venerdì 31 ottobre 2008
L'INTELLIGENZA DEI CALCIATORI
Che non fossero dei "fulmini di guerra" già si sapeva, ma qualcuno di loro ha voluto concederci ulteriori "perle".
- Adriano, già più volte nel ciclone, si è presentato in ritardo all'allenamento dopo una notte in discoteca (recidivo reiterante) e si è chiesto pure: "cosa ho fatto di male?"
- Il record della giornata però spetta a Cassano: ha preteso che all'interno della palestra dove si allena con la Samp, fosse installato un televisore per vedere la sua trasmissione preferita "Uomini e Donne" della De Filippi. Ora si capiscono tante cose...
IN CALABRIA IL CONDANNATO FA CARRIERA... LA CALABRIA CHE VUOLE DI PIU'
ALTRO CHE MORALITA’ E LEGALITA’… IL PRESIDENTE DELLA REGIONE LOIERO NOMINA DIRETTORE GENERALE DELLA ASL DI COSENZA IL MANAGER FRANCO PETRAMALA, CONDANNATO ANNI FA CON SENTENZA DEFINITIVA PER FALSO IN ATTO PUBBLICO A SEI MESI DI RECLUSIONE, QUANDO ERA COMMISSARIO DELLA STESSA ASL DI COSENZA.
Agazio Loriero, esponente Pd, presidente della Regione Calabria, che ama parlare spesso di giustizia, moralità e legalità, si vede che ha un debole per i “condannati”.
Dopo Enzo Sculco, consigliere regionale del Pd in Calabria, condannato in primo grado a sette anni di carcere per truffa e concussione, prima sospeso e poi riaccolto tra i banchi della maggioranza, tra le perplessità di molti sulla opportunità di tale operazione che getta un indubbio discredito sull’intera Giunta regionale calabrese, ora esplode un caso ancora più clamoroso.
Quello di un premio alla carriera non a un letterato o ad un artista noto, ma a un manager della Sanità calabrese, perennemente al centro di inchieste, casi di malasanità e infiltrazioni della ‘ndrangheta.
Si tratta di Franco Petramala, arrestato nel 1994, quando era commissario straordinario della Usl di Cosenza, con l’accusa di concorso in abuso di ufficio, turbativa d’asta e falso ideologico, poi condannato con sentenza definitiva a sei mesi di reclusione per falso in atto pubblico.
D’accordo che ormai siamo abituati a tutto, ma vedersi nominare un condannato a direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale di Cosenza, la più importante della Calabria, la stessa in cui tra l’altro aveva operato guadagnandosi la condanna, beh è qualcosa che fa veramente rabbrividire, per come vengano fatte certe nomine politiche.
Eppure dal gennaio scorso il condannato Petramala dirige la Asl cosentina, in virtù dell’amicizia personale con Loiero, in nome di una vecchia e comune militanza nella Dc calabrese.
E pensare che le indagini che portarono all’arresto e poi alla condanna di Petramala ipotizzano, si legge, ” un quadro di diffuse irregolarità, in riferimento ad alcuni appalti che era finalizzati, secondo la Procura, alla predeterminazione dell’impresa aggiudicataria e all’instaurazione, con essa, di una linea di trattamento assolutamente preferenziale”.
Fa poi scompisciare dal ridere la motivazione della scelta del condannato Petramala nella nuova carica di direttore della Asl: ” la giunta regionale con questa nomina si è inserita nella linea già tracciata dal ministro Livia Turco, per evitare scelte dovute ad appartenenza politica, piuttosto che a conclamate professionalità nel settore”.
La nomina ha suscitato indignazione sia a destra che a sinistra, per la verità, ma a nulla sono servite le proteste diffuse e bipartisan.
L’imprenditore Filippo Callipo, da anni in prima linea contro la ‘ndrangheta è stato durissimo: ” Ma come si fa? Forse nel profilo di un amministratore pubblico non è contemplata la dirittura etica? Perché la politica si mette sotto i piedi la legalità, ogni qualvolta dovrebbe dimostrare di difenderla?”.
