martedì 29 maggio 2012

SALLUSTI E CICCHITTO LITIGANO SUL “FATTO”

ALL’EDITORIALE DEL DIRETTORE DE “IL GIORNALE” REPLICA MEZZO PDL: “UNA TESI CHE FA RIDERE I POLLI”

Nel partito berlusconiano dell’amore è il momento della vendetta travestita da surrealtà, se non sublime metafisica della Casta.
Ieri il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti ha fatto a pezzi Fabrizio Cicchitto, già socialista e piduista, colpevole di andare a braccetto con Marco Travaglio e il “Fatto”.
In realtà, a Sallusti sono saltati i nervi la settimana scorsa quando ha letto uno sfogo telefonico rubato a Cicchitto sull’agonia del Pdl: “Non ci faremo sciogliere da Sallusti e dalla sua Ninfa Egeria” alias Daniela Santanchè, pasionaria del movimentismo di centrodestra.
Così il direttore del “Giornale” ha deciso di rispondere con un editoriale sulle “trappole della sinistra”.
Forse gli sarà andato stretto il paragone con Numa Pompilio, il re di Roma cui la Ninfa Egeria dettava le riforme.
Vuoi vedere che la nuova Ninfa detta gli articoli a Pompilio Sallusti? Del resto i due formano un’affiatata coppia che con affetto Vittorio Feltri appellò come i nuovi Rosa e Olindo.
L’attacco di Sallusti a Cicchitto prende le mosse dal “complesso di inferiorità culturale” del centrodestra nei confronti dei quotidiani di sinistra, “per cui se non esisti su quei giornali non esisti in assoluto”.
Ed ecco il colpo di genio pescato dal repertorio della cieca e furiosa vendetta: “Quel genio di Cicchitto va a braccetto con quelli de Il Fatto, che nella migliore delle ipotesi lo considerano un piduista e che alla prima occasione gli faranno un servizietto barba e capelli”.
Poi il capo d’accusa: “I nostri eroi (tra cui Cicchitto, ndr) tremano per i deliri di Scalfari, si bevono per vere le analisi dei tromboni sul Corriere, ma quotidianamente insultano i pochi giornali con loro (fin troppo) comprensivi per i i quali vanno a piangere tutti i giorni da papà perché licenzi questo direttore o faccia cacciare quel giornalista”.
Finale: Noi “raccontiamo la verità, checché ne pensino Cicchitto e il suo amico Travaglio”.
La risposta del capogruppo del Pdl alla Camera è stata all’insegna della fantasia al potere, un classico del lessico di Cicchitto: “Caro Sallusti, la fantasia è una dote dei romanzieri, non dei giornalisti, che comunque, anche nella polemica, dovrebbero fare i conti con la realtà. Infatti solo uno sforzo sbrigliato di fantasia può portare a dire che vado ‘a braccetto’ con quelli del Fatto e che Travaglio è un mio ‘amico’”.
Cicchitto fa chiarezza sulla fantasia di Sallusti e arriva al nodo della questione, compresa la minaccia di fargli barba e capelli da parte nostra: “Già da tempo tutto ciò è in atto nei miei confronti da parte di quel quotidiano che recentemente è arrivato anche a riportare in modo forzato e parziale brani di una mia telefonata privata. La cosa ovviamente non mi sorprende. Quello che è sorprendente è invece ciò che su questo terreno sostiene il Giornale che, avendo deciso di attaccarmi, casomai potrebbe scegliere altri argomenti: ad esempio che sono da rottamare come tutti i professionisti della vecchia politica, che mi permetto di mantenere una autonomia di giudizio nei confronti di tutti, anche nei confronti dello stesso Giornale; ma affermare che vado d’accordo con quelli del Fatto fa solo ridere i polli”.
Siamo d’accordo. Polli ma anche galli e galline.
In difesa di Cicchitto sono accorsi vari esponenti del Pdl che si sono detti sgomenti o sbigottiti o sorpresi della vendetta di Pompilio Sallusti.
Da Giro a Osvaldo Napoli passando per l’ex ministro Raffaele Fitto.
Tutti contro Sallusti.
A conferma che nel Pdl è in corso una guerra tra quelli che vorrebbero ancora Berlusconi sul ponte di comando (da king-maker ma anche da candidato premier) e chi invece pensa che lo scalpo del Cavaliere sia la garanzia migliore per attirare i famigerati moderati insieme con Casini e Montezemolo.
Tra i primi ci sono Sallusti e la Santanché.
Per i secondi vale il caso di Cicchitto, che un mese fa a Orvieto parlò di carisma appannato del Capo.
A proposito, nella telefonata rubata al capogruppo, le liste civiche nazionali che la Santanché vorrebbe fare sono definite come “le liste della Repubblica di Salò e delle mignotte”.
Testuale.
Lo garantiamo a Sallusti.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

