sabato 24 dicembre 2011

AUGURI AI NOSTRI LETTORI


Non sarà facile, non sarà del tutto lieto,
ma dovremo comunque farcela!

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.

venerdì 16 dicembre 2011

CANDIDATI SINDACI PER QUARRATA? PESCI NON FRESCHI


Scende in pista anche Dalì, per succedere alla peggio Sindaca di Quarrata – di cui peraltro il cadavere sta ormai per passare sul fiume, portato finalmente via dalla corrente: tanto che tutti, Sel compreso, ne prendono le distanze anche se in 10 anni di malgoverno, spreco e disprezzo della popolazione, hanno fatto una muraglia cinese a difesa di questa esperienza politica insulsa e offensiva per i cittadini.

Scende in campo anche Dalì, ma si affretta a dire che lui non è il delfino di Lei.

E ha ragione. Gli dobbiamo trovare solo un pesce adatto: trota non è possibile, perché c’è già Bossi junior; storione neppure, perché Dalì non viene da una vera esperienza sovietica, ma da ex-democristiani margheritini (anche questo sarebbe un legame con la peggio Sindaca); luccio nemmeno, perché sarebbe troppo vorace, ma lui non si è quasi visto in questi 10 anni di nulla.

E allora, come chiamarlo? Tinca? Forse sì, dato che abita in una cassa di espansione dell’Ombrone e di pantano ne ha respirato abbastanza con lo stare vicino alla sua padrona dalla quale non ha mai – ridiciamolo a chiare lettere – preso le distanze, come del resto anche quel bravo ragazzo del Mazzanti, che ora apre la polemica sull’acqua, ma esumandola solo per fini e scopi elettoralistici. Del resto lo sappiamo tutti che Mazzanti a Publiacqua c’è andato (e un tempo lo scrivemmo anche) solo una volta su dieci.

Ma per tornare alla metafora ittica – cioè dei pesci – Dalì potrebbe essere definito, visto che non ha mai detto di no alla sua padrona, se non il suo delfino almeno il suo baccalà: sempre pronto e rigido sugli attenti a seguirne le assurde decisioni. Una variante, per senso, potrebbe essere anche stoccafisso

Oggi, si ripete, tutti fanno finta di prenderne le distanze: ma puzzano tutti della stessa cucina sabriniana. Pd compreso che ha protetto, benda sugli occhi, questo Sindaco del nulla, senza battere ciglio.

Tutti tranne Burchietti.

Ecco. Per dare un segno di vera discontinuità bisognerebbe che il Pd avesse lanciato lui come candidato Sindaco; lui che, per non acconsentire agli scempi della peggio Sindaca, si è perfino dimesso con onestà e coraggio.

Dalì e Mazzanti, i due pesci candidati di ora, signori elettori di Quarrata, non sono freschi.

Hanno l’occhio spento da dieci anni di signorsì e insomma… puzzano già ora che sono in cassetta: figuriamoci se saranno messi sul banco!

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.

mercoledì 14 dicembre 2011

DOPO LA STRAGE DI FIRENZE, SUL WEB SPAZIO A FRASI RAZZISTE: “E’ ORA CHE QUALCUNO FACCIA PIAZZA PULITA”

CHI SEMINA VENTO RACCOGLIE TEMPESTA: DOPO ANNI DI APOLOGIA DELLA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE, CON UNA FORZA XENOFOBA AL GOVERNO DEL PAESE, QUESTI SONO I FRUTTI… CASA POUND NON C’ENTRA NULLA, IL PROBLEMA E’ AVER SDOGANATO IL RAZZISMO E AVERGLI DATO DIGNITA’ CULTURALE

