffariitaliani.it
La procura di Firenze è convinta che sull’area di Castello si sia giocata una partita con un solo sconfitto: l’interesse pubblico. Parte da questo presupposto l’inchiesta esplosa una settimana fa con sette avvisi di garanzia per corruzione, che vede implicati gli assessori della giunta di Palazzo Vecchio, Gianni Biagi e Graziano Cioni e il patron di Fondiaria Salvatore Ligresti.
Protagonisti la proprietà dell’area a nord ovest di Firenze, interessata ad ottenere quante più volumetrie possibili per edificare palazzi e negozi nei 259.000 metri quadri a spese dell’interesse pubblico “lasciato in un angolino asservito a logiche di guadagno o di competizione politiche” come scrivono gli inquirenti nel decreto di sequestro dei 168 ettari di terreno di Fondiaria-Sai, che secondo una convenzione siglata nel 2005 tra il Comune e lo stesso Ligresti prevedeva anche un parco pubblico di 80 ettari, vero e proprio polmone verde, ritenuto “parte essenziale” di tutto il progetto Castello, che nelle intenzioni di Ligresti sarebbe dovuto costare più di un miliardo di euro.
Nei mesi scorsi però sulla stessa area è piombata l’ipotesi del Comune di costruire il nuovo stadio della Fiorentina, dopo la presentazione del progetto fatta dai fratelli Della Valle, proprietari della squadra viola. Non ci sono bustarelle di mezzo, non c’è (almeno al momento viene escluso) passaggio di denaro per corrompere i politici. Ma per la procura gli assessori Biagi e Cioni avrebbero tutelato gli interessi dei privati, addirittura a costo di mettere a rischio il parco, favorendo i privati, rilasciando licenze edilizie prima ancora della realizzazione del “polmone verde”, previsto nella convenzione a carico della Fondiaria (circa 10 milioni di euro come oneri di urbanizzazione).
In sintesi eccolo il quadro accusatorio. I pm disegnano un ruolo “anomalo” che avrebbe svolto Biagi. Scorrendo le 140 pagine del decreto firmato dal Gip Rosario Lupo, emergono intercettazioni telefoniche nelle quali per la procura è proprio l’assessore Biagi a chiedere a Fondiaria l’affidamento di incarichi agli architetti Casamonti e Savi. Sarebbe la prova della sua “utilità indebita”. Lo stesso assessore si sarebbe poi attivato per ostacolare un bando di gara della Provincia, voluto dal presidente Matteo Renzi. Per la procura invece Cioni avrebbe garantito a Fondiaria “il proprio appoggio politico e amministrativo” in cambio di una promozione e gratificazioni economiche per il figlio, dipendente di Fondiaria, e l’affitto di un’appartamento per una sua conoscente. Il terremoto giudiziaria, come era prevedibile ha scosso da vicino Palazzo Vecchio.
Giovedì le dimissioni di Biagi “dimostrerò che non sono un corrotto”. Cioni invece resta al suo posto su richiesta di Domenici, il sindaco chiede un incontro con il procuratore Quattrocchi e il Pd che fa quadrato e il capogruppo di Palazzo Vecchio Alberto Formigli, già indagato in un’altra inchiesta dei pm fiorentini, che chiarisce il senso di quella intercettazione “voglio 10 ettari” detta a Biagi. Nessun interesse privato ma solo quello della città “dei più deboli, di chi ha bisogno di una casa” spiegherà poi Formigli.
E’ in questo scenario che il Pd di Firenze si appresta a vivere due mesi di primarie per la scelta del candidato a sindaco. Quattro i concorrenti: Daniela Lastri, Lapo Pistelli, Matteo Renzi e Graziano Cioni. Quest’ultimo uno dei protagonisti dell’inchiesta. Quali potrebbero essere le conseguenze sul partito? Dubbi e domande che si intrecciano con il vertice a Roma tra il segretario nazionale del Pd Veltroni, i segretari locali e regionale, il sindaco Domenici e il presidente toscano Martini. Nel Pd fiorentino però in pochi sono pronti a scommettere su un ordine di azzerare tutto fatto da Veltroni. Anche se c’è chi pensa che sarebbe opportuno raffreddare la battaglia delle primarie, in un momento in cui sarebbe più opportuna l’unità tra i democratici fiorentini.

sabato 29 novembre 2008

BONUS PER LE FAMIGLIE: CHI NE HA DIRITTO


Come noto, ieri il governo ha varato il cosiddetto pacchetto anti-crisi.
Tra le misure in esso contenute, vi è un bonus per le famiglie con redditi fino a 22.000 euro.
Ora, il suddetto provvedimento attribuisce risorse una tantum ai nuclei familiari, tenendo conto non solo del reddito complessivo degli stessi, ma anche della loro numerosità (cioè del numero di figli a carico).
Vediamo i casi concreti.
Gli anziani soli e con un reddito pari a 15.000 euro, hanno diritto ad un bonus di 200 euro.
Un nucleo familiare, invece, composto da due persone e con un reddito di 17.000 euro, potrà beneficiare di 300 euro.
Una famiglia con un figlio a carico (tre componenti in tutto, dunque) e con reddito pari a 17.000 euro, ha diritto ad una somma pari a 400 euro (va detto, però, che in quest’ultimo caso, alcuni giornali parlano di 450 euro).
Un nucleo familiare con due figli a carico (quattro componenti) e con un reddito di 20.000 euro, invece, otterrà un bonus di 500 euro.
Una famiglia costituita da 5 componenti e con un reddito di 22.000 euro, ha diritto a beneficiare di 600 euro.
Un nucleo familiare composto da oltre 5 persone, e con un reddito di 22.000 euro, ha diritto ad un bonus di 1.000 euro.
Inoltre, le famiglie con un reddito fino a 35.000 euro e che abbiano al proprio interno un portatore di handicap, hanno diritto ad un bonus di 1.000 euro.
L’accesso a tali benefici economici è subordinato alla presentazione di una domanda (autocertificazione) - da formulare su apposito modulo - che dovrà essere indirizzata all’Agenzia dell’Entrate, entro il 31 gennaio.
P.S.: sono esclusi dal provvedimento i lavoratori autonomi e i titolari di partita Iva.


CHIAMIAMO I SURFISTI DELL'ONDA CON IL LORO NOME: SQUADRISTI !


Un centinaio di studenti dell’Onda ha invaso l’Aula magna durante lo svolgimento dell’inaugurazione dell’Anno accademico alla Sapieza di Roma. Il rettore, parlando al microfono, prima di abbandonare l’Aula magna ha sottolineato che il comportameto degli studenti «non è stato democratico». «Ho detto fascisti agli studenti che hanno fatto il blitz, perchè per me fascista è uno che non fa parlare gli altri - ha sottolineato successivamente nel corso di una conferenza stampa seguita alla manifestazione - . Ed è un termine, questo, che posso dire di usare a ragion veduta, visto che mio padre era un partigiano». Non solo: «Sono più di sinistra io - ha aggiunto - di certi pariolini che si vestono da gruppettari per venire all’università e poi girano in Smart per Roma». Il rettore ha parlato anche dei fondi a disposizione delle università: «La crisi finanziaria è un problema serio. Siccome Tremonti ha il problema di tagliare, come rettore devo meritare che i tagli vadano da un’altra parte e che non rompa le palle a me». In un Paese, prosegue, in cui «si dice a cinquemila lavoratori andate a casa, non posso dire al governo che voglio i soldi e basta, li devo meritare». «Abbiamo travolto anche Frati» hanno gridato invece gli studenti che hanno interrotto la cerimonia. Per la serie “sconfinate distese di nebbia nel cervello”, l’irruzione, hanno spiegato gli studenti, è stata promossa «perchè rispetto ai tagli effettuati dal governo e alla legge 133, il rettore già un mese fa si era posto contro il movimento degli studenti e aveva invitato a trattare con un governo che taglia al sistema universitario e scolastico. I risultati poi si vedono: la tragedia di Rivoli è una dimostrazione». Poco conta che i decreti Gelmini destinino centinaia di migliaia di Euro all’edilizia scolastica e 200 milioni di euro al diritto allo studio, con un intevento senza precedenti nella storia italiana (il precedente più ricco risale al 2003, quando Letizia Moratti destinò alle borse 30 milioni di euro). Non c’è peggior sordo, verrebbe da dire. nel frattempo, dalle urne della Sapienza esce un risultato straordinario delle liste di centrodestra, che guadagnano la maggioranza assoluta dei consensi. La maggioranza silenziosa, nell’urna, si fa sentire.