http://www.destradipopolo.net/

sabato 26 maggio 2012

I ladri galantuomini



Va di moda la giustizia fai da te. Non c’è più bisogno di “attendere con fiducia le sentenze”, per poi gabellare le prescrizioni per assoluzioni. Ora le assoluzioni le distribuiscono direttamente i giornalisti e i politici. Prendete Piero Sansonetti: da un po’ di tempo fa la parte di “quello di sinistra che ce l’ha coi giudici”, molto più richiesto nei salotti televisivi di “quello di destra che ce l’ha coi giudici”. Un po’ come il pizzaiolo che fa la pizza alle fragole. Il sottotesto dice: “Io sono di sinistra, dunque non ce l’ho coi giudici perché me l’ha chiesto Berlusconi, ma perché ho ragione”.
L’altra sera, a Servizio Pubblico su mafia e politica, il popolare Samsonite annuncia che il processo a Ottaviano Del Turco, arrestato quand’era governatore d’Abruzzo, è finito nel nulla: e ora chi risarcirà quel sant’uomo e una Regione decapitata dai giudici? Faccio sommessamente notare che Del Turco e i suoi coimputati, arrestati da un gip su richiesta di tre pm, decisione confermata da vari giudici del Riesame e della Cassazione, e rinviati a giudizio da un gup, sono tuttora sotto processo al Tribunale di Pescara e nessuna sentenza, a parte quella di Sansonetti e di altri difensori d’ufficio a mezzo stampa e tv, è stata ancora emessa. Allora Samsonite ribatte che il processo è durato troppo: dev’essere per questo che lui ha deciso di anticipare l’assoluzione.
Nelle stesse ore la Camera votava la legge-truffa sui soldi pubblici ai partiti, pomposamente presentata dalla stampa di regime come “la riforma che dimezza i rimborsi elettorali”: in realtà, a conti fatti, i partiti maggiori si tagliano un misero 30%; espropriano del potere di controllo l’unico organismo deputato a esercitarlo: la Corte dei Conti; regalano sgravi fiscali favolosi ai finanziatori privati (legalizzando le tangenti preventive, come osserva Curzio Maltese); e negano i rimborsi elettorali ai movimenti e alle liste civiche come 5 Stelle (che peraltro non li vuole) con la scusa che non hanno uno statuto (e pazienza se gli statuti dei partiti sono incostituzionali perché li equiparano ad associazioni private).
La sublime porcata poteva contenere un paio di norme di minima decenza: la proposta Idv di revocare i rimborsi ai partiti che candidano condannati; e quella del pd Fontanelli per obbligare i tesorieri a dichiarare non solo la propria posizione patrimoniale, ma anche quella dei congiunti di primo e secondo grado. Emendamenti puntualmente respinti. Contro quello pidino s’è scatenato Ugo Sposetti, tesoriere dei Ds (che non esistono più ma hanno ancora incredibilmente un tesoriere, dunque un tesoro): l’ha definito “un tentativo di criminalizzare la figura del tesoriere” (come se non bastassero i Lusi, i Naro e i Belsito). Poi, con aria ispirata e posa ciceroniana, s’è lanciato in una commossa difesa di tutti i tesorieri presenti, futuri, ma soprattutto passati: “Voto contro in memoria di galantuomini come Severino Citaristi, Renato Pollini e Marcello Stefanini, sempre assolti dopo lunghe sofferenze”.
Per la cronaca, il galantuomo Citaristi, tesoriere Dc, ricevette 74 avvisi di garanzia e fu condannato definitivamente a un totale di 16 anni di carcere e 8 miliardi di lire di multe per corruzione e finanziamento illecito, oltre a risultare beneficiario di un conto svizzero intestato a un parente e gestito dal faccendiere Pacini Battaglia. Quanto ai galantuomini Pollini e Stefanini, ultimi tesorieri del Pci, uscirono dalle inchieste in parte per assoluzione, in parte per prescrizione, in parte per amnistia, mentre il loro braccio operativo Greganti veniva condannato a 3 anni e 6 mesi per corruzione e finanziamento illecito al partito. Però Sposetti li ha assolti tutti, e tanto basta. La sua catilinaria è stata accolta con vivi applausi da tutto l’emiciclo, specialmente dai banchi del Pdl e dell’Udc. Telegrammi di felicitazioni da Arsenio Lupin e Pietro Gambadilegno. La Banda Bassotti ha inviato una tessera onoraria.