Mentre Casa Pound prende le distanze da Gianluca Casseri («lo conoscevamo appena», “era considerato lo scemo del villaggio”), definendo l’assassinio dei due senegalesi «un gesto ripugnante», «un gesto vile e miope messo in atto da chi non ha a cuore il vero interesse della Nazione e finisce a fare il gioco del potere che a parole sostiene di voler combattere», ci sono forum di sedicente estrema destra in cui gli iscritti celebrano la memoria del loro «camerata».
Su stormfront.org, forum italiano di «White Pride, World White», si leggono commenti che inneggiano a Casseri quale «eroe bianco», che merita «rispetto e onore» perché ha avuto il coraggio di «fare pulizia di questa immondizia negra».
«E’ uno dei nostri» scrive un utente; «Rispetto e onore» gli fa eco Biomirko.
Chissà in quale mondo vivono questi due soggetti e a quali riferimenti valoriali facciano capo, ammesso che sappiano leggere.
C’è anche chi azzarda concetti più articolati, come NonConforme, «E’ il prezzo che ha pagato un eroe – dice – una situazione ormai figlia dell’esasperazione di chi ha creato questa società multietnica che è una bomba a orologeria pronta a esplodere, perché la storia insegna che tante etnie non possono coesistere insieme».
Ancora più deliranti le affermazioni di un certo Costantino che scrive: «Gli sbirri di m… che non ci sono mai quando un allogeno [uno straniero, ndr] delinque oggi sono stati efficientissimi. E’ terribile, Casseri è morto».
E siccome non c’è limite al delirio, Longobard, un nickname che è tutto un programma, prova a dire la sua: «Firenze è ormai contesa tra bande di sporchi negri criminali. E’ ora che qualcuno faccia pulizia di questa immondizia negra! Via negri e stranieri dall’Italia. Abbattere chi devasta le proprietà degli italiani».
Intanto su Facebook è subito nata l’immancabile pagina celebrativa dell’omicida, «Onore al Camerata Gianluca Casseri, Italiano Vero».
Pochi gli utenti che inneggiano alla sua terribile azione, una quindicina, ma molto significativi i post: immagini di manifestazioni con tanto di saluto romano, slogan pesantemente razzisti come «Morte ai negri» e frasi antisemite talmente sgrammaticate da risultare quasi incomprensibili («Havete le ore contate bancari giudii»); tanto che Sergio ribatte: «Io che sono albanese scrivo meglio».
A ruota, è nata una seconda pagina fan, sempre su Facebook («Gianluca Casseri e il conte Dracula Vlad Tepes eroi!!!») in cui Costel affianca la figura di Casseri a quella dello storico impalatore (di cui l’omicida era un appassionato), esaltando entrambi come eroi «anti islamici».
Il basso livello degli interventi dimostra che portare studi sulla struttura delle società aristocratiche (intesa come espressione della mente e non del censo), sulla fenomenologia dei flussi migratori, sulle diseguaglianze dei processi storici e sull’analisi geopolitica può provocare problemi psichici a persone già scosse mentalmente.
Persino nelle tradizioni di riferimento di costoro, gli eroi sono ben altri, non certo chi uccide a sangue freddo per odio razziale. Per questo suggeriremmo a certi sfigati una lettura alla presenza di un traduttore che sappia far comprendere i testi a fronte.
Forse costoro dimenticano i milioni di emigranti italiani a cavallo del secolo scorso che, spinti dalla necessità, approdarono nelle Americhe e nei paesi del nord Europa. Salvo che anche costoro, seguendo i loro criteri razziali, non avrebbero dovuto essere abbattuti dai locali a colpi di pistola.
In fondo è un peccato che non esistano più i campi di rieducazione dove, rompendosi la schiena a spaccare pietre per 10 ore al giorno, certi soggetti comprenderebbero i reali problemi della società in cui vivono.
E che il posto di lavoro non glielo ruba nessuno, se avessero voglia di lavorare.
Anche se in fondo essi sono solo il prodotto dello sdoganamento di una cultura razzista, fatta di egoismi e meschinità, che ha trovato persino rappresentanza al governo del nosstro Paese e dignità istituzionale (si fa per dire).
Ai figli di Borghezio e Calderoli, acculturati su malfatti Bignami senza libri di testo a fronte, non resta che la trincea razzista per giustificare il proprio fallimento. perchè la sfida del futuro è sulle intelligenze, non sul colore dela pelle.
Ieri non sono morti assassinati “due senegalesi”, ma due esseri umani di nome Mor Diop e Modou Samb che si guadagnavano onestamente da vivere in Italia.
Come un secolo fa nelle baracche svizzere vivevano ai margini della società tanti Salvatore e Carmela.
E per la povertà si deve avere rispetto, non odio.

