giovedì 20 settembre 2012
IL CAPOGRUPPO PDL IN REGIONE LAZIO BATTISTONI SI E’ DIMESSO: LA POLVERINI HA FATTO FUORI IL PRIMO
Il Pdl passa al regolamento di conti. Mentre la mattinata si chiude con le dimissioni del capogruppo in Regione Francesco Battistoni, una delle richieste del presidente Renata Polverini ancora in bilico tra dimissioni e permanenza in carica, il caso Lazio si trasforma in una partita nazionale che mina il matrimonio tra berlusconiani ed ex An.
E mette a rischio la tenuta del Pdl anche in altre regioni, a cominciare dalla Lombardia, dove è in bilico la permanenza in sella di Roberto Formigoni, travolto dagli scandali e alle prese con il nuovo corso della Lega nord. Per non parlare del voto politico che è già dietro l’angolo.
Battistoni, fresco successore del protagoinista dello scandalo Franco Fiorito alla guida del gruppo Pdl in Regione Lazio, ha gettato la spugna dopo un faccia a faccia con il segretario nazionale Angelino Alfano.
E il presidente?
Dopo aver dettato in consiglio regionale le sue condizioni per moralizzare la vita politica ed evitare il tutti a casa, Renata Polverini non ha ancora preso una decisione, e ha ricevuto da Silvio Berlusconi un pressante invito a restare (“Ho sentito Berlusconi, non l’ho visto”, precisa oggi Polverini).
”Dimissioni? qualcuno parla al posto mio, domani si riunisce il consiglio, poi vediamo”, ha detto ai giornalisti uscendo di casa per andare “dal medico”, ha precisato.
“Ho condizionato il mio impegno al consiglio, non sono disposta a pagare le colpe di altri”.
Domani il consiglio regionale del Lazio voterà sui tagli e sulla riduzione dei costi della politica.
Dopodiché il presidente potrebbe annunciare la decisione che riporterebbe la Regione alle urne.
Intanto promette: “Oggi daremo i dati. Ho dato autorizzazione ai miei uffici di mettere rete e di trasmettere alle agenzie quello che noi abbiamo fatto e quello hanno fatto gli altri”.
”Io sono una persona onesta”, ha continuato Polverini parlando con i giornalisti sotto casa, “non ho mai rubato nulla e respingo scenari raccapriccianti. Di questa classe politica faccio parte, ma ne voglio uscire bene”.
E a chi le chiedeva una candidatura da premier ha risposto: “Ma per carità”.
Il presidente della Regione Lazio ha parlato anche della sua partecipazione all’ormai famosa festa in stile antica Roma, con ancelle in toga e maschere da maiale, organizzata dal consigliere regionale Pdl Carlo De Romanis.
“Sono stata invitata a una festa da un consigliere per festeggiare l’addio al suo vecchio incarico, questo ragazzo credo abbia rapporti con Tajani: le foto mostrano il mio sconcerto e me ne sono andata via subito”.
Sulle condizioni poste per la sua permanenza, Polverini precisa: ”Io non chiedo la testa di nessuno, faccio il presidente di Regione e agisco nel rispetto delle mie prerogative. Il Pdl, partito che sostiene la mia maggioranza, ci ha messo nei guai attraverso persone poco perbene, a dire poco”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
da: http://www.destradipopolo.net/
PDL: UN PARTITO IN FRANTUMI
Sarebbe azzardato sostenere che il collasso del centrodestra laziale anticipi, in miniatura, la crisi del Pdl nazionale.
Per quanto riguarda la giunta di Renata Polverini, la sorpresa semmai è che non sia implosa prima: esprime una classe dirigente che non è mai apparsa tale per l’incapacità, se non il rifiuto, dei partiti di trovare persone competenti.
Per il movimento di Silvio Berlusconi la situazione è diversa.
Le tensioni affondano nella perdita di identità e di leadership dell’ex premier, che irradia disorientamento e incertezza sull’intera ex maggioranza.