E' UNA GUERRA ANCHE NOSTRA



Il mondo è troppo piccolo per starcene in disparte a lamentarci di quel po' di benessere che perderemo con la recessione. Il mondo è troppo interconnesso per voltare gli occhi dall'altra parte perchè ci sarà sempre una nostra famiglia, una nostra impresa, un nostro interesse a rischio in ogni parte del mondo dove si accendono i bagliori del terrorismo. Il mondo è troppo pericoloso per non stare dall'unica parte in cui possiamo stare, nell'alleanza con l'America. E il mondo è troppo insicuro per cullarsi nell'illusione di poter sostituire l'ordine attuale con uno nuovo e multipolare, per fidarsi della Russia, della Cina e se è per questo anche dell'Europa, così come ci siamo fidati nei sessant'anni dalla fine della guerra dell'America e della sua leadership. La strage di Mumbai ci dice che la guerra tra il mondo libero e il mondo del fanatismo e della morte continua. E ci dice che è una guerra anche nostra.
Antonio Polito,"Il Riformista

venerdì 28 novembre 2008

NOI CI SIAMO


La metastasi del terrore


L’OCCIDENTE SI RENDA CONTO DALLE STRAGI DI MUMBAI CHE AMERICA, EBREI E GRAN BRETAGNA SONO IL BERSAGLIO DELLA GUERRA SCATENATA DAL TERRORISMO MUSULMANO. GLI ODSTAGGI ITALIANI SONO SALVI E SIAMO CONTENTI, MA FACCIAMO PARTE DEL VENTRE MOLLE DEL MONDO CHE BRAMA LA RESA E CHE NON OSA INFASTIDIRE IL CARNEFICE. EBREI E AMERICANI SELEZIONATI COME PECORE AL MATTATOIO.E questa è la risposta a tutti coloro che quando sentono parlare di terrorismo islamico, di Al Qaida e di guerra contro l’Occidente, sbuffano, infastiditi come se avessero di fronte a sé il ridicolo anziché la tragedia. Da mercoledì abbiamo la prova ulteriore che il terrorismo è ovunque, può colpire ovunque, a Madrid e in India, in Africa e negli Stati Uniti, in Inghilterra e in America Latina dove ha la sua rete di alleanze. Dire Al Qaida, dire Bin Laden, dire organizzazione terroristica dell’odio, provoca malumore: finché il sangue non scorre a fiumi, finché la segatura non copre quel che resta di un essere umano, di una famiglia, siamo abituati a negare, a minimizzare, ridurre, sorridere persino. Che errore.
L’Occidente è di sua natura tollerante, polimorfo, multietnico, afflitto da sensi di colpa, pieno zeppo di moschee e cantieri di moschee, tenero con chi vuole applicare la sharia islamica anche in Europa, soddisfatto quando sente che Olanda, Danimarca, Svezia sono Paesi che si stanno islamizzando. Eppure, la guerra che seguita a far versare sangue è una guerra contro l’Occidente, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, Israele e poi anche contro di noi, il ventre molle dell’Occidente. Eppure l’Occidente ha dato dignità e valore giuridico, oltre che morale, ai diritti dell’uomo, della donna, della famiglia, dell’infanzia. L’Occidente ha creato le organizzazioni internazionali e, persino, l’Occidente è stato capace con la guerra in Kosovo, di bombardare un Paese cristiano per difenderne uno musulmano.
L’Occidente, noi, siamo fatti così. E se qualche regista imbecille sostiene che l’11 settembre gli americani se lo sono fatto da soli e che tutti gli ebrei erano scappati via in tempo dalle Torri Gemelle, noi – alcuni di noi – annuiscono felici. Gli occidentali indossano la kefia e travestiti da palestinesi si dedicano all’odio verso Israele e tutti insieme all’odio contro l’America, tanto che l’amore per Obama è diventato – nell’immaginario di questa parte debole del pensiero occidentale – una delle forme subliminali di espressione dell’odio per l’America. Non hanno capito che Obama ha confermato Gates alla Difesa e che sposterà tre brigate corazzate dall’Irak all’Afghanistan con diritto di penetrazione in Pakistan: lui, l’Obama dell’immaginario collettivo antiamericano.
Ha tutto ciò a che fare con quanto è successo ieri a Mumbai, la città che per noi europei è sempre stata Bombay? Sì, ha a che fare. Ieri i turisti sono stati selezionati come pecore al macello. Chi aveva passaporto americano: fila della morte. Passaporto inglese: fila della morte. Passaporto israeliano: fila della morte. Passaporto italiano, prego si accomodi nella fila della vita, ciò che ci fa enorme piacere. Ma guardiamo in faccia la verità e la realtà: l’attacco a Mumbai era atteso dai servizi segreti, peccato che non fosse atteso a Mumbai ma altrove. C’è stato un difetto di informazione, ma si sapeva che l’attacco sarebbe stato scatenato. Forse l’intelligence del terrorismo è più efficiente del Mi6, della Cia e del Mossad messi insieme, non lo sappiamo.
Sappiamo però che l’attacco assassino, la mattanza da tonnara, è stata condotta con l’uso dell’odio e dell’infanzia: abbiamo visto bambini carnefici imbracciare il mitra e uccidere ridendo. Abbiamo visto esseri umani mutati in mostri. Abbiamo visto esseri umani sacrificati come agnelli in base a un simbolo: il colore del passaporto, la presenza di un timbro, un visto, un’aquila. Due terzi della mia famiglia ha quei passaporti. Due terzi della mia famiglia sarebbero stati ammazzati. Io e i miei figli saremmo stati ammazzati. Chi è ebreo sarebbe stato ammazzato. Capite adesso il modello, l’impianto morale di questa guerra che viene scatenata contro l’Occidente? Non è un caso che il nazionalsocialismo hitleriano fosse fanaticamente sostenuto e sostenitore del radicalismo arabo, del gran Muftì di Gerusalemme, degli insorgenti iracheni delle guerre passate.
L’Occidente oggi guarda sbalordito le immagini in televisione. Le televisioni nazionali trasmettevano le loro sciocchezze. Tutto il mondo era appeso ai grandi network internazionali, Cnn e non soltanto. Tutto il mondo ieri era stravolto, sconvolto, disperato. Fra gli stranieri del mio mondo ieri si piangeva, si urlava, ci si abbracciava convulsamente. Ma la calma piatta del diniego cala come una nube tossica che mette tutte le coscienze a dormire. Stasera si vedranno ai Tg nuove immagini, di sfuggita. I commenti saranno o banali o timidi. La paura di offendere il carnefice prevarrà sulla schiena diritta. La tremebonda ansia di non dispiacere il persecutore sarà unita allo smodato orgasmo speso per comprenderlo e disarmarsi.
Il terrore purtroppo oggi ha dimostrato di avere metastasi ovunque, con un centro diffusore e diramazioni senza frontiere né geografiche né limiti nella dignità umana.


PAOLO GUZZANTI

giovedì 27 novembre 2008

Il "CESARISMO", LE PREOCCUPAZIONI DI FINI E IL RUBICONE DI OGGI


Bisogna riconoscere a Paolo Bonaiuti, stretto collaboratore del presidente del Consiglio, una certa dose di ironia.È vero infatti che Giulio Cesare, «personaggio non negativo», varcò il Rubicone, ma questo non basta a suggerire il paragone fra quel remoto guado e fatti più recenti. Magari il famoso «discorso del predellino» con cui Berlusconi, a Milano, lanciò da un minuto all'altro il nuovo partito, il Popolo della libertà.Tuttavia l'accostamento piacerà di sicuro al premier. Convinto peraltro di aver attraversato non una, ma due volte il suo Rubicone. La prima volta quando scese in campo nel '94 e la seconda, appunto, un anno fa. Due scelte vittoriose. Ciò nondimeno, il presidente della Camera ha tutto il diritto di riferirsi al «cesarismo» come a una deriva pericolosa di una democrazia che rischia di farsi plebiscitaria. Gianfranco Fini non ha inteso avviare una polemica nei confronti del presidente del Consiglio o dell'esperienza del Pdl. Prima di tutto perché martedì sera stava presentando un libro, la storia dei partiti di Pino Pisicchio. Ed è lì, in quel volume (uno studio scientifico e non un libello polemico), che si indicano i pericoli del «cesarismo», vale a dire di un sistema affidato al carisma del leader e privo di regole istituzionali adeguate. E non ci si riferisce solo a Forza Italia.Altri soggetti politici nati di recente possono sviluppare sintomi «cesaristi». Nonè forse questo il caso dell'Italia dei valori e del suo leader Di Pietro? E persino il Partito democratico cerca l'investitura carismatica del capo – con le primarie – e si presenta come una forza che ha rotto con la tradizione politica della Prima Repubblica. Certo, Berlusconi è una personalità più forte delle altre e questo fa la differenza. Peraltro Forza Italia, testè sciolta, non ha mai conosciuto un'articolazione democratica al suo interno. Cosa che non si può dire del Pd, dove anzi il gioco delle correnti lo vediamo in questi giorni – tende a soffocare un po' alla volta il segretario Veltroni.Ne deriva che il presidente della Camera ha toccato un punto sensibile. Solo un assetto istituzionale davvero stabile, con un Parlamento forte in grado di bilanciare una «premiership» segnata dalla vocazione presidenzialista, può garantire la salute democratica del Paese. In caso contrario, si resta in una strana palude. Dove il Parlamento viene emarginato e un presidenzialismo di fatto, del tutto privo di regole e affidato al carisma del leader, s'impone con il suo bagaglio, appunto, «cesarista».Sarebbe bizzarro se il presidente della Camera non potesse esporre il suo punto di vista su questo argomento: lui che si dichiara «presidenzialista», ma che ha ben compreso come il sistema funzioni in un meccanismo di «pesi e contrappesi». Piuttosto è verosimile che l'uscita di Fini si leghi al processo di formazione del nuovo partito unico del centro-destra. «Processo irreversibile» lo definisce Capezzone. Senz'altro lo sarà. Ma non è ininfluente discutere di quale partito dovrà nascere, con quali regole interne, con quali meccanismi di democrazia. Un partito solo plebiscitario, unito dietro il suo capo, rappresenta l'immagine speculare di un sistema istituzionale senza norme salde ed esposto ai capricci del potere. Fini ha posto un problema specifico che riguarda la sua parte politica, ma anche un tema generale che tocca tutte le forze politiche e soprattutto il buon funzionamento delle istituzioni. Sarebbe interesse generale dargli ascolto. Prima di passare il Rubicone.

