sabato 30 giugno 2012

La Merkel “culona” e le tristi rivalse dei giornali



Dunque l’Italia, intesa come squadra di calcio, mercoledì sera è stata davvero grande. Raramente si è vista una prestazione tanto felice: non solo una precisione tattica, una brillantezza fisica, una superiorità tecnica così evidenti da legittimare un risultato ben più ampio (un 3 a 0 ci stava tutto), ma anche un atteggiamento in campo e fuori assolutamente encomiabile: non un’entrata cattiva, non uno scatto di nervi, il massimo rispetto dell’avversario. Bravi tutti e menzione particolare per Prandelli che, da maestro di calcio quale sempre ha mostrato di essere, ha insegnato a tutti come si gioca e come ci si comporta. Bellissima serata davvero.
Ma come sempre le cose belle durano poco, non l’espace d’un matin, come dice il poeta, ma quello di una sera. Finita la partita, infatti, ci hanno pensato altri a distruggere tutto quanto di buono calciatori e allenatore avevano costruito, dando il via all’assurdo teatrino di una vittoria sportiva che diventa politica e facendo quello che gli atleti in campo non avevano neppure lontanamente pensato: sbeffeggiare l’avversario. Ha cominciato Petrucci, il presidente del Coni, a evocare senza alcuna ragione lo spread; poi è arrivato, a chiarire meglio che strada si stava imboccando, il promo del programma di Vespa.
Ma a fare la parte del leone, il mattino dopo, ci hanno pensato i giornali fiancheggiatori del centrodestra berlusconiano, i soliti geniali titolisti del Tempo, di Libero, fino all’inarrivabile Giornale con il suo elegantissimo saluto alla Merkel: «ciao ciao culona». Che tristezza! Davanti a queste parole mi sono tornate alla mente certe situazioni degli anni Cinquanta e Sessanta, quando l’Italia ancora arrancava tra varie difficoltà e arretratezze e una vittoria del Napoli di Achille Lauro sul Milan era salutata coma una rivincita della gente del sud povero e sfruttato sul nord sviluppato e sfruttatore e una trasferta vittoriosa della nazionale in Svizzera era vissuta come un riscatto delle sofferenze dei nostri emigranti.
Ecco, grazie a queste acutissime letture e ai loro autori siamo tornati lì, a quei tempi, a quelle rivalse, a certe espressioni con cui certuni si vantano di interpretare il sentimento popolare e che invece sono solo plebee, di un popolo “straccione”, di “un volgo disperso che nome non ha” e che piace solo ai populisti. Dicono alcuni che dobbiamo pretendere dall’Europa e in particolare dalla Germania di non essere guardati dall’alto in basso. Ma forse dovremmo prima chiedere a qualcuno a casa nostra di non farci scendere così in basso.






domenica 24 giugno 2012

RENZI , “NOI SIAMO LA MAGGIORANZA NEL PD”: FORSE IL PDL HA FINAMENTE TROVATO IL LEADER ADATTO



IL SINDACO DI FIRENZE RIGHEIRA LE CANTA A D’ALEMA, VELTRONI, BINDI E MARINI : “L’ESTATE STA FINENDO, I MANDATI NO, ORA BASTA ,TOCCA A NOI” (CIOE’ A LUI)



È partita la sfida del «rottamatore» Matteo Renzi a Bersani.In contemporanea con la riunione nazionale dei segretari di circolo a Roma, il sindaco di Firenze ha dato il via al nuovo Big bang, chiamando a raccolta i suoi Mille, amministratori e sindaci da tutta Italia, in attesa della «vera» convention per le primarie che Renzi ha già annunciato si terrà in autunno



IL SINDACO: «PIACERE A DESTRA NON E’ UN DELITTO» Dal palco il sindaco Matteo Renzi lancia un messaggio a Bersani: «Noi non usciremo dalla dinamica della vecchia politica, se non uscendo da qui e dicendo non candidiamo un io ma candidiamo un noi. Se ci saranno primarie, se saranno aperte e libere e se uno di noi ci sarà, come credo, se avremo perso noi dal giorno dopo saremo al fianco di chi le avrà vinte». Continua: «Mi dicono: ma tu piaci a quelli di centrodestra? Pescare tra quelli di là è l’unica condizione per non riperdere le elezioni. Piacere all’altra parte politica non è un delitto».E poi fa partire la canzone dei Righeira: «L’estate sta finendo, il loro mandato no: c’è gente come D’Alema, Veltroni, Rosi (Bindi, ndr), Marini: avete fatto molto per il paese, per l’Italia, per il partito. Adesso anche basta», ha detto Renzi, riferendosi ai loro mandati in Parlamento, mentre lo Statuto del Pd consente «al massimo tre mandati».E alla domanda: come si sente nel Pd, risponde: «A casa mia. Ma ci sentiamo maggioranza nel Pd».