Le stesse voci, magari gonfiate in modo strumentale, di una scissione tra i «puri» di Forza Italia e la componente di An, sono il sintomo di una diaspora latente. L’impressione è che Berlusconi voglia tentare di arginare lo spettacolo indegno offerto dai politici della regione Lazio.
Il vertice convocato ieri sera nella sua abitazione romana sa di manovra in extremis per evitare che l’immagine sfigurata del Pdl locale contagi l’intero partito a pochi mesi dalle elezioni politiche.
L’ombra inevitabile di un’inchiesta della magistratura contribuisce a drammatizzare uno sfondo nel quale sarebbe difficile, questa volta, evocare il fantasma della «giustizia a orologeria».
Eppure, sarà acrobatico scindere e distinguere le responsabilità politiche; e riuscire ad accreditare una pulizia interna tale da cancellare o solo bilanciare quanto sta venendo fuori.
Anche perché si affianca alle inchieste giudiziarie che frugano nel sottobosco della regione Lombardia, cuore storico del potere berlusconiano.
E promette di preparare la riconquista del Campidoglio e della Regione da parte del centrosinistra, di qui alla primavera prossima.
Per questo lo scandalo potrebbe tradursi in ulteriori spinte centrifughe: si inserisce in una fase di enorme sofferenza del Pdl.
Non soltanto, però, tra berlusconiani «puri e duri» ed «ex fascisti», come alcuni settori del centrodestra hanno ricominciato a chiamare gli ex di An.
Lo scontro attraversa lo stesso Pdl semi-orfano della guida del Cavaliere, e la stessa An orfana di Gianfranco Fini.
Dilata il disaccordo sulla sesta candidatura di Berlusconi a palazzo Chigi e sull’atteggiamento da tenere nei confronti del governo di Mario Monti.
Ma finisce per toccare anche i rapporti con gli ex alleati della Lega e con l’Europa.
E riconduce a una domanda sul futuro tuttora in sospeso: quale «male minore» perseguire di qui a un voto che si preannuncia sempre più incerto e nel segno di una probabile sconfitta.
L’ipotesi di serrare le fila, facendo volare qualche straccio, è intrigante quanto problematica.
Non perché il Pdl non ci pensi,ma perché sarà difficile metterla in pratica. L’atteggiamento della nomenklatura coinvolta è quello di chi ha avuto un breve quanto intenso tirocinio su come funziona il sottopotere.
E si prepara a usarlo non per ammettere le proprie responsabilità ma per additare complici: come minimo in termini politici.
E probabilmente senza salvare nessuno, a cominciare dalla Polverini.
L’epilogo delle dimissioni, che pure sarebbe positivo e forse diventerà inevitabile, aprirebbe un altro buco nero nel centrodestra.
Berlusconi vuole evitarle, per prevenire un «effetto domino», ma la governatrice traccheggia, tutta intenta a calcolare le conseguenze di ogni sua mossa. Vuole apparire diversa dai suoi sodali; ed è preoccupata per il suo futuro politico.
Ma, ci sia o no un suo passo indietro, si conferma l’esistenza di un sistema di potere postumo di se stesso.
È il segno che l’immobilismo scelto come tattica da Berlusconi per tenere insieme l’esercito (e l’elettorato) rimasto fedele al suo mito logoro di vincente non basta.
Il blocco si sgretola dall’interno, corroso non dagli scandali ma dal difetto di politica e dall’eccesso di famelico dilettantismo: il malaffare sembra essere solo il prodotto finale, quasi il destino di quel peccato originale.
Può darsi che di fronte al disastro prevalga ancora la logica del bunker, perché nessuno ha la forza e il coraggio per divincolarsi.
In questo caso, si assisterà alla sopravvivenza sempre più precaria e malinconica di equilibri, alleanze e leader che appartengono a un’altra era geologica; e alla crescita di finti anticorpi e antidoti, che in realtà sono parte della crisi e non la sua soluzione.