Ma Loiero non se ne preoccupa, lui è amico dei condannati e chiosa ” Questa nomina valorizza la competenza, l’esperienza e la passione di un amministratore che ha già operato molto bene per la sanità cosentina”…
A questo punto non abbiamo altro da aggiungere, in altre realtà forse un presidente di Regione che si fosse permesso una nomina del genere sarebbe finito sfiduciato dalla sua stessa maggioranza, se invece la Giunta calabrese preferisce essere sputtanata in tutto il mondo, noi cerchiamo di contribuire per il nostro, informando il popolo italiano a che livelli siamo arrivati e che connivenze ci sono.
Al di là del colore politico che non ci interessa: ma qua stiamo veramente a raschiare il fondo del barile infetto.
http://rfucile.altervista.org
LE RIFORME DEL SINDACATO
Tanto per capire. Alla manifestazione di ieri ovviamente c'era Guglielmo Epifani. Ha detto dal palco che la Cgil è pronta alla «sfida riformatrice» per la scuola. «Non siamo quelli che proteggono i fannulloni», ha assicurato. Viene quasi voglia di credergli.
Se non fosse per la frase successiva: «Qui non ci sono fannulloni. Nella scuola non si sono mai visti». Mai visti, già. E gli studenti, là sotto, lo hanno pure applaudito.
giovedì 30 ottobre 2008
CE LO SIAMO CHIESTI IL PERCHE' ?
In questa settimana sta succedendo di tutto, scontri, manifestazioni, crisi, polemiche. Normale amministrazione si potrebbe dire, ma in realtà non lo è.
Scorrendo le cronache c'è poco da stare allegri. Veramente poco. Partendo da ieri, quello che è successo a Piazza Navona ha dell'incredibile. Ed è ancora più a sostegno di chi sottolinea la inutile mobilitazione studentesca. Per tre motivi, il primo che questi sono dei DELINQUENTI. Stop. Punto. Chi va in piazza e inizia a menare e tirare sedie è un delinquente. Secondo, sempre i delinquenti di cui sopra aspettavano un pretesto qualsiasi per potersi mettere le mani addosso. E questo è colpa di chi la piazza l'ha fomentata!!! Terzo e non ultimo.... sempre gli stessi teppisti che agiscono in questa maniera sono il simbolo del fallimento dell'istruzione e della scuola italiana!!! Non sanno parlare e ragionare, ma solo menare e urlare. E' il simbolo della decadenza della scuola e che si deve intervenire!!! Qui non si deve fare un discorso di sinistra o destra, di movimenti o squadristi; qui si parla di un certo numero di giovani che non hanno ne arte ne parte, che si mettono le vesti di capipopolo solo ed esclusivamente per poter usare una spranga contro chi capita. E' un modo nuovo di fare notizia? No non lo è, ogni domenica assistiamo allo stesso copione di ieri, cambia solo il contesto sociale dalla scuola si passa allo sport, ma si tratta sempre di delinquenti di gente che dovrebbe essere arrestata e lasciata dentro a meditare. troppo spesso non si guarda alla situazione che c'è e si ragiona per astrazioni filosofiche.
Dobbiamo cominciare a ragionare sul perchè avvengono certi episodi, certe situazioni, e cominciare a trovare soluzioni. Ci troviamo di fronte ad una generazione, in parte anche la mia, che appena trova un qualcosa che non gli piace va in piazza, urla, fa casino e intimorisce chi lo dovrebbe ascoltare. E' una generazione che non sa il valore del dialogo, del confronto e delle soluzioni a problemi che ci sono e non se ne andranno se non li affronti con un certo piglio, avvolte anche autoritario.
Simbolo di tutto sono gli universitari, essendo coscienti che sono pochi alzano ancora di più la voce, sono complici di chi questa voce la amplifica, e impediscono a chi vede possibilità di cambiamento nel dialogo e nel confronto, di parlare continuare a studiare. Oltretutto facendo una manifestazione che è chiaramente un processo alle intenzioni, un messaggio chiaro e netto... non avete ancora fatto niente, ma solo il parlarne non ci sta bene!!!