GLI AMMINISTRATORI SUL PALCO A Firenze sono arrivati oltre mille amministratori accreditati, in oltre 300 hanno pronta la foto «simbolo» chiesta dal sindaco nella sua eNews per introdurre i loro interventi: ne solo previsti solo 80 al massimo, di 5 minuti.A moderare gli interventi ci sono Giorgio Gori, Matteo Richetti e Davide Faraone.Il primo a intervenire è il sindaco di Finale Emilia Fernando Ferioli: «Dobbiamo aprire un lungo capitolo contro la burocrazia che blocca i Comuni», dice con un video messaggio inviato alla convention.«Questa burocrazia ci paralizza - ha insistito - eppure sono i comuni, siamo noi, sul territorio, a conoscere le tutte le situazioni, le emergenze, le priorità. Dobbiamo dire basta».«Con il terremoto - ha aggiunto Ferioli - abbiamo perso in mezz’ora 1000 anni di civiltà; ma la solidarietà dei Comuni è stata ed è ancora fortissima.



A ROMA I CIRCOLI DEL PD In contemporanea, a Roma, si tiene l’assemblea dei circoli Pd.Un «caso» che ha fatto ironizzare i rottamatori, «è la terza volta che accade»: ma sono comunque contenti per la risposta anche dalla Toscana, persino da Grosseto, terra «bersaniana» del Pd, partirà un pullman.Mentre pare che quello organizzato dai democrat per Roma, sia stato annullato. Motivo: poche prenotazioni.E dopo il «dossier» al veleno del Pdl su Matteo Renzi, smentito dallo stesso portavoce di Berlusconi, Paolo Bonaiuti, un altro attacco arriva al sindaco, alla vigilia del nuovo Big Bang: questa volta dal Pd.«Renzi è un ex portaborse, diventato poi sindaco di Firenze per miracolo, per le divisioni interne al Pd fiorentino. Una figura minoritaria nel partito, ripete a pappagallo alcune ricette della destra, è fuori tempo massimo. Ma non credo andrebbe con Berlusconi, è lontano anche dal suo populismo».



IL FLASH MOB FUORI DAL PALA CONGRESSI Un flash mob, in pratica un’ora di concerto di circa 60 musicisti dell’orchestra e del coro del Maggio musicale fiorentino, davanti al Palazzo dei Congressi di Firenze, prima dell’inizio di «Big Bang. Italia Obiettivo Comune».Gli orchestrali, vestiti come quando vanno sul palco, e con dello scotch nero sulla bocca, hanno eseguito musiche di Verdi, Mozart, Puccini, Ravel e l’Inno di Mameli; poi, hanno lasciato volare in cielo palloncini neri.Durante il flash mob gli orchestrali hanno scandito slogan come ‘Renzi bluff’ e ‘Colombo a casà, riferendosi alla sovrintendete del Teatro Francesca Colombo.Anche sui palloncini sono state scritte frasi contro sindaco e sovrintendete. L’iniziativa è stata organizzata da Fials e Uil per denunciare la situazione del Teatro e, hanno spiegato i manifestanti, «per dire «no» alla cassa integrazione». «Quello che sta accadendo in Teatro - ha detto Marco Salvatori della Fials - è il completo fallimento della politica del sindaco Matteo Renzi e del presidente della Regione Enrico Rossi».



LO SCONTRO CON FASSINA La vigilia del Big Bang si infiamma dopo le dichiarazioni di Stefano Fassina.Il responsabile economia del Pd attacca il sindaco di Firenze parlando a La Zanzara su Radio 24: «Renzi? Una figura minoritaria nel partito, ripete a pappagallo alcune ricette della destra, è fuori tempo massimo. Ma non credo andrebbe con Berlusconi, è lontano anche dal suo populismo».E scende sul personale: «Io a differenza sua - dice ancora Fassina- ho avuto una lunga esperienza professionale fuori dalla politica. Lui è un ex portaborse, diventato poi sindaco di Firenze per miracolo, per le divisioni interne al Pd fiorentino».Renzi risponde non prendendolo troppo in considerazione. Prima lo irride di fronte ai 300 già arrivati ieri all’incontro organizzativo a piazza Adua: «Vi leggo una dichiarazione di Fassina, che non è la moglie di Fassino».Poi, attacca: «Io mi fido di Bersani, molto meno di chi gli sta intorno».E su Twitter prosegue: «A chi insulta rispondiamo con un sorriso».
(da “Il Corriere Fiorentino”)



domenica 17 giugno 2012

Baldassarri al QN: “manca la volontà politica (anche dei “tecnici”) di tagliare la spesa pubblica”