stefano folli il sole 24 ore del 27 novembre

APPUNTAMENTO DA NON PERDERE
















mercoledì 26 novembre 2008

NON E' IL NORDEST E NESSUNO SI INDIGNA


Quattro ventenni italiani di buona famiglia hanno cosparso di benzina un clochard e gli hanno dato fuoco. «L’abbiamo fatto così, per divertirci», hanno confessato. Possibile?, vi chiederete. E perché tutto tace? Com’è che dagli schermi tv non spunta il faccione di Veltroni con la sua migliore espressione di circostanza a «condannare» e a «lanciare l’allarme per la deriva razzista»? Per quale strana ragione non rullano i tamburi di Cgil e comitati antifascisti per chiamare alla Grande Manifestazione Nazionale di Protesta? Che cosa impedisce ai siti internet dei giornaloni politicamente corretti di dare fiato alle trombe dell’indignazione? Quale mistero si cela dietro l’assenza pressoché totale di dichiarazioni di parlamentari di sinistra sulla vicenda? E perché il sindaco Alemanno non si è ancora precipitato a chiedere scusa?Il fatto è che il delitto non è avvenuto nella magica Roma inopinatamente caduta nelle manacce degli eredi di Mussolini. Non è stato perpetrato neppure nella cupa Milano della Moratti, quella celebre aguzzina. E stavolta non c’entrano la Verona percorsa quotidianamente da squadre di naziskin (ovviamente tollerate, quando non incoraggiate, dal sindaco leghista Tosi), né la Marca Trevigiana dove, agli ordini dello sceriffo Gentilini, periodicamente le ronde padane si esercitano nel tiro all’immigrato e al barbone.Nossignori, il vile agguato ha per teatro la rossa Emilia-Romagna. Peggio ancora: non la pallida Emilia già contaminata dal morbo che ha portato Parma ad eleggere un sindaco di centrodestra, Vignali, debitamente crocifisso per settimane dopo che alcuni vigili circonfusi di rara idiozia avevano picchiato un ragazzo di colore. No, qui siamo nella sanguigna e ancora incontaminata Romagna, terra di partigiani, di gente gioviale, accogliente e progressista, nella gaia Rimini tutta mare, balere e piadine. Retta, ça va sans dire, da una bella giunta di centrosinistra (Pd, Rifondazione, Comunisti Italiani, Verdi e dipietristi) con a capo il diessino Ravaioli. Quindi, non c’è notizia. Certo, si registra il fatto di cronaca: senzatetto bruciato, arrestati quattro ragazzi. Qualche quotidiano, forse, si spingerà a interpellare uno psicologo sulla «crisi educativa delle famiglie». Ma vedrete, tutto finirà lì.Vuoi mettere il bel carrozzone mediatico che si sarebbe potuto allestire nel Nordest, con i grandi inviati impegnati per giorni a fare le pulci alla «cultura del denaro» di quelle rozze genti, a spiegare l’ignobile gesto con l’altrettanto ignobile sfondo politico che caratterizza la zona, irrimediabilmente sbilanciata verso il centrodestra. Ricordate? Accadde nel maggio scorso, a Verona: cinque giovinastri uccisero a calci e pugni un poveraccio incrociato per strada. Allora, esattamente come oggi a Rimini, i magistrati dissero subito che non c’era matrice politica nel delitto. Ma non servì a nulla: fu il finimondo. Così come a Roma, con il grottesco caso del Pigneto poi risoltosi in un clamoroso autogol. E a Milano, dove la morte di un giovane di colore durante la rissa con i gestori di un bar che, con un complice, aveva derubato diventò l’emblema stesso del razzismo italiano.A Genova, invece, no. Che cosa c’entra Genova? In effetti, come potete sapere, dal momento che nessuno ne ha praticamente parlato? Dunque, Genova: agosto scorso, tre mesi dopo il raid nazifascista di Verona, un mese prima che Milano si risvegliasse razzista. Una quindicina di italiani copre di insulti xenofobi un giovane angolano. Poi lo riempie di botte: sberle, calci, pugni. Il ragazzo fortunatamente sopravvive, ma il caso c’è tutto. Anzi no. Sotto la Lanterna, nella città medaglia d’oro della Resistenza che mai nella sua storia ha subito l’onta di essere amministrata dal centrodestra, non c’è il «clima» giusto: i riflettori restano spenti, gli inviati non si scomodano, i commentatori riposano. Come a Rimini.Troppo banale raccontare la semplice verità. Raccontare che sì, il razzismo esiste o, ancor meglio, esistono i razzisti. Ma a qualunque latitudine e senza aver bisogno di nessun particolare contesto politico per dar sfogo ai loro stupidi istinti. Raccontare che la cattiveria è di questo mondo indipendentemente da chi lo governa. E che, insomma, purtroppo la mamma dei delinquenti è sempre incinta. Così come quella degli ipocritamente corretti.Massimo De Manzoni su Il Giornale di oggi 25/11/2008

martedì 25 novembre 2008

Replica di FI e AN al Sindaco


Dai consiglieri comunali di Quarrata Mario Niccolai (Forza Italia) e Massimo Bianchi (Alleanza nazionale) riceviamo e pubblichiamo una replica al sindaco Sabrina Gori sulla mancanza di servizi in via Castel dei Biagini.«IL SINDACO cerca solo di arrampicarsi sugli specchi e, ancor più grave, di censurare il consigliere Daniele Ferranti il quale, presentando la tanto discussa mozione, sottoscritta anche da noi, ha esercitato in pieno il proprio diritto-dovere di amministratore. Capiamo che certi argomenti diano fastidio al sindaco ma dovrà abituarsi in quanto ogni consigliere comunale ha il diritto di portare all’attenzione della giunta i problemi del territorio e di chiedere alla giunta stessa impegni concreti per la loro soluzione; è quindi giusto che i consiglieri comunali si facciano carico delle istanze territoriali a partire dalle zone dove essi risiedono, avendole a portata di mano. Questo il sindaco lo capisce o vorrebbe che il ruolo dei consiglieri fosse annientato? Se fosse così comunichiamo al primo cittadino che dovrà limitarsi nell’esercitare la censura, come di fatto avviene, nei riguardi dei consiglieri di maggioranza perché noi dell’opposizione non accettiamo di farci mettere il bavaglio alla bocca tenuto anche conto che la somma dei voti delle nostre liste (Fi, An, Udc e CittàPerTe) alle ultime elezioni ha determinato la maggioranza. Apprendiamo con piacere l’ammissione del sindaco circa la mancanza di servizi primari in tante zone del territorio; con tale dichiarazione Sabrina Gori ci dà ragione quando diciamo che l’amministrazione da lei capeggiata non è andata incontro alle reali esigenze dei cittadini investendo male le risorse pubbliche. Concludiamo invitando sindaco e Mazzanti a non trovare adesso un capro espiatorio dei propri fallimenti magari nel governo centrale perché in questi anni si sono alternati governi di centrosinistra e di centrodestra ma il pessimo modo di amministrare Quarrata è rimasto lo stesso. Quindi, le responsabilità di tutto ciò sono da addossare esclusivamente al sindaco e agli assessori incapaci di confrontarsi con i cittadini per fornire loro quelle risposte che da anni, invano, attendono».
"La Nazione", 23 Novembre 2008

Fognature alla Ferruccia!


LA VICENDA delle fognature di Ferruccia, mal eseguite e non ancora in funzione (manca ancora l’allacciamento al depuratore) e già oggetto di una lunga diatriba tra il Comune e la ditta costruttrice, approda alla Corte dei conti grazie a una denuncia-esposto inoltrato alla procura regionale toscana e firmato dai consiglieri comunali di An Maurizio Ciottoli (in carica), Massimo Niccolai (consigliere dal 1994 al 2006), Lorenzo Mannini (dal 1990 al 1998), Dario Niccolai (dal 1994 al 1998) e da Vincenzo Messana, ispettore della polizia municipale in pensione dal 1° gennaio 2007. «Venuti a conoscenza durante il consiglio comunale del 30 settembre 2008 — scrivono i firmatari — della sussistenza di un debito di bilancio di 116mila euro, sentiamo il dovere di segnalarlo alla Corte perché attivi un controllo di merito. Tale debito fuori bilancio ci risulterebbe ascrivibile alla categoria di spreco di danaro pubblico, in quanto conseguenza diretta di un’azione amministrativa mal condotta riguardo a lavori pubblici mai terminati, mal fatti e inutilizzabili». Nella vicenda è coinvolta l’impresa Luigi Gesualdi srl di Gallicchio (Potenza), che ha realizzato le fognature per lo smaltimento delle acque nere in via IV Novembre tra le frazioni di Ferruccia e Vignole. Un lavoro che poi è risultato essere stato fatto anche male, tanto che occorreranno oltre 203mila euro per rendere mettere in funzione la fognatura. Questa la situazione. Il contenzioso ha reso necessario la nomina di un arbitro tra Comune e impresa che decidesse chi aveva torto e chi ragione. «Ebbene — sostiene Ciottoli —, come si legge in un documento del servizio affari generali, tutto ciò comporta per il Comune un’esposizione fuori bilancio di 116mila euro, così suddivisi: circa 70mila per il lodo arbitrale e altri 46mila per gli onorari dei legali. Il risultato è particolarmente negativo perché le carenze del progetto alla base della gara d’appalto hanno imposto adeguamenti organizzativi nell’attività di cantiere che hanno inciso negativamente sulla qualità dei lavori».
di Giancarlo Zampini, da "La Nazione", 23 Novembre 2008