Scorrendo le cronache c'è poco da stare allegri. Veramente poco. Partendo da ieri, quello che è successo a Piazza Navona ha dell'incredibile. Ed è ancora più a sostegno di chi sottolinea la inutile mobilitazione studentesca. Per tre motivi, il primo che questi sono dei DELINQUENTI. Stop. Punto. Chi va in piazza e inizia a menare e tirare sedie è un delinquente. Secondo, sempre i delinquenti di cui sopra aspettavano un pretesto qualsiasi per potersi mettere le mani addosso. E questo è colpa di chi la piazza l'ha fomentata!!! Terzo e non ultimo.... sempre gli stessi teppisti che agiscono in questa maniera sono il simbolo del fallimento dell'istruzione e della scuola italiana!!! Non sanno parlare e ragionare, ma solo menare e urlare. E' il simbolo della decadenza della scuola e che si deve intervenire!!! Qui non si deve fare un discorso di sinistra o destra, di movimenti o squadristi; qui si parla di un certo numero di giovani che non hanno ne arte ne parte, che si mettono le vesti di capipopolo solo ed esclusivamente per poter usare una spranga contro chi capita. E' un modo nuovo di fare notizia? No non lo è, ogni domenica assistiamo allo stesso copione di ieri, cambia solo il contesto sociale dalla scuola si passa allo sport, ma si tratta sempre di delinquenti di gente che dovrebbe essere arrestata e lasciata dentro a meditare. troppo spesso non si guarda alla situazione che c'è e si ragiona per astrazioni filosofiche.
Dobbiamo cominciare a ragionare sul perchè avvengono certi episodi, certe situazioni, e cominciare a trovare soluzioni. Ci troviamo di fronte ad una generazione, in parte anche la mia, che appena trova un qualcosa che non gli piace va in piazza, urla, fa casino e intimorisce chi lo dovrebbe ascoltare. E' una generazione che non sa il valore del dialogo, del confronto e delle soluzioni a problemi che ci sono e non se ne andranno se non li affronti con un certo piglio, avvolte anche autoritario.
Simbolo di tutto sono gli universitari, essendo coscienti che sono pochi alzano ancora di più la voce, sono complici di chi questa voce la amplifica, e impediscono a chi vede possibilità di cambiamento nel dialogo e nel confronto, di parlare continuare a studiare. Oltretutto facendo una manifestazione che è chiaramente un processo alle intenzioni, un messaggio chiaro e netto... non avete ancora fatto niente, ma solo il parlarne non ci sta bene!!!
Michele Meniconi
martedì 28 ottobre 2008
DIGNITA' NEL VIVERE ... DIGNITA' NEL MORIRE
Grande affluenza di pubblico alla serata organizzata dal Circolo della Libertà Quarrata - Piana Pistoiese, lunedì sera in sala consiliare, che ha visto la partecipazione dell'On. Carlo CASINI, del Dott. Leandro BARONTINI e di Don Roberto BRESCHI moderati dal nostro Presidente Dott. Gianluca FANTACCI.
Non c'era la pretesa di fornire delle risposte ma la pretesa di scuotere le menti e le coscienze che spesso evitano temi "difficili" verso argomenti più superficiali.
Non c'è una conclusione a questo tipo di ragionamenti, diciamo che anche qui la mèta è il viaggio.
Il viaggio all'interno della società che cambia (poco e lentamente ma cambia), il viaggio all'interno di ognuno di noi che è quasi sempre difficile e non può valersi di istruzioni per l'uso.