http://www.destradipopolo.net/

giovedì 8 dicembre 2011

LA VERITA’ DI MARIO NEL TEATRINO DI “PORTA A PORTA”

COSI’ VIENE ARCHIVIATA LA FAVOLA BERLUSCONIANA: DAL SALOTTO DI VESPA PER ANNI MESSAGGI RASSICURANTI…IERI SERA MONTI HA ROTTO L’INCANTESIMO

Erano irritanti le prime domande di Bruno Vespa, al solito le più gradite all’ospite di turno: «Eravamo ormai vicini alla Grecia? A un passo da non poter pagare gli stipendi agli statali? ».
Già, perché non se n’era accorto nessuno.
Ma soprattutto non se n’erano accorti gli spettatori di Porta a Porta, dove per tre anni si è raccontata un’altra favola.
La favola che la crisi non c’era. Se c’era, riguardava altri.
La Grecia, l’Irlanda, la Spagna, ma anche Germania e la Francia stavano «molto peggio di noi».
In Italia c’era Tremonti che teneva «i conti in ordine» e Berlusconi sempre in procinto di varare una grande riforma fiscale, con ricchi doni per i contribuenti.
Il rischio di default poi era impensabile, «un’ipotesi che non sta né in cielo né in terra».
Ed ecco, in dieci secondi, la nuova Italia di Porta a Porta, tagliata su misura per il nuovo premier: un paese sull’orlo della catastrofe, anzi «un treno già avviato a deragliare ».
Ma una volta superato il fastidio, bisogna ammettere che la lezione del professor Monti è stata piuttosto chiara.
Senza fronzoli, belletti e vespismo, campanelli e «via col vento», compagnia di giro e plastici o scrivanie intorno, il presidente del consiglio ha spiegato le ragioni della stangata.
Il compito non era facile perché la manovra del nuovo governo è in grado di far piangere molti e non solo i ministri più sensibili.
Per dirla tutta, ha l’aria della solita strage degli innocenti, sulle spalle del pezzo d’Italia che ha sempre lavorato e pagato le tasse.
Lo stesso premier Mario Monti avrebbe avuto difficoltà a difenderla dalle critiche del Monti Mario opinionista del Corriere della Sera, che negli ultimi anni aveva così ben spiegato ai governi come i tagli alla spesa fossero da privilegiare rispetto a nuove imposte.
Qui le tasse sono l’80 per cento e i tagli alla spesa il 20. Per fortuna o sfortuna l’intervistatore non lo sa, o forse non vuole disturbare, e cita cifre a casaccio («17 miliardi di tasse e 12- 13 di tagli») .
Ma pazienza, Monti si fa le domande e si dà le risposte.
Il merito maggiore di Mario Monti è la sincerità. Questo lo rendeva un marziano ieri sera sulle poltrone da talk show frequentate dal peggior trasformismo italiota.
Ma forse la scelta di rivolgersi agli italiani dal più compromesso dei luoghi televisivi non era del tutto sbagliata.
L’irrompere della dura verità sullo stato della nazione proprio in quello che è stato per diciassette anni il teatrino di cartapesta del berlusconismo trionfante, alla fine ha reso il messaggio di Monti più drammatico.
Questa è l’Italia di oggi, ha voluto dire il presidente del consiglio ai cittadini.
Un paese sull’orlo della bancarotta di Stato, a tre mesi di distanza dalla soluzione greca, anello debole di un’Europa già fragile e ora da rifondare.
Una nazione finita in un tunnel dal quale sarà lungo e difficile uscire. Ed era impossibile, guardando Monti in quello studio, non pensare ai bagordi del passato, agli altri tunnel e ponti e trafori disegnati sulla lavagna dal predecessore, fra gli applausi dei figuranti in studio, ai contratti che promettevano fantastilioni di posti di lavoro, agli anni persi in uno show demenziale, mentre il declino avanzava inesorabile.
Al conto tragico da pagare tutto di colpo per una buffonata durata troppo a lungo.