Massimo Franco
(da “Il Corriere della Sera”)
lunedì 3 settembre 2012
DALLA CHIESA, QUEI CENTO GIORNI DI SOLITUDINE
Francesco La Licata
venerdì 13 luglio 2012
Al paese non serve una nuova destra, ma una nuova politica
All’Italia serve una politica nuova, che faccia volentieri a meno degli apparati che l’hanno appesantita come una balena spiaggiata, che dica “no, grazie” alle ricette farlocche su meno tasse per tutti, che hanno causato i dolorosi provvedimenti attuati oggi dal governo.
Da destra, da questa destra italiana-berlusconiana non si può oggettivamente aspettarsi uno scatto culturale, politico e attuativo. Semplicemente perché ha fallito a più riprese l’evoluzione contenutistica proposta.
E allora la strada deberlusconizzata da seguire non può che essere quella di un modello liberale e solidale di patriottismo costituzionale, che salvi il capitalismo dai capitalisti come osservato da Andrea Romano sul Foglio. Che parli alla gente non alle pance, che rompa il monopolio di contenitori obsoleti a cui una pletora di burocrati ha ammanettato per troppo tempo le sorti di una nazione intera.
sabato 30 giugno 2012
La Merkel “culona” e le tristi rivalse dei giornali
Ma come sempre le cose belle durano poco, non l’espace d’un matin, come dice il poeta, ma quello di una sera. Finita la partita, infatti, ci hanno pensato altri a distruggere tutto quanto di buono calciatori e allenatore avevano costruito, dando il via all’assurdo teatrino di una vittoria sportiva che diventa politica e facendo quello che gli atleti in campo non avevano neppure lontanamente pensato: sbeffeggiare l’avversario. Ha cominciato Petrucci, il presidente del Coni, a evocare senza alcuna ragione lo spread; poi è arrivato, a chiarire meglio che strada si stava imboccando, il promo del programma di Vespa.
Ma a fare la parte del leone, il mattino dopo, ci hanno pensato i giornali fiancheggiatori del centrodestra berlusconiano, i soliti geniali titolisti del Tempo, di Libero, fino all’inarrivabile Giornale con il suo elegantissimo saluto alla Merkel: «ciao ciao culona». Che tristezza! Davanti a queste parole mi sono tornate alla mente certe situazioni degli anni Cinquanta e Sessanta, quando l’Italia ancora arrancava tra varie difficoltà e arretratezze e una vittoria del Napoli di Achille Lauro sul Milan era salutata coma una rivincita della gente del sud povero e sfruttato sul nord sviluppato e sfruttatore e una trasferta vittoriosa della nazionale in Svizzera era vissuta come un riscatto delle sofferenze dei nostri emigranti.
Ecco, grazie a queste acutissime letture e ai loro autori siamo tornati lì, a quei tempi, a quelle rivalse, a certe espressioni con cui certuni si vantano di interpretare il sentimento popolare e che invece sono solo plebee, di un popolo “straccione”, di “un volgo disperso che nome non ha” e che piace solo ai populisti. Dicono alcuni che dobbiamo pretendere dall’Europa e in particolare dalla Germania di non essere guardati dall’alto in basso. Ma forse dovremmo prima chiedere a qualcuno a casa nostra di non farci scendere così in basso.
domenica 24 giugno 2012
RENZI , “NOI SIAMO LA MAGGIORANZA NEL PD”: FORSE IL PDL HA FINAMENTE TROVATO IL LEADER ADATTO
(da “Il Corriere Fiorentino”)
domenica 17 giugno 2012
Baldassarri al QN: “manca la volontà politica (anche dei “tecnici”) di tagliare la spesa pubblica”
Stavolta, però, al governo ci sono i tecnici…«Con tutta la stima per i tecnici, anche i sassi ormai sanno dove e cosa tagliare: quel che manca è la volontà politica».
Come lo spiega?«Ho due spiegazioni. La prima: ci sono 500mila italiani, trasversali, che vivono di politica e sguazzano in quei 60 miliardi l’anno che secondo la Corte dei Conti rappresentano il costo della corruzione».
E con questo?«Tagliare la spesa pubblica significa tagliare l’acquisto di beni e servizi, i fondi perduti e le municipalizzate, cioè far saltare un sistema che torna comodo a molti».