"Il problema è che la morte non è più come una volta. Anni addietro uno la riceveva in un letto quasi monacale, con le lenzuola pulite e la famiglia riunita attorno in attesa che il moribondo dicesse qualche parola che in seguito tutti avrebbero ricordato. Adesso non è più così, ragazzi. Adesso si sta tutti soli, nella penombra di una miserabile saletta di una terapia intensiva, con le sonde infilate anche nel culo e la dignità completamente perduta persino in quell'ultimo atto della vita di ciascuno che è la morte".
da "finale di romanzo in Patagonia"
coerenza a sinistra... sono per scuola pubblica ma mandano i loro figli nelle piu' esclusive scuole private
LA FIGLIA DI VELTRONI STUDIA NEGLI STATES, QUELLA DI SANTORO AL COSTOSO “CHATEAUBRIAND” DI ROMA… MELANDRI, RUTELLI, FIORONI, RUSSO, ANNA FINOCCHIARO, NANNI MORETTI: TUTTI ISCRIVONO I FIGLI IN ISTITUTI PRIVATI… GUAI A INFETTARSI COI RAGAZZI DEL POPOLO
Non ne facciamo una questione di polemica tra scuola pubblica e scuola privata. Ognuno è libero di mandare i propri figli a studiare dove crede, avendone la possibilità economica, fermo restando che noi abbiamo studiato in una scuola pubblica e siamo sopravvissuti lo stesso: forse non avevamo la puzza al naso di tanti fighetti di oggi che da buoni figli di papà, si fanno pagare scuola, sport, vacanze, guardaroba e sniffata di coca.
E mai iscriveremmo un figlio a una scuola privata, la pubblica sarà scassata, ma almeno è palestra di vita. E di tutto un giovane oggi ha bisogno, salvo che di vivere sottovetro, meglio sentire profumi ed olezzi, rumori e grida, ricchezza ed emarginazione, un mix che gli permette almeno di “crescere” come uomo o donna.
Che le scuole private sia appannaggio dei ceti medio-alti è cosa risaputa, non a caso la maggioranza dei politici di sinistra canta le lodi della scuola pubblica e anche in questi giorni denuncia che dietro i progetti del Governo, ci sia il tentativo di distruggerla, al fine di favorire la scuola privata.
Peccato che poi, in privato, quegli stessi esponenti di sinistra, quasi di nascosto, mandino i loro figli a studiare in lussuosi ed esclusivi istituti privati, nella più squallida incoerenza comportamentale e ideologica.
Come al solito a essere presi per i fondelli sono gli studenti che pensano di avere dei validi riferimenti e che si ritrovano a essere solo degli strumenti in mano a incoerenti burattinai.
Si va da Veltroni, autore di investimenti immobiliari negli States, che ha mandato la figlia a studiare negli Usa, a Giovanna Melandri che manda la prole all’esclusivo Istituto privato “San Giuseppe”, dall’esponente di Rifondazione Franco Russo che ha iscritto il figlio alla “Roma International School” a Bertinotti, i cui nipoti hanno frequentato a suo tempo un prestigioso asilo romano. Scuola privata catanese per le figlie di Anna Finocchiaro, mentre Francesco Rutelli ha una figlia iscritta al liceo privato Kennedy e l’altra alla prestigiosa San Giuseppe De Merode, scuola con vista su Piazza di Spagna.
L’ex ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni, mentre decantava i pregi della scuola pubblica, mandava però il figlio al Liceo scientifico paritario di Viterbo, il famoso “Cardinal Ragonesi”, diretto dai Fratelli Maristi, una congregazione religiosa fondata due secoli fa in Francia da san Marcellino Champagnat.
Una scuola con computer, sala informatica centrale, laboratorio linguistico multimediale e altri attività accessorie. Rette non propriamente popolari: 340 euro di iscrizione, 900 euro trimestrali, circa 3.000 euro l’anno più le spese didattiche.
Hanno scelto invece la scuola americana Ambrit di Roma, altro istituto esclusivo, i figli di Nanni Moretti e Mario Adinolfi, vecchi contestatori dell’americanismo che però mandano i figli a studiare a “casa America”…
Il massimo lo si raggiunge poi con il difensore per eccellenza della scuola pubblica, colui che sottolinea ogni settimana in Tv il dramma della scuola in Italia e il tentativo delle forze governative di favorire l’insegnamento confessionale o privato che sia.