Curzio Maltese
(da “La Repubblica”)

http://www.destradipopolo.net/

martedì 6 dicembre 2011

NUOVA RICHIESTA DI ARRESTO PER COSENTINO: “E’ REFERENTE DEI CASALESI”

INDAGATO ANCHE CESARO: 50 ARRESTI IN TUTTA ITALIA, COMPRESI POLITICI E BANCHIERI… IL PRIMO MANDATO DI CATTURA PER COSENTINO VENNE RIGETTATO DALLA CAMERA
Antimafia e carabinieri in azione all’alba con un blitz in tutta Italia finalizzati all’arresto di boss, banchieri e politici ritenuti vicini al clan dei Casalesi: tra loro anche l’ex sottosegretario all’Economia e attuale coordinatore del Pdl campano Nicola Cosentino.
La magistratura di Napoli ha chiesto a Montecitorio di autorizzare l’arresto del deputato, indagato per corruzione ed altri reati.
La richiesta d’arresto è arrivata stamattina, martedì 6, in giunta per le autorizzazioni della Camera.
Fa il paio con la prima che, rigettata nel novembre 2009 dalla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera, provocò le dimissioni dell’allora sottosegretario.
Il coordinatore del Pdl della Campania è definito nei capi di imputazione formulati dai pm «referente politico nazionale del clan dei Casalesi».
I provvedimenti restrittivi colpiscono in particolare elementi riconducibili alle fazioni Schiavone e Bidognetti del clan dei Casalesi.
Fra i destinatari anche esponenti politici di rilievo nazionale e locale, personaggi del mondo bancario ed imprenditoriale operanti oltre che in Campania, nel Lazio, in Toscana, nell’Emilia Romagna, in Lombardia ed in Veneto.
Tra gli indagati (ma non per camorra) c’è anche il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro che, secondo l’accusa, accompagnò Cosentino a Roma per sollecitare i vertici di Unicredit a concedere un credito a favore del clan, peraltro garantito da una falsa fidejussione.
«Pochi giorni dopo tale intervento - è scritto in un comunicato della Procura - il finanziamento, che fino a quel momento aveva incontrato ostacoli e rallentamenti, veniva sbloccato».
Il finanziamento ammontava a 5 milioni e mezzo di euro. All’epoca Cosentino era sottosegretario all’Economia.
L’ordinanza riguarda anche un’altra cinquantina di persone,arrestati dai carabinieri con la Dia di Napoli.
I reati contestati, a vario titolo, sono associazione camorristica, riciclaggio, corruzione e falso.
Secondo quanto si apprende l’inchiesta riguarda vicende di infiltrazioni del clan dei Casalesi nella pubblica amministrazione ed in particolare tra ex amministratori di Casal di Principe, roccaforte del clan dove il Comune viene sciolto in media ogni due anni. Gli indagati sono oltre settanta.
Il gip scrive: quella tra politica e economia rappresenta «un’osmosi che genera effetti patologici nei settori più rilevanti della vita sociale e politica della provincia casertana: quello elettorale, quello economico e quello istituzionale».
Intorno a questo intreccio - prosegue il gip - si muovono enormi interessi economici del clan dei Casalesi e i politici coinvolti sono «asserviti al sodalizio camorristico.
E ciò che avviene in snodi fondamentali e sensibili dell’attività economica: nell’apertura di centri commerciali, nelle attività edilizie e nella fornitura del calcestruzzo.
Ed i poteri della politica e dell’ente mafioso si saldano nel momento più solenne ed importante della vita democratica: il momento elettorale».
http://www.destradipopolo.net/

sabato 3 dicembre 2011

Formigoni, che disse sì alla bambola in lista


In una preziosa intervista a Repubblica, Roberto Formigoni, presidente di quel che è ancora rimasto a piede libero della Regione Lombardia, rivela di avere chiesto informazioni su Nicole Minetti a don Verzé, il presidente aviatore del San Raffaele. Deve essere stata una scena di prim’ordine. Roba buona per Monicelli.