La seconda spiegazione?«Un caso personale. Tre anni fa presentai un emendamento alla finanziaria per trasformare i fondi perduti in credito di imposta scongiurando così il fenomeno delle imprese fantasma e le connesse truffe ai danni dello Stato».
ottima idea, fu votato?«OtNo. Un alto dirigente del ministero dello Sviluppo telefonò a un certo numero di colleghi senatori per metterli in guardia: ‘Se passa l’emendamento, non vi potrò più far avere neanche un euro…’».
Ma ora al governo c’è Monti e il commissario Bondi non si lascerà intimidire. O no?«Mah, guardi, l’intimidazione è già nei fatti. Per questo ho rifiutato di votare il decreto che costituiva un comitato interministeriale e nominava un commissario. Ma dico, scherziamo? Se volete tagliare, fatelo!».
Pensa che non vogliano?«Le faccio un altro esempio. In marzo, con 25 senatori abbiamo messo a punto un provvedimento per tagliare gli acquisti, l’Irpef, i fondi perduti e l’Irap. Sa cosa mi hanno sussurrato dal governo?».
No, dica lei…«‘Va bene, ma attento a non creare problemi alla maggioranza…’».
A frenare sono i partiti e il governo ne teme la reazione?«È l’idea che mi sono fatto. Le racconto come s’è conclusa quella vicenda?».
Prego.«Qualcuno fece una telefonata, e alle 15,25, cinque minuti prima che la riunione della commissione terminasse, arrivarono due mail: la Ragioneria generale dello Stato dava parere contrario sostenendo che il provvedimento confliggesse con l’articolo 81 della Costituzione e così fece anche, usando le stesse parole, l’ufficio legislativo del ministero dell’Economia. Era una falsità assoluta, ma servì ad evitare il voto».
A frenare, dunque, sono anche i ‘tecnici’ al servizio dello Stato.«Sì, ma anche quelli delle regioni, dei comuni, delle Asl… Interessi intrecciati e spirito di cosca».
Anche stavolta, allora, non si farà nulla?«Stavolta siamo sull’orlo del burrone e con poco tempo a disposizione. Abbiamo un mese per salvare l’Italia, tre mesi per salvare l’Europa e sei mesi per tentare di ricucire la società con la politica grazie a una nuova legge elettorale. Monti se ne infischi dei partiti e dei tecnici al loro servizio, e disponga il taglio non di 4 ma di almeno 40 miliardi di spesa pubblica».
venerdì 8 giugno 2012
Quella parola non la capisce più nessuno
Gianfranco Fini svolta a destra. Gli esegeti, più o meno interessati, del finismo hanno commentato così quel che ha deciso ieri il leader di Futuro e libertà. Tralasciando le tante altre cose dette (dall’annuncio di una assemblea dei mille con cui aprirsi alla società civile fino alla necessità di parlare di “contenuti più che di contenitori”) e concentrandosi sul ritorno di quella parola che ha scatenato l’euforia degli “identitari” e disorientato i molti che in Fli avevano visto (e vedono tuttora) un ambizioso tentativo di superare e riscrivere le categorie politiche.
Intendiamoci: il problema non è contenutistico, né lessicale. Chi ha letto quel che è stato scritto in questi ultimi anni, su Farefuturo webmagazine e sul Futurista, sa bene quanto e come abbiamo provato a delineare la “nostra” destra, una destra che fosse lontana dal becerume leghista e dal populismo berlusconiano, dalla xenofobia e dall’omofobia, dal nostalgismo e dalle tendenze minoritarie e autoghettizzanti.
Il problema, come sempre, è il contesto. E in una fase come questa, in cui tutto si sta destrutturando e immense praterie politiche si aprono allo sguardo, legarsi a una connotazione “geografica” così precisa - per quanto poi “personalizzabile” nei contenuti - rischia di essere castrante. Rischia di far apparire un movimento che doveva essere l’avanguardia della Terza Repubblica come l’ultima retroguardia della Seconda. E rischia anche di rendere vano lo sforzo di chi volesse provare a spiegare che dietro quell’etichetta non ci sono Storace e Santanchè, Cosentino e Dell’Utri, il bunga bunga e Giovanardi, ma ci sono l’europeismo e i diritti civili, il riformismo e l’integrazione, la legalità e la solidarietà.