Parliamo del giornalista Michele Santoro che però la figlia non la manda al liceo vicino a casa, ma all’esclusivo Liceo Chateaubriand, in via di Villa Patrizi.
Si tratta di una école a ciclo completo, dalla materna alle superiori, tre sedi in cui si parla esclusivamente in lingua francese: 1.500 studenti selezionati, tra figli di diplomatici, di politici, di membri della Fao e aristocrazia romana.
Qui “fa rumore non esserci”, come nei salotti buoni della capitale. Qua bisogna anche apparire, rispettare il dress-code dei giovanotti bene.
Costo proletario: eurini 4.074 l’anno, più 1.000 eurini di iscrizione, ogni settimana altri 914 eurini per la mezza pensione per 5 giorni, ogni esame versamento di altri 286 euro.
Altro che le miserie della scuola pubblica, tanto decantata ogni settimana in Tv, è qua la scuola che si ama… Salvo andare poi a intervistare qualche ragazzo/a non finto, che si arrabatta nella scuola pubblica e che ha giustamente di che lamentarsi delle strutture scolastiche.
Qualcuno si indigna, urla che il ragazzo ha ragione, che è una vergogna, che bisogna lottare per la scuola pubblica e non finanziare quelle private…
Quello che fa costui in pratica, una volta smessi i panni televisivi: decidete poi voi chi debba vergognarsi…
Pubbliche virtù e vizi privati… la coerenza e lo stile, questi sconosciuti.
http://rfucile.altervista.org/
scadenza per scrutatori e presidenti di seggio
ricordo agli amici che intendono fare domanda per essere inseriti nelle liste degli scrutatori o presidenti di seggio che va presentata la richiesta nei rispettivi comuni presso gli uffici elettorali, entro il 31 ottobre per chi vuol fare lo scrutatore, entro novembre per i presidenti di seggio, ricordo anche che per questi ultimi occorre il diploma di scuola media superiore.
lunedì 27 ottobre 2008
SUCCESSONE ASSICURATO CON LO SCIOPERO "OBBLIGATO"
Giovedì prossimo ci sarà lo sciopero anti-Gelmini, e si può affermare fin da ora che sarà un successone: con un blocco dell'attività scolastica pari al 100%.
Tutti uniti contro la Gelmini? Macché c'è il trucco anche se non si vede.
La scorsa settimana, negli istituti elementari circolava un documento alla firma degli insegnanti: li si informava che i sindacati della scuola hanno deciso lo sciopero generale, giovedì 30 ottobre, contro la riforma Gelmini. E’ prassi che in occasioni di astensioni dal lavoro e manifestazioni sindacali, presidi e direttori facciano sottoscrivere l’avviso a tutti i docenti, per presa visione, perché ne siano informati tempestivamente.
Fin qui tutto ok, ma da qui in poi viene il bello, anzi il veleno dell’imbroglio legalizzato a favore dei sindacati.
Il preside non è autorizzato, anzi è diffidato, a chiedere ai singoli maestri e maestre se aderiranno o meno all’agitazione, se andranno in piazza oppure in classe.
Oibò, e come fa allora il preside a sapere su quante forze, su quanti insegnanti, bidelli, segretarie e addetti vari non scioperanti potrà eventualmente contare?
Semplice, non lo può sapere e non lo deve sapere.
Dunque a lui resta una sola decisione: chiudere la scuola il giorno dello sciopero, dichiarare di non poter garantire la sicurezza di insegnanti e bambini.
Assurdo, non vi pare? Eppure, questa infernale prassi è sancita dal contratto di lavoro. Dove si legge: “A differenza di quanto previsto per l'adesione ad assemblee sindacali, il personale scolastico non è obbligato a dichiarare preventivamente la propria posizione in ordine alla partecipazione allo sciopero, perché l'accordo prevede che la dichiarazione preventiva (di adesione o non adesione allo sciopero) costituisca atto volontario del personale”.
Una clausola capestro messa a bella posta, da chi campa sul "diritto" allo sciopero e che cancella il diritto di lavorare e studiare della moltitudine silenziosa, quella che fa il suo dovere sui libri o sul posto di lavoro, invece di spremersi le meningi per elaborare slogan fantasiosi e riempire le piazze, asserviti ad un'opposizione pretestuosa.