di Marco Travaglio



venerdì 18 maggio 2012

LEGA: AL TROTA RIMBORSI PER “CONTO STUDIO”; BELSITO AVEVA CARTA BIANCA DAL 2007



E’ QUANTO EMERGE DAGLI ATTI DELL’INCHIESTA… BELSITO AVREBBE INVESTITO ALMENO 9 MILIONI DI EURO IN VALUTA ESTERA NEL 2011 E FORSE POTEVA CONTARE SULLA COMPLICITA’ DI UN FUNZIONARIO DELLA BANCA ALETTI, POI ALLONTANATO



L’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, indagato da tre procure e da ieri a Milano anche in concorso con Umberto Bossi e i figli Renzo e Riccardo, aveva carta bianca della Banca Aletti a Genova dall’aprile 2007.E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta condotta dalla procura lombarda sulla contabilità del Carroccio.Dalla documentazione emerge che “Belsito ha operato seguendo la medesima prassi del suo predecessore per il quale non esisteva un documento della Lega che ne limitasse i poteri”.In banca Aletti vi era una delega a favore dell’amministratore poi espulso a firma onorevole Maurizio Balocchi del 16 aprile 2007 e una procura generale oltre ad una procura su deposito titoli del 7 agosto 2008, riferita sia a Balocchi che a Belsito con firme disgiunte.Per questo banca Aletti in passato non ha insistito a richiedere la formalizzazione dei limiti e dei poteri.“Di fatto Belsito – si legge ancora nella documentazione – ha svolto una operatività senza limiti di importo avvalendosi di una sua autocertificazione dell’aprile 2011 nella quale si dice che il segretario amministrativo ha ad oggi poteri senza limite di importo per l’apertura e la gestione di conti correnti e deposito titoli bancari e postali nonché richieste di fidejussioni sul territorio dell’Unione Europea”.Già nel 2009 banca Aletti aveva chiesto alla Lega la delega rilasciata al segretario amministrativo.Ma solo il 9 marzo 2012 Belsito presentò alla banca un estratto notarile del febbraio 2010 di nomina del signor Belsito stesso al quale era concessa la facoltà di firma disgiunta per ogni operazione di spesa che non superi l’importo di 50 mila euro.In piena crisi dell’euro l’ex buttafuori genovese decise di diversificare i suoi investimenti per il partito e non farli più in euro, bensì in valuta straniera.“A partire dal novembre-dicembre 2011 – si legge in uno dei documenti relativi alla conti della Lega – in piena crisi della zona euro, Belsito ha drasticamente cambiato le modalità di investimento alleggerendo la componente euro per circa 9 milioni, verso investimenti in certificati di deposito a breve scadenza in dollari australiani, corone norvegesi e dollari americani. Banca Aletti – è scritto ancora nel documenti – ha sempre proposto alle Lega investimenti estremamente prudenti e conservativi in linea col profilo del cliente.Il rischio paese ha portato nell’ultimo periodo il cliente verso posizioni sempre piu’ orientate a investimenti con l’estero”.A un certo punto, Belsito cambia decisamente rotta: “Banca Aletti ha cercato di diversificare tali investimenti cercando di seguire la volontà del cliente finché lo stesso ha deciso di agire direttamente sui mercati esteri (Tanzania e Cipro) senza usare piu’ la consulenza della banca”.Investimenti ”in dollari australiani e Usa” e, come si sapeva, “in corone norvegesi”. Ma anche in sicav (ovvero società di investimento a capitale variabile, ndr) e pictet liquidity.Dagli atti dell’inchiesta che ha travolto il partito leghista emerge anche il 16 dicembre 2009 e il 7 aprile 2010 Renzo Bossi fu beneficiario di due bonifici, rispettivamente di 1.000 e 3.000 euro, da parte di Belsito.Con questi due versamenti furono coperte gli addebiti della carta di credito del Trota con questa motivazione “conto studio-rimborso spese”.Emerge anche il figlio del Senatur, che si è dimesso dalla carica di consigliere regionale a causa dello scandalo, ha un conto presso la banca Popolare di Novara, filiale di Genova, che al 16 aprile 2012 presentava un saldo di 32,79 euro.Un conto “immobilizzato da più di un anno” e movimentato “movimentato da addebiti per utilizzo di carta di credito, a volte con generazione di debordi coperti mediante bonifico”.Proprio a causa di “anomalie” emerse nei rapporti con la Lega, un funzionario di una filiale genovese della Banca Aletti, venne allontanato dall’istituto di credito.“Allo stato attuale – si legge nella documentazione delal banca agli atti dell’inchiesta – pur essendo la situazione esterna in continua evoluzione, emergono anomalie definibili come non conformità operative”.Il funzionario, “presso cui sono incardinati rapporti della Lega Nord e di Francesco Belsito” sarebbe stato negligente “per quanto attiene la carente raccolta dei poteri di firma” attribuiti all’ex tesoriere del Carroccio.E così il 23 aprile 2012 “al funzionario che gestiva i rapporti con Belsito è stato notificato da Banca Aletti un provvedimento di allontanamento temporaneo dai servizi con riserva di formulazione di contestazioni disciplinari”.



lunedì 14 maggio 2012

Il Sun "minaccia": «Daniela, la pupa che il Cav. vuole premier» .