E' FINITA L'ISOLA DEI FAMOSI


OBAMA VUOLE 2.500.000 NUOVI POSTI DI LAVORO, VELTRONI LICENZIA 62 DIPENDENTI


IL PD RICORRE AL LICENZIAMENTO IN TRONCO E SENZA PREAVVISO DI 62 DIPENDENTI DEL PARTITO ( 38 EX DS E 24 EX MARGHERITA)… PEGGIO DEI PADRONI DELLE FERRIERE…QUALCHE DIRIGENTE ESCLAMA: “LA SINISTRA COME LA CECENIA: I CECCHINI SPARANO A VISTA”… ORMAI VICINA LA RESA DEI CONTI
La vicenda, lettera per lettera, precisazione dopo precisazione, è apparsa nero su bianco sulle pagine del quotidiano “il Riformista”, che ha steso senza pudori i panni sporchi della nuova sinistra unita di fronte allo zerbino di casa Walter.Con tanto di prove e documenti, lettere e controdeduzioni, coltellate alle spalle e tagli ingenerosi. Parliamo del taglio di 62 funzionari del Pd, causa di una figuraccia in mondovisione per il Partito democratico.Ma come, accusate la destra di tagliare i posti di lavoro senza alcun rispetto delle situazioni familiari, portate al circo Massimo centinaia di migliaia di iscritti e simpatizzanti per protestare contri i tagli nella scuola e poi ricorrete all’arma volgare del licenziamento in tronco e senza preavviso di ben 62 funzionari che hanno servito con fedeltà e sacrifici il partito?Vi rifate a Obama, ma mentre Barack ha promesso agli americani 2.500.000 nuovi posti di lavoro, Veltroni inizia con il licenziarne 62.A solidarizzare con i licenziandi ( 38 vengono dai Ds e 24 dalla Margherita) sono scesi in campo Bersani e Fassino che se la prendono con il tesoriere del Pd, Mauro Agostini, il quale se ne fa un baffo, anche delle pressioni di D’Alema. Ha le spalle coperte da Veltroni e non gli importa se prima dell’estate lui stesso aveva assicurato la sistemazione dei 62 in altre mansioni. Si è rimangiato tutto e i 62 finiranno in mezzo a una strada. Ormai anche i dipendenti sono divenuti scudi umani nella quotidiana lotta tra le fazioni del Pd.Uno spettacolo indecente, tanto da spingere un ex direttore de l’Unità, Giuseppe Caldarola, a scrivere che “la sinistra è come la Cecenia. Appostati negli angoli o piantati nel bel mezzo del sentiero, i cecchini sparano a vista. Gli organismi dirigenti sono sempre sul punto di essere convocati per processare le idee, le amicizie politiche. I tiratori scelti hanno preso la scena. Dilagano le guardie rossicce”.Questa la nube tossica che si respira in casa Pd, ormai definito il partito degli energumeni, con Veltroni che fa fuori tutta la vecchia classe dirigente e D’Alema che si prepara alla vendetta.Con due Tv ( Youdem per Walter e Red per Massimo) che, insieme, fanno meno spettatori di una modesta Tv locale.Ricorda Calderola: “per questo partito un fedele caposervizio TG1 vale più di un operaio in cassa integrazione”.Per non parlare dell’immondo spettacolo per piazzare i propri uomini nel gruppo dirigente del partito, lottizzato tra le 20 correnti e correntine che creano generosi spifferi d’aria.Chi vuole un congresso prima delle Europee, chi vuole un Pd etnico, come le tavolette di cioccolato dai Paesi terzi, diviso tra nord e centrosud, chi spinge Villari in funzione antiveltroniana, chi spinge Di Pietro e chi frena, chi è laico e chi ultracattolico, chi vuole entrare nel bolso Pse europeo e chi nei liberaldemocratici.Insomma un casino istituzionalizzato che fa buon gioco a un centrodestra involuto e gli permette di vivere di rendita alla luce del motto “il rimedio è peggior del male”.Qualcuno comincia a capire che creare il Pd è stato un errore, era meglio che ognuno stesse a casa propria, anche perché non sempre 2+ 2 fa quattro, ma spesso si ferma a tre.Cose che il PdL proverà più avanti, peggio per chi è partito prima insomma nella corsa al bipartitismo. Nel frattempo Veltroni si esercita, in piccolo, a tagliare teste come Brunetta in “grande”.Ecco la nuova linea della potatura che avanza, mentre il Paese arretra. Tutti contro tutti, ma le tecniche di guerriglia sono quelle di una volta e l’armamento pesante è quello conservato per i tempi migliori.


lunedì 24 novembre 2008

VILLARI E IL MARTELLO DEI PARTITI


Pazzo. Cavallo pazzo. Completamente pazzo. Mummia democristiana. Arlecchino servo di due padroni. Traditore come De Gregorio. L’Onorevole Poltrona. «Per una poltrona Riccardo si venderebbe anche un parente» (questa è della pia Rosy Bindi)...

«Uno stronzo» (Franco Marini). «Un Giuda che si è venduto per trenta denari al corruttore politico Silvio Berlusconi» (Antonio Di Pietro). «Un teatrante napoletano, un uomo falso, astuto, sleale e viscido» (Fabrizio Morri, capogruppo del Pd nella Commissione di Vigilanza). Infine «napoletano» e basta. Ripetuto di continuo come un insulto.Questo e altro è stato detto o scritto sul conto di Riccardo Villari, protagonista della guerra civile nella Vigilanza Rai. Ha ragione lui quando sostiene: «Mi stanno massacrando». Ma era quasi fatale che gli accadesse. Soprattutto per un motivo che ha sottovalutato nell’accettare i voti del centro-destra. E che invece avrebbe dovuto avere ben presente, visti gli anni passati in Parlamento. Durante i quali avrà pur conosciuto a fondo che tipi siano i vicini di banco e poi di partito.Il motivo è che non bisogna mai mettersi contro la sinistra. Specialmente se si appartiene, con tessera o meno, a quel campo. Ne so qualcosa anch’io, grazie ai miei libri revisionisti. Nel Pd è rimasto un vecchio grumo di arroganza violenta, che neppure il piacionismo di Walter Veltroni ha dissolto. Il Complesso dei Migliori spesso si presenta con la divisa del teppismo, pugno di ferro compreso. Non appena sgarri e non stai agli ordini, i Migliori ti pestano, ti espellono, ti sputtanano.Per questo è lecita la domanda del Riformista: «Ma è il Pd o il Pcus?». Mi limiterei a rispondere che è il vecchio Pci. Dal momento che lo stile autoritario-repressivo era la cifra del Partitone Rosso. E ha pervaso gran parte della parrocchia di Veltroni, anche nelle componenti cattoliche ed ex-democristiane.Uso il termine pervaso in senso totale, dal vertice alla base. Non s’illuda, Villari. Anche nell’ultima sezione del Pd d’ora in poi lo accoglieranno a uova marce. Il discredito sta dilagando. Ce lo ha spiegato Concita De Gregorio nel fondino quotidiano sull’Unità, scrivendo di «un’ondata di reazioni» tra i lettori del suo giornale. E si riferiva soltanto al pizzino di Latorre. Facile immaginare che cosa stia accadendo ai danni di Villari.Anche la signora De Gregorio ci ha messo il suo carico da dodici. Con l’aria di invitare i lettori alla calma, ha scritto: «Bisogna smettere immediatamente di immaginare il celebre politico napoletano come lui medesimo si pensa: in piedi sullo sgabello del domatore di leoni con la frusta in mano, vestito da Napoleone con la mano nella giubba, incoronato re su una poltrona di velluto rosso».Ma Concita è una dilettante in golfino bianco rispetto a quel che abbiamo letto su un altro quotidiano, assai più forte del suo. Villari è stato dipinto così: «Un topo che da tutta la vita aspetta il suo pezzo di formaggio», «Fradiciamente democristiano», «Orgoglioso di inscenare, sia pure nel suo piccolo, la commedia dei due forni», «La sua utopia politica è la moglie ubriaca e la botte piena», «Nel mondo dei Villari i cristiani passavano all’Islam in cambio di un lavoro sulle navi pirata», «Nel mondo dei convertiti e dei pentiti, la mediocrissima spregiudicatezza di questo vanitoso allievo di Mastella e di De Mita non scandalizza davvero nessuno».E ancora, sempre sullo stesso giornale forte: «Una degnissima faccia di bronzo», «Si è barricato nel bunker blindato, con una riserva di vongole e babà sufficiente per sei mesi», «Democristiano di quarta fila e piccolo barone della medicina, Villari è stato riciclato prima da Mastella e poi da Rutelli, non tanto in virtù di dubbie doti politiche, quanto per la conclamata cortigianeria».Sono citazioni che traggo da Repubblica, con malinconia. Ho lavorato in quel giornale quattordici anni e non ho memoria di un politico coperto come Villari con tante palate di fango. Neppure Bettino Craxi venne schernito così. Comunque, il leader socialista era un potente del partitismo e disponeva dei mezzi per replicare. E lo fece senza risparmio.Ma Villari non può replicare né difendersi. Ormai è un figlio di nessuno. Anche il centro-destra, che pure lo ha votato, adesso gli chiede di dimettersi. Perché allora un astio tanto rabbioso e indecente? Forse il Golia di Repubblica bastona il Davide della Vigilanza per mostrare la propria superpotenza a un Veltroni alla frutta. Vuole rammentargli che la politica del Pd viene decisa in quel giornale e non altrove. Stia attento, dunque, il povero Walter a non sgarrare. Se ci prova, il linciaggio toccherà a lui.Tuttavia, Villari non è solo. E sta diventando un simbolo positivo per una parte dell’opinione pubblica. Quella che non ne può più di un sistema partitico che accoppia la violenza superba a un’impotenza totale nel servire il Paese. Cinquanta anni fa, all’Università di Torino, Norberto Bobbio ci spiegava che i partiti sono come il martello. Se uno si dà il martello sulle dita, non deve gettarlo via. È sufficiente che impari a usarlo nel modo giusto. Ma come stanno le cose oggi?Oggi i partiti non vogliono saperne di essere usati nel modo acconcio dai cittadini che li votano. Sono un martello diabolico che si muove da solo e picchia dove conviene a lui. Villari si è rifiutato di arrendersi sotto le martellate. Il Bestiario si augura che non ceda, che resista. E provi a fare il suo dovere in quel gran bordello che è diventata la magica Vigilanza.