È come se davanti alla più grande battaglia politica degli ultimi decenni ci si armasse non di una spada ma di un pezzo di latta, pescato per di più da una discarica. E le affermazioni di chi, in nome di quella parola, apre uno spiraglio al dialogo con il delfino di Berlusconi, non fanno che confermare questi timori.
sabato 2 giugno 2012
BASTA ESAGERAZIONI, L’EMILIA NON E’ SCOMPARSA
Michele Brambilla(da “La Stampa”)
martedì 29 maggio 2012
SALLUSTI E CICCHITTO LITIGANO SUL “FATTO”
ALL’EDITORIALE DEL DIRETTORE DE “IL GIORNALE” REPLICA MEZZO PDL: “UNA TESI CHE FA RIDERE I POLLI”
Nel partito berlusconiano dell’amore è il momento della vendetta travestita da surrealtà, se non sublime metafisica della Casta.
Ieri il direttore del “Giornale” Alessandro Sallusti ha fatto a pezzi Fabrizio Cicchitto, già socialista e piduista, colpevole di andare a braccetto con Marco Travaglio e il “Fatto”.
In realtà, a Sallusti sono saltati i nervi la settimana scorsa quando ha letto uno sfogo telefonico rubato a Cicchitto sull’agonia del Pdl: “Non ci faremo sciogliere da Sallusti e dalla sua Ninfa Egeria” alias Daniela Santanchè, pasionaria del movimentismo di centrodestra.
Così il direttore del “Giornale” ha deciso di rispondere con un editoriale sulle “trappole della sinistra”.
Forse gli sarà andato stretto il paragone con Numa Pompilio, il re di Roma cui la Ninfa Egeria dettava le riforme.
Vuoi vedere che la nuova Ninfa detta gli articoli a Pompilio Sallusti? Del resto i due formano un’affiatata coppia che con affetto Vittorio Feltri appellò come i nuovi Rosa e Olindo.
L’attacco di Sallusti a Cicchitto prende le mosse dal “complesso di inferiorità culturale” del centrodestra nei confronti dei quotidiani di sinistra, “per cui se non esisti su quei giornali non esisti in assoluto”.
Ed ecco il colpo di genio pescato dal repertorio della cieca e furiosa vendetta: “Quel genio di Cicchitto va a braccetto con quelli de Il Fatto, che nella migliore delle ipotesi lo considerano un piduista e che alla prima occasione gli faranno un servizietto barba e capelli”.
Poi il capo d’accusa: “I nostri eroi (tra cui Cicchitto, ndr) tremano per i deliri di Scalfari, si bevono per vere le analisi dei tromboni sul Corriere, ma quotidianamente insultano i pochi giornali con loro (fin troppo) comprensivi per i i quali vanno a piangere tutti i giorni da papà perché licenzi questo direttore o faccia cacciare quel giornalista”.
Finale: Noi “raccontiamo la verità, checché ne pensino Cicchitto e il suo amico Travaglio”.
La risposta del capogruppo del Pdl alla Camera è stata all’insegna della fantasia al potere, un classico del lessico di Cicchitto: “Caro Sallusti, la fantasia è una dote dei romanzieri, non dei giornalisti, che comunque, anche nella polemica, dovrebbero fare i conti con la realtà. Infatti solo uno sforzo sbrigliato di fantasia può portare a dire che vado ‘a braccetto’ con quelli del Fatto e che Travaglio è un mio ‘amico’”.