Dal sito di QN – Roma, 12 giugno 2012 – Nel 1981 come economista della commissione sulla spesa pubblica nominata da Andreatta, oggi come presidente della commissione Finanze del Senato: è da una vita che Mario Baldassarri si cimenta col taglio della spesa pubblica e da una vita assiste impotente alle retromarce della politica.
Stavolta, però, al governo ci sono i tecnici…«Con tutta la stima per i tecnici, anche i sassi ormai sanno dove e cosa tagliare: quel che manca è la volontà politica».
Come lo spiega?«Ho due spiegazioni. La prima: ci sono 500mila italiani, trasversali, che vivono di politica e sguazzano in quei 60 miliardi l’anno che secondo la Corte dei Conti rappresentano il costo della corruzione».
E con questo?«Tagliare la spesa pubblica significa tagliare l’acquisto di beni e servizi, i fondi perduti e le municipalizzate, cioè far saltare un sistema che torna comodo a molti».
La seconda spiegazione?«Un caso personale. Tre anni fa presentai un emendamento alla finanziaria per trasformare i fondi perduti in credito di imposta scongiurando così il fenomeno delle imprese fantasma e le connesse truffe ai danni dello Stato».
ottima idea, fu votato?«OtNo. Un alto dirigente del ministero dello Sviluppo telefonò a un certo numero di colleghi senatori per metterli in guardia: ‘Se passa l’emendamento, non vi potrò più far avere neanche un euro…’».
Ma ora al governo c’è Monti e il commissario Bondi non si lascerà intimidire. O no?«Mah, guardi, l’intimidazione è già nei fatti. Per questo ho rifiutato di votare il decreto che costituiva un comitato interministeriale e nominava un commissario. Ma dico, scherziamo? Se volete tagliare, fatelo!».
Pensa che non vogliano?«Le faccio un altro esempio. In marzo, con 25 senatori abbiamo messo a punto un provvedimento per tagliare gli acquisti, l’Irpef, i fondi perduti e l’Irap. Sa cosa mi hanno sussurrato dal governo?».
No, dica lei…«‘Va bene, ma attento a non creare problemi alla maggioranza…’».
A frenare sono i partiti e il governo ne teme la reazione?«È l’idea che mi sono fatto. Le racconto come s’è conclusa quella vicenda?».
Prego.«Qualcuno fece una telefonata, e alle 15,25, cinque minuti prima che la riunione della commissione terminasse, arrivarono due mail: la Ragioneria generale dello Stato dava parere contrario sostenendo che il provvedimento confliggesse con l’articolo 81 della Costituzione e così fece anche, usando le stesse parole, l’ufficio legislativo del ministero dell’Economia. Era una falsità assoluta, ma servì ad evitare il voto».
A frenare, dunque, sono anche i ‘tecnici’ al servizio dello Stato.«Sì, ma anche quelli delle regioni, dei comuni, delle Asl… Interessi intrecciati e spirito di cosca».
Anche stavolta, allora, non si farà nulla?«Stavolta siamo sull’orlo del burrone e con poco tempo a disposizione. Abbiamo un mese per salvare l’Italia, tre mesi per salvare l’Europa e sei mesi per tentare di ricucire la società con la politica grazie a una nuova legge elettorale. Monti se ne infischi dei partiti e dei tecnici al loro servizio, e disponga il taglio non di 4 ma di almeno 40 miliardi di spesa pubblica».

venerdì 8 giugno 2012

Quella parola non la capisce più nessuno



di Filippo Rossi
Gianfranco Fini svolta a destra. Gli esegeti, più o meno interessati, del finismo hanno commentato così quel che ha deciso ieri il leader di Futuro e libertà. Tralasciando le tante altre cose dette (dall’annuncio di una assemblea dei mille con cui aprirsi alla società civile fino alla necessità di parlare di “contenuti più che di contenitori”) e concentrandosi sul ritorno di quella parola che ha scatenato l’euforia degli “identitari” e disorientato i molti che in Fli avevano visto (e vedono tuttora) un ambizioso tentativo di superare e riscrivere le categorie politiche.
Intendiamoci: il problema non è contenutistico, né lessicale. Chi ha letto quel che è stato scritto in questi ultimi anni, su Farefuturo webmagazine e sul Futurista, sa bene quanto e come abbiamo provato a delineare la “nostra” destra, una destra che fosse lontana dal becerume leghista e dal populismo berlusconiano, dalla xenofobia e dall’omofobia, dal nostalgismo e dalle tendenze minoritarie e autoghettizzanti.
Il problema, come sempre, è il contesto. E in una fase come questa, in cui tutto si sta destrutturando e immense praterie politiche si aprono allo sguardo, legarsi a una connotazione “geografica” così precisa - per quanto poi “personalizzabile” nei contenuti - rischia di essere castrante. Rischia di far apparire un movimento che doveva essere l’avanguardia della Terza Repubblica come l’ultima retroguardia della Seconda. E rischia anche di rendere vano lo sforzo di chi volesse provare a spiegare che dietro quell’etichetta non ci sono Storace e Santanchè, Cosentino e Dell’Utri, il bunga bunga e Giovanardi, ma ci sono l’europeismo e i diritti civili, il riformismo e l’integrazione, la legalità e la solidarietà.
È come se davanti alla più grande battaglia politica degli ultimi decenni ci si armasse non di una spada ma di un pezzo di latta, pescato per di più da una discarica. E le affermazioni di chi, in nome di quella parola, apre uno spiraglio al dialogo con il delfino di Berlusconi, non fanno che confermare questi timori.