Saranno forse vere le ambizioni della donna Billionaire? La «pupa» di Silvio, la «sirena politica»: così il britannico Sun definisce Daniela Santanchè. Il sito del giornale s'interessa all'ex sottosegretario con un titolo che dice: “Silvio babe” PM bid che corrisponde a La pupa di Silvio e l'offerta da premier.
Il Sun parla di Berlusconi come del «settantacinquenne» ex primo ministro «colpito dagli scandali», ovvero «gli scabrosi bunga bunga», assicurando che il Cavaliere «sta preparando una delle sue “pupe” per essere la nuova leader del paese». La pupa in questione è, appunto, Daniela Santanchè. «Affascinante imprenditrice - sottolinea il tabloid - è emersa da un gruppo conosciuto come le pupe di Silvio. La sirena politica è stata soprannominata la Sarah Palin italiana per la sua bella presenza e i suoi fragorosi attacchi all'opposizione».



domenica 13 maggio 2012

L'elezzione der presidente



Un giorno tutti quanti l'animali



Sottomessi ar lavoro



Decisero d'elegge' un Presidente



Che je guardasse l'interessi loro.






C'era la Societa de li Majali,



La Societa der Toro,



Er Circolo der Basto e de la Soma,



La Lega indipendente






Fra li Somari residenti a Roma,



C'era la Fratellanza



De li Gatti soriani, de li Cani,



De li Cavalli senza vetturini,



La Lega fra le Vacche, Bovi e affini...



Tutti pijorno parte a l'adunanza.






Un Somarello, che pe' l'ambizzione



De fasse elegge' s'era messo addosso



La pelle d'un leone,



Disse: - Bestie elettore, io so' commosso:



La civirtà, la libbertà, er progresso...



Ecco er vero programma che ciò io,



Ch'è l'istesso der popolo! Per cui



Voterete compatti er nome mio...






-Defatti venne eletto propio lui.



Er Somaro, contento, fece un rajo,



E allora solo er popolo bestione



S'accorse de lo sbajo



D'ave' pijato un ciuccio p'un leone!



- Miffarolo!... Imbrojone!... Buvattaro!...



- Ho pijato possesso,



- Disse allora er Somaro - e nu' la pianto



Nemmanco si morite d'accidente;



Silenzio! e rispettate er Presidente!






trilussa

sabato 5 maggio 2012

ALESSANDRO CIALDI, QUATTRO MOTIVI PER VOTARLO


Siamo ormai davvero vicini alle urne. Siamo vicini – come sempre – al cambiamento o alla conservazione.
Se domani faremo la nostra croce su Mazzanti, possiamo stare certi che tutto continuerà come prima: come è durato per 70 anni a Pistoia e come durò per altrettanti anni nella gloriosa Unione Sovietica.
Se invece siamo stufi che tutto vada come al solito, fra promesse di partecipazione e decisioni prese dall’alto senza stare a sentire i bisogni della popolazione, non abbiamo che una via: cercare di cambiare, sul serio, votando Alessandro Cialdi.
E per sostenere questo, vi suggeriamo i quattro motivi che ci spingono in questa sola direzione:
  • rompere con un passato che viene dagli anni 80 e che ha portato la città nelle condizioni in cui la vediamo
  • farla finita con un clientelismo-nepotismo che ha incancrenito la macchina amministrativa fino al punto da renderla dispendiosa e inefficiente
  • ricominciare a sperare e lavorare, duro e sodo, per correggere tutti gli errori di trent’anni di sinistra e di 10 infernali anni di Sergio Gori
  • lavorare con un uomo che l’attuale amministrazione, con mossa furbesca, ha creduto di poter coprire di fango, facendo capire quanta paura subisse dalla sua presenza.
Chi può ambire a dirigere un Comune come il nostro, il secondo della Provincia, non fa come il signor Mazzanti, erede del Pd di Sergio Gori, sempre in fuga dal confronto diretto con gli elettori, sempre a nascondersi per non rispondere su Piuss fallimentari e Bilanci che, invece di chiudersi in passivo quando soldi non ce n’erano mai, si sono chiusi in attivo con squilli di tromba e rulli di tamburo.
Chi può ambire a dirigere un Comune come questo, si comporta come Alessandro Cialdi: sereno e forte nelle avversità; pronto ad avanzare a testa alta e a rimboccarsi le maniche con l’idea di un vero servizio ai suoi concittadini.

È per questo che noi vi diciamo: votatelo! Merita assolutamente la vostra incondizionata fiducia.

La Squadra del Blog

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