Giampaolo Pansa \ il riformista

PIOVONO SOFFITTI, GOVERNO LADRO !


Sono tornati a farsi sentire gli sciacalli dal pelo rosso, la protesta contro la Gelmini stava perdendo “verve”, niente di meglio del crollo del soffitto di una scuola per ridargli brio. Una bella tragedia da cavalcare per riattizzare il fuoco della protesta studentesca…Che si vuole di più? Pazienza se si “banchetta” sulla morte di un ragazzo di 17 anni, dagli occhi azzurri e il viso pulito.Chissenefrega se il compagno di banco rischia di rimanere paralizzato, “piovono soffitti, governo ladro” e così l’Unità titola a tutta pagina “Tagli strutturali” come se i provvedimenti della Gelmini e Tremonti di questa estate, possano aver lontanamente causato lo sfascio strutturale delle scuole italiane. Uno strumentalizzazione che oltre ad essere indecente, ancora una volta allontana l’attenzione dal vero problema, dello stato degli edifici scolastici italiani, che non è nato questa estate, ma sono decenni che si trascina.Lo scorso 2 aprile, quando ancora la Gelmini non era ministro, a Milano è crollato il soffitto della elementare Martin Luther King, scolari salvi per un pelo. Il preside aveva avvertito: “Poteva scapparci il morto. Non si può aspettare sempre la strage per intervenire”. Il fatto è che in Italia non si interviene neppure dopo la strage, San Giuliano docet. Di crolli nelle scuole, in effetti, ce ne sono quasi tutti i giorni, e in tutte le scuole d’Italia. Gli edifici scolastici fatiscenti che secondo il rapporto di Legambiente 2008 hanno bisogno di interventi urgenti di manutenzione sono uno su quattro. Il 95 per cento ha più di 40 anni. A Palermo sarebbero in pericolo crollo addirittura la metà degli istituti. Il libro bianco del ministero (settembre 2007 Governo Prodi) parla di “scuole stalle”. Molte, proprio come quella di Rivoli, sono ospitate in edifici “precariamente adattati a uso scolastico”: seminari, conventi, caserme, ex penitenziari. A volte sottoscala di condomini. E poi c’è il rischio amianto : secondo la Cgil (ricerca del 2005) se ne trovano tracce in 6.769 edifici scolastici (il 16 per cento del totale).
Però consoliamoci, il soffitto cade sulla testa dei nostri figli e respirano fibre di amianto, in compenso hanno due bidelli e tre maestri per ogni classe. Ma se il 97% del bilancio dell’istruzione viene impiegato per pagare gli stipendi, dove si possono trovare le risorse per mettere in sicurezza le scuole e/o costruirne di nuove? La verità è che bisogna smettere di difendere lo status attuale della scuola che protegge tutti, tranne gli studenti. Pensata più per offrire stipendi agli adulti che un futuro ai ragazzi. Che si permette il lusso di tre maestri per classe, ma poi li mette con i loro scolari nelle stalle. A guardare il soffitto, sperando che non crolli.Riassunto in parte da il Giornale

domenica 23 novembre 2008

Walter sul viale del tramonto


S’è rotto l’argine; gli equilibri interni sono saltati; l’armistizio siglato tra le correnti - che prevedeva l’interruzione delle ostilità, fino alle Europee - è stato revocato.

Ed ora è guerra. Aperta e condotta a volto scoperto.

A far crollare la diga, che tutto conteneva - asprezze, volontà di rivalsa e bramosia di potere -, la nomina di Villari alla Presidenza della Vigilanza: l’uppercut con cui D’Alema, ha steso al tappeto Walter. Impotente a reagire, impotente a sopravvivere. Selvaggina che sta spirando; e che Max, ridottane a brandelli la carne, assapora. Lentamente. Perché ne vuole prolungare l’agonia, con sadica lucidità.

Quando deciderà di infliggergli il colpo di grazia, questo non è dato sapere. In ogni caso, la danza macabra che accompagnerà il feretro di Walter, oramai ha preso il via. E quando avverrà la tumulazione, c’è da starne certi, lui, Baffino, sarà in prima fila: a godersi lo spettacolo. Pronto a mostrare il pollice verso.

Fino ad allora, scorrerà altro sangue; e proseguirà la guerra tra bande.

Come quella cui si assiste in questi giorni: veltroniani contro dalemiani; e al centro, la storia del “pizzino” con cui Nicola La Torre avrebbe aiutato l’avversario Bocchino, a difendersi dalle accuse del dipietrista Donadi. Ciò che ha provocato lo tsunami, e che ha indotto molti a chiedere le dimissioni di Latorre, dalla carica di vice capogruppo del Pd al Senato.

Stefano Ceccanti, veltroniano:

“Sono incredulo. Mi attendo che Latorre smentisca. Così è un suggeritore della maggioranza”.

Paolo De Castro, dalemiano (Corriere della Sera, 21 novembre, pagina 9):

“Il bigliettino di Latorre? Non vorrei che qualcuno usasse come pretesto un sedicente avvenimento mediatico per sprigionare il proprio livore politico”.

Beppe Fioroni (Corriere della Sera, 21 novembre, pagina otto):

“Chi pensava a un complotto contro Walter ha fatto come i pifferi di montagna: vennero per suonare e furono suonati”.

Goffredo Bettini, veltroniano (Corriere della Sera, 21 novembre, pagina otto):

“Hanno vinto la coerenza e la lealtà di Walter, il risultato è che chiunque abbia voluto colpire il Pd e Veltroni esce deluso da questa storia”.

Giorgio Tonini, veltroniano (Corriere della Sera, 21 novembre, pagina otto):

“Il Pd mi sembra una casa di appuntamenti. Con il caso Villari sono stati sconfitti quelli che volevano mettere in difficoltà in maniera opaca e obliqua la leadership di Veltroni. Chi non è d’accordo con lui esca allo scoperto”.

Gianni Cuperlo, dalemiano:

“Leggo di Fioroni e Bettini che parlano di attentato sventato contro il segretario. Ma che attentato? A opera di chi? È troppo chiedere di militare in un partito dove l’obiettivo non sia fare pulizia di ciò che non garba?”.

Francesco Boccia, dalemiano:

“Stiamo tornando dal mito di Obama a quello di Stalin?”.

Roberto Gualtieri, dalemiano, parla di una:

“Campagna di delegittimazione dal sapore stalinista”.

Ancora il veltroniano Tonini:

“Ma quale stalinismo, questo partito a volte mi sembra una casa di appuntamenti. Una disciplina democratica è necessaria. Mi ha sorpreso che Latorre non abbia smentito nulla: è una pessima figura della politica”.

Il diretto interessato, Nicola La Torre:

“Se si vogliono far fuori D’Alema e i dalemiani lo si faccia a viso aperto senza ricorrere a queste meschinità. Non si può più tollerare che per nascondere eventuali responsabilità politiche ed errori in questa come in altre vicende si ricorra al tema del complotto dalemiano. Questa storia sta diventando grottesca e imbarazzante: ormai è chiaro che si usa questo argomento per distogliere l’attenzione dalle difficoltà reali”.

Pierluigi Bersani, dalemiano:

“Veltroni è il segretario di tutti e non va bene che qualcuno pensi di difenderlo aggredendo altri. Credo sia arrivato il momento di dire basta ai lanci di pietre che sbucano ogni giorno sulla stampa, in interviste, in dichiarazioni o battute. Nel Pd bisogna discutere. Veda il segretario in quale luogo sia utile farlo, e farlo in modo composto e serio, più adatto al momento che viviamo e alle responsabilità che abbiamo”.

Ecco, c’è bisogno di “discutere”. E spetta al “segretario” stabilire “in quale luogo sia utile farlo”. Traduzione: è necessario anticipare il congresso del Pd.

A pensarlo, sono in tanti. Forse tutti.

Enrico Morando:

“Mi sembra tutta una discussione confusa. Per nove decimi sono chiacchiere inutili, per la parte utile sono la dimostrazione dell’esigenza del congresso. Servono posizioni trasparenti che vadano di fronte agli iscritti e agli elettori del Partito democratico per metterli in grado di decidere quali sono al momento le posizioni prevalenti e la linea politica da adottare. Tutto il resto si vedrà quando si andrà finalmente al congresso”.

Goffredo Bettini, poi, esorta Walter a compiere il grande passo in tempi brevi:

“E’ l’unica cosa da fare: anticiparlo e al più presto, a marzo o aprile, perché è inutile illudersi: quelli non si acquieteranno”. Parla dei dalemiani, ovviamente.

Anche Beppe Fioroni invoca il congresso. Ed introduce un altro argomento spinoso:

“Se continuano a rompere le scatole, facciamo il congresso. E se insistono con la storia del Partito socialista europeo, allora è meglio che escano dal Pd e partecipino alla costituente della sinistra con Rifondazione”.

Già, il Partito socialista europeo. C’è chi vorrebbe che il Pd ad esso aderisse, e chi invece è pronto ad uscire dal partito, pur di scongiurare questa ipotesi.

Come Francesco Rutelli:

“Ora abbia il coraggio di portare il Pd su un percorso nuovo (si riferisce a Veltroni, ndr), iniziando dalla sua collocazione internazionale, che certo non può essere legata né all’Internazionale socialista né al Partito socialista europeo”.

“Quando abbiamo sciolto la Margherita se c’era una cosa certa era che non la stavamo sciogliendo per ritrovarci nel Pse”.