sabato 2 giugno 2012

BASTA ESAGERAZIONI, L’EMILIA NON E’ SCOMPARSA



TUTTO VIENE ENFATIZZATO A DISMISURA, A PARTIRE DALLA PAURA DELLA GENTE



Nelle ultime due settimane in Emilia Romagna ci sono stati 24 morti e danni per svariati miliardi di euro; gli sfollati sono quindicimila.Bastano queste cifre per dire che una situazione è grave e degna di attenzione da parte di tutti gli italiani? Evidentemente no, non basta.Così sono giorni che in tv, alla radio e sui giornali si sente parlare di «interi paesi cancellati dalle carte geografiche», o più sobriamente «rasi al suolo».Ho sentito dire che Cavezzo, dov’ero appena stato, «non esiste più».Ci sono titoli sui siti web - anche, ahimè, dei grandi giornali - che parlano di migliaia di emiliani che «soffrono la fame», di «assalti di sciacalli alle case danneggiate».Mi domando se chi dice e scrive queste cose sia stato davvero in questi giorni a Mirandola, Cavezzo, Rovereto sul Secchia, Medolla, Carpi.Paesi che hanno subito danni ingentissimi e molti lutti: ma che esistono ancora.Paesi popolati da persone in difficoltà: ma non ridotte alla fame.Paesi in cui i capannoni crollati sono per fortuna una piccolissima percentuale, non la norma.Paesi in cui le abitazioni private hanno tenuto, grazie al cielo: anzi, grazie agli emiliani che le hanno costruite meglio che altrove.C’è stato un terremoto, e basterebbe usare questa parola, terremoto: ce ne sono molte altre che incutono più terrore?E invece no: si parla di inferno, di un mondo spazzato via, di un’intera regione in ginocchio.Non è così: provate a girare per tutta l’area, da Modena fino su ai paesi dell’epicentro, e vedrete un film che non è quello che viene raccontato.Un film drammatico, certo. Ma perché dire e scrivere che è come il Friuli, l’Irpinia, L’Aquila? In Friuli ci furono mille morti, centomila sfollati, 18.000 case completamente distrutte, 75.000 gravemente danneggiate.In Irpinia tremila morti, 280.000 sfollati, 362.000 abitazioni distrutte o rese inagibili. L’Aquila è ancora oggi, quella sì, una città in ginocchio.L’Emilia no: la gente che vi abita ha paura, e questo è comprensibile, ma le grandi città sono intatte, il 95 per cento dei paesi pure, eppure l’altra sera in tv abbiamo sentito parlare (testuale) di «una regione distrutta».Tutto viene enfatizzato a dismisura, a partire dalla paura della gente, che già ha buoni motivi per avere paura.L’altra notte l’ho trascorsa in piedi fra la gente in tenda.Una notte certamente disagevole, soprattutto per la preoccupazione per il futuro. Ma non ho visto alcuna scena di panico. La mattina alle nove accendo la radio e sento: «Notte di terrore nelle tendopoli per sessanta nuove scosse». Che ci sono state, ma non tali da essere percepite.Non si tratta di sminuire la gravità di quello che è accaduto, ma di evitare che ai danni del terremoto si aggiungano quelli di un’informazione drogata.L’altra sera parlavo con Michele de Pascale, assessore al Turismo del Comune di Cervia. Mi diceva di non capire la contraddizione: «Stiamo accogliendo nei nostri alberghi gli sfollati perché qui da noi sono al sicuro. Poi riceviamo disdette per quest’estate: i clienti hanno sentito in tv che l’Emilia è distrutta. L’altro giorno un albergatore mi ha detto che lo hanno chiamato dalla Germania per annullare la prenotazione e hanno chiesto: ma siete ancora vivi?».Domande alle quali ne aggiungo una diretta umilmente alla categoria di cui faccio parte: vogliamo davvero aiutare gli emiliani a ripartire?Atteniamoci ai fatti.Sono già abbastanza gravi che non c’è bisogno di metterci il carico.
Michele Brambilla(da “La Stampa”)