Proviamo a immaginarci i due don spaparanzati al trentacinquesimo piano del Pirellone. Si stanno rigirando tra le mani le foto a colori di quella povera ragazza gonfiata dagli ingegneri del botulino, armata di tacco, spacco, cerniera, rossetto e wonderbra gotico che il vecchio Buscaglione avrebbe chiamato “mammifero modello centotre”. La bambola va nella lista bloccata, lo ha ordinato il Cavaliere. Le liste sono piene di firme false. I bilanci del San Raffaele pure. Nessun problema: si obbedisce. Per don Formigoni il mezzo giustifica sempre il fine. Per don Verzé il fine giustifica qualunque mezzo e “Berlusconi è un dono di Dio”. Quali saranno le qualità di questa tizia, la dialettica, l’etica, l’impepata? Tu la conosci? Come no. Racconta l’illibato: “Quando domandai mi fu risposto che era una ragazza laureata”. Risate, pacche sulle spalle, un rutto. Scusami. Ma ti pare.

Il Fatto Quotidiano, 3 dicembre 2011

Caro padre


di SIMONA BONFANTE – Caro padre se il mio presente è ansiogeno ed il mio futuro oscuro è perché il tuo passato ha del socialmente criminogeno. Caro padre il debito pubblico, insieme ad una pluralità di cose non tutte buone, me lo hai lasciato tu in eredità. E dunque mi appartiene, come mi apparterrà, un giorno, il patrimonio che ti sei costruito con parsimonia e sacrifici. Come faccio ora che quel debito ci ha portato praticamente al default, a dire ‘no, io il (tuo) debito non lo pago‘?

Caro padre, in tempi ancora finanziariamente non sospetti ti invitavo a riflettere sul fatto che i tuoi ‘diritti acquisiti’ assomigliavano piuttosto a ‘privilegi estorti’. Tu non mi hai ascoltato. Mi dicevi che se non avevo protezioni la colpa era mia, ché invece di trovarmi un impiego fisso e sindacalizzato, lavoravo a progetto – un po’ qua e un po’ là. Ora però che hai visto anche tu quanti di quelli con l’impiego fisso e sindacalizzato il lavoro non ce l’hanno più, cominci a capire che la colpa non era mia allora e non è mia manco adesso, e che sostanzialmente invece la colpa è della tua bulimia laburistica alla quale tu – e i tuoi coetanei – avete bellamente ceduto. Lo capisci, ora, che quel ricco ‘menu di diritti’ al quale ti eri accostumato non era per lo più che un metabolicamente insostenibile insieme di pretese à la carte?

Caro padre, forse oggi non staremmo qui – io e te – a fantasticare di un modo per garantire questa tua sfortunata figliuola di non restare in braghe di tela quando arriverà al suo limite anagrafico-contributivo. Quel modo, caro padre, per quelli come me che hanno cominciato a lavorare nell’era dell’ubiquità ed atemporalità professionale, alle condizioni attuali non c’è. E non c’è a dispetto del fatto che per molti di quelli come me i festivi siano da sempre solo giornate diversamente lavorative, che non si abbia mai beneficiato di congedi malattia né di vacanze stipendiate e che dunque dal concetto di produttività si sia imparato a far dipendere sostanzialmente tutto quel (poco) cui siamo in grado di provvedere.

Caro padre la tensione affettuosa e partecipe che ti procura questa mia condizione così ineluttabilmente precaria – a dispetto delle incommensurabilmente maggiori opportunità che mi ha concesso il benessere che tu mi hai dato (e che tu non hai avuto) – non potrà mai essere alleviata dalla generosità con cui proponi l’aiutino periodico, il supporto semi-ordinario alle spese impreviste. Non è quello il modo di fare il mio bene, caro padre. Il modo migliore per fare il mio bene, la cosa per la quale ti sarò grata in aeternum, è che tu stia con me adesso per impedire a quelli che minacciano guerra al governo Monti di sabotare la riforma del welfare che mi darebbe per la prima volta la possibilità di essere cittadina adulta anch’io.

Caro padre, se vuoi il mio bene, restituisci la tessera di quel sindacato (e quel partito) che ti si dice amico e che invece non ha sino ad ora fatto altro che lucrare sul mio futuro.

About Simona Bonfante

Siciliana, giornalista free-lance e blogger, si è fatta le ossa di analista politico nei circoli neolaburisti durante gli anni di Tony Blair. Dopo un periodo in Francia alla scoperta della rupture sarkozienne, rientra in Italia, prima a Milano poi a Roma dove, oltre a scrivere per varie testate online, si occupa di comunicazione politica e lobbying

http://www.libertiamo.it/