Cicchitto fa chiarezza sulla fantasia di Sallusti e arriva al nodo della questione, compresa la minaccia di fargli barba e capelli da parte nostra: “Già da tempo tutto ciò è in atto nei miei confronti da parte di quel quotidiano che recentemente è arrivato anche a riportare in modo forzato e parziale brani di una mia telefonata privata. La cosa ovviamente non mi sorprende. Quello che è sorprendente è invece ciò che su questo terreno sostiene il Giornale che, avendo deciso di attaccarmi, casomai potrebbe scegliere altri argomenti: ad esempio che sono da rottamare come tutti i professionisti della vecchia politica, che mi permetto di mantenere una autonomia di giudizio nei confronti di tutti, anche nei confronti dello stesso Giornale; ma affermare che vado d’accordo con quelli del Fatto fa solo ridere i polli”.
Siamo d’accordo. Polli ma anche galli e galline.
In difesa di Cicchitto sono accorsi vari esponenti del Pdl che si sono detti sgomenti o sbigottiti o sorpresi della vendetta di Pompilio Sallusti.
Da Giro a Osvaldo Napoli passando per l’ex ministro Raffaele Fitto.
Tutti contro Sallusti.
A conferma che nel Pdl è in corso una guerra tra quelli che vorrebbero ancora Berlusconi sul ponte di comando (da king-maker ma anche da candidato premier) e chi invece pensa che lo scalpo del Cavaliere sia la garanzia migliore per attirare i famigerati moderati insieme con Casini e Montezemolo.
Tra i primi ci sono Sallusti e la Santanché.
Per i secondi vale il caso di Cicchitto, che un mese fa a Orvieto parlò di carisma appannato del Capo.
A proposito, nella telefonata rubata al capogruppo, le liste civiche nazionali che la Santanché vorrebbe fare sono definite come “le liste della Repubblica di Salò e delle mignotte”.
Testuale.
Lo garantiamo a Sallusti.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
sabato 26 maggio 2012
I ladri galantuomini
L’altra sera, a Servizio Pubblico su mafia e politica, il popolare Samsonite annuncia che il processo a Ottaviano Del Turco, arrestato quand’era governatore d’Abruzzo, è finito nel nulla: e ora chi risarcirà quel sant’uomo e una Regione decapitata dai giudici? Faccio sommessamente notare che Del Turco e i suoi coimputati, arrestati da un gip su richiesta di tre pm, decisione confermata da vari giudici del Riesame e della Cassazione, e rinviati a giudizio da un gup, sono tuttora sotto processo al Tribunale di Pescara e nessuna sentenza, a parte quella di Sansonetti e di altri difensori d’ufficio a mezzo stampa e tv, è stata ancora emessa. Allora Samsonite ribatte che il processo è durato troppo: dev’essere per questo che lui ha deciso di anticipare l’assoluzione.
Nelle stesse ore la Camera votava la legge-truffa sui soldi pubblici ai partiti, pomposamente presentata dalla stampa di regime come “la riforma che dimezza i rimborsi elettorali”: in realtà, a conti fatti, i partiti maggiori si tagliano un misero 30%; espropriano del potere di controllo l’unico organismo deputato a esercitarlo: la Corte dei Conti; regalano sgravi fiscali favolosi ai finanziatori privati (legalizzando le tangenti preventive, come osserva Curzio Maltese); e negano i rimborsi elettorali ai movimenti e alle liste civiche come 5 Stelle (che peraltro non li vuole) con la scusa che non hanno uno statuto (e pazienza se gli statuti dei partiti sono incostituzionali perché li equiparano ad associazioni private).
La sublime porcata poteva contenere un paio di norme di minima decenza: la proposta Idv di revocare i rimborsi ai partiti che candidano condannati; e quella del pd Fontanelli per obbligare i tesorieri a dichiarare non solo la propria posizione patrimoniale, ma anche quella dei congiunti di primo e secondo grado. Emendamenti puntualmente respinti. Contro quello pidino s’è scatenato Ugo Sposetti, tesoriere dei Ds (che non esistono più ma hanno ancora incredibilmente un tesoriere, dunque un tesoro): l’ha definito “un tentativo di criminalizzare la figura del tesoriere” (come se non bastassero i Lusi, i Naro e i Belsito). Poi, con aria ispirata e posa ciceroniana, s’è lanciato in una commossa difesa di tutti i tesorieri presenti, futuri, ma soprattutto passati: “Voto contro in memoria di galantuomini come Severino Citaristi, Renato Pollini e Marcello Stefanini, sempre assolti dopo lunghe sofferenze”.