Veltroni e il Pd, insomma, godono di ottima salute.
www.camelotdestraideale.it, 22 Novembre 2008

martedì 18 novembre 2008

ZOMBI IN SICILIA


Pensavamo che i morti viventi fossero un'invenzione del cinema horror. Invece esistono davvero. Di recente in Sicilia ne sono stati scoperti ben 51.000, un vero esercito di zombi. Sono morti veri, a tutti gli effetti, però hanno una particolarità; una volta al mese ricompaiono negli uffici Ausl, firmano la presenza e così l'azienda sanitaria paga il corrispettivo spettante ai medici "curanti". Ci sono i morti freschi d'annata, ma ci sono anche quelli stagionati, morti dal 1990. Incredibile, ma vero. Costo dell'operazione "Zombi", circa 14 milioni di euro: "Medici curavano 51.000 morti" E poi ci sono le solite malelingue che continuano a dire che la sanità non funziona. In Sicilia funziona così bene che anche dopo morti continuano ad essere arzilli, vivi e vegeti. Un miracolo.

Se avete intenzione, quindi, di andare in Sicilia per lavoro, vacanza, o per i cavoli vostri, prendete le dovute precauzioni: portatevi appresso lo specifico kit di sopravvivenza anti-zombi...

http://torredibabele.blog.tiscali.it/

BRUNETTA E LA TEORIA DEI FANNULLONI A SINISTRA

UN PD CHE SA TANTO DI PCI: EPURAZIONE IN STILE STALINISTA PER VILLARI ?


Eccolo qui il Partito “Democratico”.
Manca poco, a quanto pare, all’epurazione in perfetto stile stalinista del senatore Riccardo Villari, che porta l’unica colpa di essere stato eletto Presidente della Commissione Vigilanza della RAI, dopo ben 40 votazioni andate a vuoto.
La più rigida partitocrazia sembra vincere sul buon senso, su una soluzione in grado di sbloccare una situazione paralizzata per mesi.Eccolo qui il Partito “Democratico”.
Manca poco, a quanto pare, all’epurazione in perfetto stile stalinista del senatore Riccardo Villari, che porta l’unica colpa di essere stato eletto Presidente della Commissione Vigilanza della RAI, dopo ben 40 votazioni andate a vuoto.
La più rigida partitocrazia sembra vincere sul buon senso, su una soluzione in grado di sbloccare una situazione paralizzata per mesi.

http://www.falcodestro.it/

lunedì 17 novembre 2008

VILLARI, VILLANI E DEMOCRISTIANI...


Fatta eccezione per l’affamato Pannella, costretto ad un nuovo sciopero contro le dimissioni di Villari, tutto il mondo politico dell’opposizione è un coro di: “dimettiti!”. Alcuni, tra cui la Finocchiaro, con la faccia truce e livida per aver mal digerito la nomina frutto del putch del centrodestra, altri affrontano la questione adoperando toni più velati. Il fatto è che schierarsi da una parte o dall’altra, nel frangente, è chiedere troppo. Persino a chi, come il sottoscritto, pur lontano dalle idee che muovono il moderno centrodestra, aveva fatto della simpatia umana verso il premier la principale motivazione delle sue prese di posizione. È difficile schierarsi perché i contendenti, Villari e Orlando, hanno lo stesso olezzo delle cripte nelle chiese, quel misto tra umido e ammuffito che ben si sposa con un certo modo di far politica tanto caro ai governanti del passato, ovvero il clichè democristiano. Già perché, non solo gli esponenti della tenzone sulla vigilanza R.A.I. provengono dalla notte dei tempi di quel partito, ma anche per il modo con cui la vicenda dell’elezione è stata condotta. Il lavorio ai fianchi di Bocchino (AN), degli esponenti della stessa commissione in quota maggioranza, su quelli della opposizione hanno generato, in un moto di distrazione e quasi notte tempo, l’elezione del napoletano presidente che, dopo una vita passata ai margini della politica, senza mai aver ricevuto un incarico degno di nota, si ritrova adesso nella posizione del cane che ha addentato l’osso e al quale, adesso, risulta difficile strapparlo di bocca. Certo c’è il pregio di aver sanato il vulnus della mancanza della guida della commissione che durava ormai da mesi, ma non basta per poter, nel frangente, esprimere note commendevoli ai protagonisti. Protagonisti che sono anche i membri del PD e dell’IDV. I primi vogliono le dimissioni di Villari o altrimenti provvederanno alla sua espulsione dal partito. Dai comportamenti neo democristiani, essi, ricordano di avere un passato comunista e si comportano alla stessa stregua di quel tale Togliatti che non esitava ad epurare i colleghi che non erano capaci di allinearsi al volere del “grande” partito. Essi però con la stessa tenacia con cui vogliono la testa di Villari si ostinano a difendere la logica democristiana dello scambio di poltrone a suggello di accordi, quelli presi mesi or sono tra Veltroni e Di Pietro. Del resto l’alleanza, sin qui fin troppo messa a dura prova, tra i due partiti, è frutto proprio di questa intesa sulle poltrone da spartire. Al democristiano siculo Leoluca Orlando deve andare quella poltrona. Da qui tutte le accuse di scorrettezza istituzionale rivolte alla maggioranza. Eppure quella stessa maggioranza seppe cambiare nome da Pecorella a Frigo, in una analoga vicenda, quello che Veltroni non sa fare. Si impunta, accusa, si sdegna, epura, accontenta, ma non propone una alternativa che sia una, eppure di nomi di garanzia reale il Pd ne avrebbe da spendere. Io ho tracciato il quadro, adesso tocca a voi decidere chi sia il villano e chi il democristiano.

http://giusva1.iobloggo.com/

domenica 16 novembre 2008

BRUNETTA ISPEZIONA UN FANNULLONE

MISTIFICAZIONI


A parte l’erroraccio di battitura (“mainoranza”), vorrei far notare che Brunetta, come si evince dal contenuto dell’articolo - e diversamente da quanto riporta il titolo dello stesso -, non ha mai detto che i “fannulloni sono di sinistra”.

Tanto più che ha dichiarato:

“Io sono di sinistra sono socialista”.

Dunque se fosse vero ciò che è riportato nel titolo, avrebbe accusato anche se stesso di essere un fannullone. Ma così non è. Infatti ha affermato:

“Il Paese è con me, ma un pezzo del Paese no e me ne sono fatto una ragione. E’ il Paese delle rendite, dei poteri forti e quello dei fannulloni, che spesso stanno a sinistra”.

Ha detto che “spesso stanno a sinistra“, non che sono fannulloni perché di sinistra, o che le persone di sinistra siano fannullone.

Il suo discorso, che Repubblica con quella stupida titolazione ha provato a banalizzare (non potendo fare di meglio, evidentemente), è il seguente: “I poteri forti e il blocco della conservazione sociale, coloro che, insomma, vogliono che il Paese non cambi, e che rimanga intatto lo status quo, sono schierati a sinistra”.

Il che è verissimo. Le contestazioni alla riforma della scuola, ad esempio, lo dimostrano a tutti.

Se avessimo, invece, una sinistra autenticamente riformista - una sinistra capace di affrontare i problemi strutturali della Nazione e, soprattutto, di avanzare proposte, e non soltanto di insultare l’avversario politico e di delegittimarne l’operato, facendo peraltro ricorso ad uno strumento assai logoro, qual è la menzogna -, la modernizzazione del Paese sarebbe anche un suo cavallo di battaglia (e non solo quello della destra), e la Nazione ne ricaverebbe enormi benefici.

Così, purtroppo, non è.

A parte qualche voce isolata, infatti, pare proprio che tra il Partito democratico e la Cgil, non esista differenza alcuna.

Peccato: avremmo bisogno di una sinistra progressista, e non di una sinistra regressista.

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DONNA IN CROCE. E' IMMORALE ?


E' immorale? c'è chi vuole vietare la pubblicazione di questa campagna, pensata per fare scandalo e richiamare l'attenzione, perchè offende la sensibilità dei cattolici. E' vero, forse, la offende. Va vietata? non ne siamo convinti. Va criticata e anche duramente. Non tanto perchè offende, ma perchè per richiamare l'attenzione su un problema, anche importante e condivisibile, non è necessario offendere le sensibilità altrui. In ogni caso, il dibattito civile che ha suscitato dimostra che non è necessario scendere in piazza e bruciare bandiere (o uccidere qualcuno)...

LA RISPOSTA DI BRUNETTA A L'ESPRESSO


«Apprendo, da anticipazioni di stampa, che il settimanale L'Espresso mi dedica la copertina e un'inchiesta. Questa attenzione non può che farmi piacere, il contenuto ancora di più. L'inchiesta de "L'Espresso" fruga nella mia vita. Fruga nel mio patrimonio. Fruga nella mia carriera universitaria. Fruga nella mia attività politica e di consulente. Fa tutto questo da par suo, con malizia ed esagerazione. Alla fine, però, restituendo il ritratto di una persona per bene. Le case me le sono pagate accendendo mutui, che L'Espresso si è preoccupato di controllare e confermare. Bravi. Aggiungo un particolare, che all'ottima redazione è sfuggito: per gli investimenti immobiliari ho anche usato i soldi del loro Gruppo, l'Editoriale L'Espresso, che mi sono stati consegnati non proprio spontaneamente, ma a seguito di una diffamazione riconosciuta come tale dalla giustizia italiana.

La carriera universitaria raccontata è quella di un figlio di venditore ambulante, che è diventato professore incaricato a 27 anni, professore associato a 33 anni e professore straordinario a 49. Debutto giovanile, ma carriera non certamente fulminante (il posto di professore associato l'ho avuto da una commissione presieduta da Paolo Sylos Labini, un grande maestro).