Per la cronaca, il galantuomo Citaristi, tesoriere Dc, ricevette 74 avvisi di garanzia e fu condannato definitivamente a un totale di 16 anni di carcere e 8 miliardi di lire di multe per corruzione e finanziamento illecito, oltre a risultare beneficiario di un conto svizzero intestato a un parente e gestito dal faccendiere Pacini Battaglia. Quanto ai galantuomini Pollini e Stefanini, ultimi tesorieri del Pci, uscirono dalle inchieste in parte per assoluzione, in parte per prescrizione, in parte per amnistia, mentre il loro braccio operativo Greganti veniva condannato a 3 anni e 6 mesi per corruzione e finanziamento illecito al partito. Però Sposetti li ha assolti tutti, e tanto basta. La sua catilinaria è stata accolta con vivi applausi da tutto l’emiciclo, specialmente dai banchi del Pdl e dell’Udc. Telegrammi di felicitazioni da Arsenio Lupin e Pietro Gambadilegno. La Banda Bassotti ha inviato una tessera onoraria.
venerdì 18 maggio 2012
LEGA: AL TROTA RIMBORSI PER “CONTO STUDIO”; BELSITO AVEVA CARTA BIANCA DAL 2007
lunedì 14 maggio 2012
Il Sun "minaccia": «Daniela, la pupa che il Cav. vuole premier» .
Il Sun parla di Berlusconi come del «settantacinquenne» ex primo ministro «colpito dagli scandali», ovvero «gli scabrosi bunga bunga», assicurando che il Cavaliere «sta preparando una delle sue “pupe” per essere la nuova leader del paese». La pupa in questione è, appunto, Daniela Santanchè. «Affascinante imprenditrice - sottolinea il tabloid - è emersa da un gruppo conosciuto come le pupe di Silvio. La sirena politica è stata soprannominata la Sarah Palin italiana per la sua bella presenza e i suoi fragorosi attacchi all'opposizione».
domenica 13 maggio 2012
L'elezzione der presidente
sabato 5 maggio 2012
ALESSANDRO CIALDI, QUATTRO MOTIVI PER VOTARLO
Siamo ormai davvero vicini alle urne. Siamo vicini – come sempre – al cambiamento o alla conservazione.
Se domani faremo la nostra croce su Mazzanti, possiamo stare certi che tutto continuerà come prima: come è durato per 70 anni a Pistoia e come durò per altrettanti anni nella gloriosa Unione Sovietica.
Se invece siamo stufi che tutto vada come al solito, fra promesse di partecipazione e decisioni prese dall’alto senza stare a sentire i bisogni della popolazione, non abbiamo che una via: cercare di cambiare, sul serio, votando Alessandro Cialdi.
E per sostenere questo, vi suggeriamo i quattro motivi che ci spingono in questa sola direzione:
- rompere con un passato che viene dagli anni 80 e che ha portato la città nelle condizioni in cui la vediamo
- farla finita con un clientelismo-nepotismo che ha incancrenito la macchina amministrativa fino al punto da renderla dispendiosa e inefficiente
- ricominciare a sperare e lavorare, duro e sodo, per correggere tutti gli errori di trent’anni di sinistra e di 10 infernali anni di Sergio Gori
- lavorare con un uomo che l’attuale amministrazione, con mossa furbesca, ha creduto di poter coprire di fango, facendo capire quanta paura subisse dalla sua presenza.
Chi può ambire a dirigere un Comune come questo, si comporta come Alessandro Cialdi: sereno e forte nelle avversità; pronto ad avanzare a testa alta e a rimboccarsi le maniche con l’idea di un vero servizio ai suoi concittadini.
È per questo che noi vi diciamo: votatelo! Merita assolutamente la vostra incondizionata fiducia.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
venerdì 20 aprile 2012
PIUSS…..Progetto Inutile Unicamente Senza Senso…..e Senza Soldi
Quando qualcosa inizia male, finisce peggio.
Siamo venuti a conoscenza di un fatto che, con tutta probabilità, darà il colpo mortale al progetto PIUSS.
Dopo lo stop ai lavori di costruzione della piscina a Vignole, anche le piste ciclabili non si faranno.
Infatti, il TAR Toscana, con sentenza n° 778/2012 di ieri 18/4/2012, ha annullato la determinazione dirigenziale del Dirigente Area Valorizzazione e Sviluppo del Territorio 6.03.2012, n. 153, Arch. Paola Battaglieri, con la quale si aggiudicava definitivamente alla Endiasfalti S.p.A. in A.T.I. con Impresa Cafissi Alvaro e Guarducci Costruzioni S.r.l. la gara di appalto dei lavori per la realizzazione di una rete di mobilità ciclabile articolata in 4 itinerari.
In parole povere, è stata annullata la gara e si riparte daccapo.
E’ stata annullata per aver sbagliato a nominare la Commissione, della quale non poteva far parte il membro esterno (del Genio Civile) che ha partecipato attivamente alla approvazione del progetto di cui al contratto…..
Cosa dirà, domani, il nostro Sindaco? E il vicesindaco?
Spereranno, come per la piscina, “che tutto si risolva rapidamente”?
L’incapacità di questi amministratori è sotto gli occhi di tutti, di destra, di sinistra e di centro.
Il problema è che a rimetterci saranno i quarratini, che si ritroveranno con debiti per opere che non si realizzeranno.
E il PIUSS, “fiore all’occhiello” di questi amministratori, fallirà…..come volevasi dimostrare.
Non so perché, ma non riesco a sorriderne.
Alessandro Cialdi
mercoledì 18 aprile 2012
a proposito di rifiuti....
Stessa cosa hanno fatto le Province di Prato e di Firenze; il 7 marzo è stato pubblicato sul BURT il relativo annuncio e da tale data decorrono i 60 giorni per presentare in forma scritta osservazioni al Piano in oggetto.
Nel frattempo abbiamo saputo dalla stampa che sta andando in porto la creazione di una unica azienda per la gestione del ciclo dei rifiuti attraverso la fusione di quattro società pubbliche o a maggioranza pubblica (ASM di Prato, Publiambiente per Empoli-Valdelsa-Pistoia, Quadrifoglio/Safi di Firenze e CIS Quarrata-Agliana-Montale): un’azienda che servirà un milione e mezzo di toscani, con un valore di produzione di circa 300 milioni di euro e 1800 addetti.
Un colosso simile alle multiutility del Nord Italia.
Si legge, sui giornali, perché nessuna comunicazione è stata ufficialmente data in sede istituzionale, che è un processo di semplificazione che prelude, a breve, alla gara per assegnare il servizio ad una unica azienda per la gestione dei rifiuti per le Province di Firenze, Prato e Pistoia.
Questo è quanto prevedono le norme sulle liberalizzazioni.
Queste notizie, lette sui giornali, riguardano Quarrata?
Assolutamente sì, dal momento che il termovalorizzatore di Montale, di cui Quarrata detiene il 48% delle quote, è uno degli impianti che, con l’ampliamento previsto, contribuirà alla realizzazione del Piano.
Cambia il mondo, e l’assessore all’ambiente nonché vicesindaco Mazzanti, paladino della partecipazione a modo suo, che vorrebbe far credere che con lui sarà tutto diverso, perché non dice il motivo per cui il Consiglio Comunale, e quindi i cittadini, non dovrebbe sapere?
E mentre si studiano sistemi alternativi di trattamento dei rifiuti da proporre e ci si arrampica sugli specchi, i giochi per i prossimi anni sembrano già chiusi in un Piano approvato.
Come essere credibili, se non interessa informare sul destino dell’impianto, che è cosa di tutti i cittadini?
Cosucce da poco, se siamo concentrati solo sulle – tante - buche per le strade.
Questa è la cifra del vantato stile del ben amministrare che ha portato Quarrata, secondo Comune della provincia di Pistoia, ad essere una ruota di scorta, neppure tanto gonfia, nelle partite che contano.