Durante il concorso nazionale per diventare professore ordinario ho scontato il non essere parte del mondo dei baroni, il non avere protezioni, altro titolo di merito. Teramo, invece, non è stata una scelta, ma il rispetto della legge. Per il Nobel l'indicazione originale e di Ricki Levi, che, negli anni '80, pubblica sul Corriere della Sera un articolo candidando, per i futuri Nobel, me assieme a Alberto Alesina, Francesco Gavazzi, Nicola Rossi e Riccardo Faini. Pertanto, si rivolgano a lui, e gli portino i miei ancora validi ringraziamenti. La consulenza non l'ho avuta a 25 anni, ma a 33 (ero già professore associato, a Padova) e detta attività si è svolta per cinque anni al Ministero del Lavoro, a titolo gratuito. Proprio questa mia consulenza mi ha procurato l'interessamento delle Brigate Rosse. Vivo ancora sotto scorta, al punto che mi dispiace solo una cosa: che si siano pubblicati indirizzi, foto e mappe delle case dove risiedo, in questo modo rendendo un servizio non certo al postino, ed aumentando il peso del lavoro dei ragazzi cui è affidata la mia sicurezza. Per quanto si possa essere spiritosi, non riesco a riderne.


Al CNEL sono stato nominato dal Presidente della Repubblica e in quella sede ho presieduto la commissione più importante: quella per l'informazione. Al Parlamento europeo, poi, sono stato relatore di una direttiva su accesso e interconnessione, direttiva fondamentale (e non "di indirizzo" del pacchetto normativo sulle telecomunicazioni, e di un regolamento direttamente applicabile negli ordinamenti interni degli stati membri in materia di energia, oltre ad aver lavorato su altri dossier, come relatore ombra o per parere, ed aver interrogato le istituzioni comunitarie. Per quanto riguarda i voli low cost per raggiungere la sede di Strasburgo, ero in compagnia di tutta la delegazione di parlamentari europei italiani, con noi l'attuale Presidente della Repubblica. E' bene ricordare che il sistema elettorale per il Parlamento europeo prevede l'uso delle preferenze. Gli elettori, unici a dover valutare il lavoro degli eletti, sono stati ripetutamente generosi con me, il che non credo si debba al valore di una rete clientelare che non ho, che non avrei saputo e non saprei come alimentare. Ove gli ottimi giornalisti vogliano cimentarsi su questo tema, così come su tutto il resto, contino pure sulla mia collaborazione. Inoltre, faccio osservare che i dati sulle presenze sono tratti dal mio sito, cioè resi pubblici da me. Attendo un'inchiesta su quanti si sottopongono alla medesima disciplina della trasparenza. Sul mio sito (www.renatobrunetta.it) è già presente abbondante documentazione sull'attività, professionale e politica, svolta. Da domani sarà possibile consultare ogni cosa, relativa all'inchiesta dell'Espresso, compreso, naturalmente, il testo della sentenza che mi riconosce diffamato. Sono sicuro che il direttore del settimanale, così come quello del quotidiano La Repubblica, vorranno offrire un link ai loro lettori, e, magari, anche emularmi nel mettere in rete i loro meriti e le loro gesta. Senza reticenze.

Riassumendo: le case me le sono comprate con i mutui, e con i soldi dell'Espresso. La cattedra universitaria me la sono sudata. L'attività politica e di consulente sono frutto di una lunga gavetta. Nell'insieme, quindi, ringrazio L'Espresso per l'attenzione dedicatami e per i risultati cui ha portato. Prima di tutto, però, li ringrazio perché trattando quei temi hanno dimostrato che altrimenti non si potrebbe attaccare il lavoro che sto conducendo, e che sono pronto ad illustrare, nel dettaglio, ai lettori del settimanale. La carta giocata, se capisco bene, suona più o meno così: le cose che dice Brunetta sono giuste, ma lui non è coerente ed il più pulito ha la rogna. Salvo che, leggendo, si scopre tanto la coerenza umana, culturale e politica, quanto la buona salute della mia epidermide. Grazie».
(13 novembre 2008)

Mah...


Siamo d'accordo che Novembre è forse il mese più brutto dell'anno. Ma questo non deve essere una scusa per mantenere inalterato lo "status quo" italiano e anzi, se è possibile, peggiorarlo. Mi riferisco alla marea di cazzate che in questi giorni sento da politici, sindacati ecc... Vediamo un po', senza ordine di importanza.....



Finita la prima "ondata" di provvedimenti del Governo Berlusconi ora i sondaggi dicono che la fiducia in Berlusconi e nell'esecutivo è in calo, intorno al 50%. Naturalmente Repubblica & Co. colgono la palla al balzo e titolano di "Crisi" e "Luna di Miele finita". Peccato che non ricordino (al lettore, loro lo sanno bene) che il 50% è un dato altissimo di gradimento, neanche lontanamente comparabile con quello di Romano Prodi. E peccato che non parlino anche di Veltroni, che fa compagnia al Cavaliere nel calo di consensi, con la differenza che per lui questo avviene di continuo dalle elezioni politiche (AffariItaliani giura che se alle europee il PD scendesse sotto il dato delle Politiche alla segreteria arriverebbe il duo Letta-Bersani).



Quei simpaticoni di Alitalia, non contenti di avere condizioni contrattuali assolutamente sconosciute ai loro colleghi europei, hanno deciso per lo sciopero bianco. Non tutti, la maggioranza di loro ha firmato l'accordo con Cai, ma i soliti "oppositori" hanno deciso di mettere in ginocchio una compagnia. Aereoporti bloccati e disagi che, come al solito, colpiscono i lavoratori onesti, che non si possono permettere giorni e giorni di scioperi ma che devono arrivare in orario alle riunioni di lavoro.



L'economia italiana è in recessione tecnica. Questo ce lo aspettavamo da mesi, ma visto che l'annuncio arriva solo ora, diranno che è colpa di Berlusconi e del suo scelerato Ministro dell'Economia (quello, per intenderci, che per la prima volta ha preparato una manovra triennale).



Vanno in piazza, ancora. Per protestare contro una cosa che ancora non esiste. Il Decreto Gelmini sulla Università. La vituperata 133 non è altro che una circolare che porta la firma di Tremonti. Che potrà e dovrà essere modificata, nelle parti riguardanti specificatamente l'Università, dal Ministro competente. Ma pazienza. Loro protestano. Poco conta se le linee guida di questo nuovo Decreto hanno già riscosso buone impressioni. Loro protestano. Beh, almeno senza fare danni.



Come è successo a Genova nel G8. Ora che la Magistratura rossa ha assolto i vertici della Polizia si grida al complotto. Ma come? Sinistra contro la Magistratura rossa? Roba da non credere.



Quelli del PDL hanno tirato fuori le palle e hanno fatto quello per cui sono pagati: la maggioranza. Hanno eletto (con due voti dell'opposizione, è giusto ricordarlo) il nuovo Presidente di Vigilanza RAI, un uomo del PD e non quel Leoluca Orlando candidato unitario (?) dell'opposizione. Veltroni e Di Pietro (sempre più diversi, sempre più vicini) gridano al colpo di Stato. Solo perchè non è stata rispettata una legge che, si badi bene, non esiste. Non sta scritto da nessuna parte che quel ruolo debba essere ricoperto da un esponente di opposizione. E poi non mi pare che l'eletto stia a destra. In ogni caso dovrebbero riguardare cosa è accaduto durante il Governo Prodi proprio in RAI prima di parlare. Altro che colpo di Stato.


Che volete... novembre è un brutto mese... speriamo che finisca presto.

venerdì 14 novembre 2008

ELUANA "DEVE" MORIRE


''E' la conferma che viviamo in uno stato di diritto''. Cosi' Beppino Englaro, il padre di Eluana, ha commentato la decisione della Cassazione; già, il diritto di uccidere la figlia facendola morire di fame e di sete! L'eutanasia è entrata di "diritto" nel nostro Paese

L'AUTUNNO DELLA MORTADELLA


Ma chi glielo ha fatto fare? Perché i suoi amici non gliel’hanno impedito? E la signora Flavia, come mai non gli ha detto nulla, che le brave mogli dovrebbero servire proprio a evitare ai mariti certe figuracce senili e rancorose? I fratelli, che ne ha un’intera squadra di calcio, perché non gli hanno spiegato, in tono gentile e con caute perifrasi, che così diventa ridicolo? Insomma, Romano Prodi domenica sera torna a mostrare il suo faccione in televisione (Raitre, “Report”, ore 21.30: i masochisti prendano appunti) e la sua rentrée ha già il sapore di una tragedia umanitaria.

È un classico caso da manuale di psichiatria geriatrica. Lui è andato in pensione, il lavoro e il potere gli mancano, nessuno lo cerca più, i colleghi di un tempo lo hanno dimenticato, i leccaculo che lo circondavano si dedicano ad altre terga. Sic transit gloria mundi. Poi vede che quello che ha preso il suo posto a palazzo Chigi, il nemico di sempre, tira dritto come un treno e macina consensi. E il livore cresce, e si mischia alla frustrazione. Per carità, è molto umano che uno che ha perso così tanto in così poco tempo serbi rancore, e si consoli imbellettando i suoi ricordi. Ma lo status di ex presidente del consiglio e il ruolo che ha avuto per il centrosinistra italiano gli imporrebbero più contegno di quello richiesto a un comune mortale. Rosichi da impazzire? Pazienza, tienitelo per te. Se proprio vuoi parlare a tutti, fallo per atteggiarti a padre nobile del pensiero progressista. Gli argomenti non mancano: ci sono le grandi riforme istituzionali. Il federalismo fiscale. Barack Obama. Il Medio Oriente. Le energie del futuro. Ma l’immondizia, sant’iddio, quella no.

E invece, pover’uomo, ecco cosa si è ridotto a dire nell’intervista registrata da Report: «Berlusconi dice che in 58 giorni ha sgombrato Napoli? Non lo avrebbe mai potuto fare se non fosse stata pulita quasi per la totalità. Si può dire che noi l’abbiamo pulita, lui l’ha lucidata». Capito? Il merito è tutto suo, di Prodi. E chissà come se lo spiega, il fatto che non se ne sia accorto nessuno. Ma proprio nessuno-nessuno. Non i giornali americani, tipo Newsweek, che hanno dato il merito a Silvio Berlusconi. Non i napoletani, che alle elezioni hanno preso a cozze in faccia i candidati del centrosinistra. E men che meno quelli del suo ex partito, il Pd, che hanno fatto una televisione, la veltroniana Youdem, apposta per convincere gli italiani (i cinque o sei che la guardano, quantomeno) che Napoli è rimasta una pattumiera, insomma non è mai stata liberata dai rifiuti da Berlusconi, figuriamoci da Prodi. Altro che «pulita e lucidata». Ecco, se solo si mettessero d’accordo prima, sulla versione da dare, forse risulterebbero un po’ più credibili tutti quanti.

E l’esercito in Campania? Anche qui, manco a dirlo, è lui che dobbiamo ringraziare. «Lo abbiamo mandato noi, ha lavorato sotto il mio governo, ha lavorato bene», giura Romano. Vagli a spiegare che Guido Bertolaso, capo della Protezione civile, ha appena raccontato tutta un’altra storia: «Durante il governo Prodi mi rivolsi al capo di Stato maggiore della Difesa, l’allora ammiraglio Giampaolo Di Paola, mio amico e personaggio di grandissima levatura. Proprio nel momento più difficile del mio lavoro, gli chiesi se potevo avvalermi dell’esercito per rimuovere la spazzatura e predisporre il sito di Valle della Masseria, dando un colpo d’ala importante al lavoro che stavo facendo. Giampaolo mi rispose: “Guido, i soldati non possono fare gli spazzini”».

Persino Antonio Bassolino, uomo di sinistra e governatore della Campania, ha detto che ai tempi di Prodi i soldati se li sognava: «Allora certi strumenti, penso all’utilizzo dell’esercito, non potevano essere messi in campo. Quella di Prodi era una maggioranza troppo eterogenea, contraddittoria. Le soluzioni le avevamo prospettate anche allora, solo che non potevamo esercitare i nostri poteri per i continui veti che alcuni rappresentanti dell’allora coalizione ci imponevano». Insomma, magari Prodi, nel suo piccolo, voleva pure. Ma non poteva, perché i suoi alleati non glielo permettevano. C’è voluto il decreto varato a maggio dal governo Berlusconi, che ha trasformato le discariche e i termovalorizzatori in «zone militari di interesse strategico nazionale», per rendere visibile ed efficace la presenza dei ragazzi in divisa.

Ma tutto questo Prodi non lo sa. O finge di non saperlo. Forse, chissà, finge pure con se stesso. Viene quasi da commuoversi, a vederlo ridotto così. Quasi.

Fausto Carioti/libero

giovedì 13 novembre 2008

BEATA IRONIA


Torna a calare il prezzo della benzina: festeggiano automobilisti, ultras e militanti di Forza Nuova e dei centri sociali.

Un pugno di piloti e hostess tiene in ostaggio l’Alitalia. Per rilasciarla chiedono un milione di euro e un aereo per fuggire. Se possibile, da un’altra compagnia.

Michele Santoro infuriato con il suo imitatore radiofonico: non sopporta che faccia domande più intelligenti delle sue.

Botte al Santo Sepolcro tra ortodossi e armeni. È stato difficile sedare la rissa perché i contendenti continuavano a porgere l'altra guancia. L’incontro è stato vinto ai punti dagli armeni, che ora incontreranno in semifinale i monaci tibetani.

Carla Bruni è felice di essere francese: c'è da capirla, l'Air France domani mattina è probabile che esista ancora.

(su Obama)
Il nuovo presidente ha 47 anni. Hanno fatto notare a Berlusconi che Obama potrebbe essere suo figlio e lui ha risposto "Può darsi, nel '60 sono passato da quelle parti".

Il PD italiano festeggia. Sembrano quei tizi che si vedono nei telegiornali, che stappano lo spumante dopo che è uscito il sei al superenalotto: cantano e ballano, ma non hanno vinto un cazzo.

http://piccolobaccelliere.blogspot.com/

mercoledì 12 novembre 2008

LETTERA APERTA A BEPPINO ENGLARO


Carissimo Beppino, ti scrivo pubblicamente a nome di tutta la famiglia Crisafulli. Teniamo a precisarti che non apparteniamo a nessuna associazione (sappiamo che per aiutare fanno poco e niente), non facciamo parte di nessun schieramento politico, e per quanto riguarda la Chiesa, il Vaticano e tutto cio' che gira attorno al mondo cattolico, che parlano tanto, ma non sanno niente delle nostre sofferenze, e per giunta non fanno niente. E' che la nostra pregressa fiducia nella Chiesa in questi anni è volata via, pertanto ti comunichiamo che non siamo influenzati da nessuno, siamo io, noi e solo la nostra famiglia a scriverti.

In extremis ti chiediamo di concedere la grazia ad Eluana: la tua lotta e la tua dolorosa e lunghissima battaglia giudiziaria l'hai già vinta.

Con la presente lettera, ti chiediamo anche un cordiale incontro, nelle modalità e nei tempi, che ritieni opportuni. Sappi che non cambia nulla nella sofferenza e nelle condizioni di Eluana e Salvatore, anzi se consideriamo (e presumiamo) che Eluana non sente nulla, mentre Salvatore è cosciente, potrai sicuramente capire che lui soffra molto più di lei.


Beppino, volevamo anche dirti che (forse) esiste uno spiraglio di luce, nessuno ne parla perche non conviene, esiste una terapia particolare che potrebbe far migliorare la condizione di vita di tua figlia. Salvatore dovrebbe farla.

Ti chiediamo di provare a sottoporre anche Eluana a questa nuova terapia scientifica Americana, (terapia non concessa e non riconosciuta da questo "sordo" stato italiano).

Come ben sai io e tutta la mia famiglia siamo entrati in un tunnel senza apparente uscita. Conosciamo centinaia e centinaia di casi, per essere più precisi quasi un migliaio di motori immobili, (la maggior parte vivono in casa propria), posso confermarti che ci sono persone come Eluana, ed anche molto peggio, (con respiratore Peg e similari), che scientificamente sono stati, e continuano ad essere giudicati dei Vegetali, in pratica delle foglie d'insalata.


La verità invece è, che queste persone capiscono e recepiscono tutto quello che accade loro intorno, ma non riescono in alcun modo a comunicarlo e dimostrarlo, alcuni invece si fanno capire solo con gli occhi.


Partendo proprio da Salvatore, siamo entrati in un argomento che prima non conoscevamo assolutamente. Solo la mia e la nostra forza, il nostro amore, ci ha dato la voglia di informarci e studiare il coma e lo Stato Vegetativo. Abbiamo girato l’italia, e anche paesi d'Europa, per dare un vero aiuto a mio fratello, e alla fine siamo stati premiati dal terribile racconto del nostro amato, e adorato Salvatore.

Salvatore nel suo silenzio sentiva e capiva, ma quello che troviamo significativo è che lui sentiva ed avvertiva anche di avere fame e sete, nonostante si trovasse intubato.


Beppino sappi che la vita è sacra. Ritengo che questo nostro dialogo, debba poter far riflettere e che arrivi anche nelle orecchie dei magistrati della corte di Roma.

Noi abbiamo fatto di tutto, anche l'impossibile per Salvatore, ci conosci, è conosci ampiamente la nostra storia, come ben sai, Salvatore fu ampiamente giudicato dai grandi della medicina, un vegetale, in pratica una pianta d'annaffiare.

Non c'è stato nessun errore medico, (come cercano di farci capire), nessuna diagnosi errata, sono state tante le diagnosi, sulla sua pelle, e sul suo corpo immobile, tutti paroloni. Oggi seppur nella sua gravissima disabilità che lo accompagna in questa lunga ed atroce sofferenza, lui è ritornato in qualche modo alla vita, lui vive per noi, e noi per lui.

Sappiamo di certo che la pensiamo in modo diverso. Ho avuto la fortuna di conoscerti personalmente, sia in vari programmi televisivi, che presso la tua abitazione, dove in quell'occasione sei stato un uomo veramente straordinario, non posso dimenticarmi le passeggiate, la bellezza del lago e del centro storico di Lecco, non posso neanche dimenticare le parole di affetto che hai rivolto a mia madre, poi il nostro allontanamento con idee diverse.

Entrambi abbiamo dovuto lottare, io per il diritto alla cura ed all'assistenza, tu per il diritto e la libertà di morire. Senza offenderti, sappi che non può il diritto a morire diventare la nuova frontiera dei diritti umani.

Infine ti comunico alcuni dati, che forse ti potranno essere utili, il quasi migliaio di motori immobili che vivono in stato vegetativo prolungato (c'è ne sono tanti anche da oltre 20 anni) e le loro rispettive famiglie, che vivono ed accudiscono i propri cari in casa propria, il 99,9% si dichiarano completamente contrari all'eutanasia, fatta eccezione di un solo caso che indica come soluzione definitiva la morte, dopo la sua. Precisiamo che la disabile vive da oltre 27 anni in SVP, con il padre oggi 82 anni, e la paura di lasciarla da sola, gli da' sconforto ed angoscia.

Le richieste di morire sono del tutto rare, noi personalmente sappiamo cosa significa essere stanchi disperati e dipendere da un assistenza fiacca e burocratica, e alla fine prevale il desiderio di farla finita.


Mi auguro di sensibilizzarti ed accogliere questo nostro grido di sofferenza, ed umana partecipazione al tuo dolore.
Accogli le nostre richieste, ed incontriamoci.


Fiduciosi al nostro ascolto ed incontro.


Catania 11 Novembre 2008


Pietro Crisafulli e famiglia