Un dato: dei 140.000 iscritti alla Sapienza solo 300 hanno participato al corteo del 14 ottobre, e solo un migliaio sono quelli che fanno okkupazioni, urlano e si dimenano.
Addirittura il capetto della rivolta non é più nemmeno uno studente, essendosi già laureato e di professione fa l'okkupatore...
ORPHEUS
venerdì 24 ottobre 2008
25 OTTOBRE 2008
La grande manifestazione di piazza, organizzata dal Partito democratico, che si svolgerà domani a Roma, non può, in alcun caso, rappresentare una novità. Seguendo le precise istruzioni di Walter Veltroni (la cui posizione politica non è certo delle migliori), il valoroso popolo della sinistra (o meglio, di una parte di essa) si appresta a scendere in campo per fermare la riforma della scuola proposta dal ministro Mariastella Gelmini. Ma non solo. Così, dopo la dura presa di posizione degli studenti delle scuole superiori e delle università (abilmente manovrati dai loro docenti), anche l'elettorato del Pd, ha voluto confermare il no al progetto di riforma del governo ed ai decreti legge 133 e 137. Senza condizioni.
Ebbene, la protesta del centrosinistra (sebbene legittima e degna di tutto il dovuto rispetto), non rappresenta affatto la volontà popolare. Gli elettori italiani, infatti, hanno espresso la loro preferenza, confermando l'intenzione collettiva di studiare ed applicare le dovute riforme al Sistema Paese. Lo hanno fatto votando, in gran numero, il Pdl di Silvio Berlusconi alle scorse elezioni politiche. Ecco che allora tornano in primo piano le vere necessità avvertite dai cittadini con le relative correzioni legislative (da apportare in tempo utile); le quali interessano principalmente la giustizia, la sanità, la sicurezza, il lavoro e, appunto, la pubblica istruzione.
Dunque, a chi ed a cosa serve la piazza? Fondamentalmente a niente, ma non a nessuno. Anzi. La dirigenza democratica tenterà, in ogni modo, di portare in piazza quante più persone sarà possibile, anche soltanto per sollevare l'immagine di un partito ridotto, ormai, ai minimi termini. La propaganda veltroniana avrà finalmente un seguito certo e contraddistinto dalle tante bandiere che sventoleranno nella Capitale. Niente di più. La piazza (di qualunque colore si dipinga) non ha, tuttavia, la facoltà di decidere le sorti del Paese. E neppure le scelte che dipendono dalla politica.
(Matteo Pazzaglia per Caffè Regio)
mercoledì 22 ottobre 2008
D'ALEMA COME STRANAMORE
>Massimo D’Alema ha insultato ieri il ministro Brunetta definendolo “energumeno tascabile”. Un passo falso, un’azione odiosa e deprecabile, indegna non solo di chi ha ricoperto alte cariche istituzionali, ma anche di un qualsiasi politico di seconda fila. Là dove energumeno è assolutamente lecito nell' ambito della polemica politica, ma quel “tascabile”, riferito alla minuscola statura fisica del Brunetta è razzista, vigliacco, intollerabile.Ma il fatto è grave ben al di là della offesa inammissibile. Il fatto inquietante è che pronunciando quelle parole, D’Alema ha dimostrato di essere esattamente come il dottor Stranamore, quel formidabile personaggio di scienziato nazista, interpretato da Peter Sellers, che era stato poi riciclato dagli americani e che ogni volta che si entusiasmava se ne usciva col braccio teso in un metallico saluto nazista. D’Alema non è stato nazista, ma è stato stalinista –da giovane pioniere, e lo si può perdonare- e soprattutto togliattiano ed è da quel suo imprimting che è sgorgato l’insulto razzista. Togliatti rappresenta l’evoluzione colta e raffinata dello stalinismo, del totalitarismo assassino, reso attraente e affidabile all’opinione pubblica occidentale. Attraente, ma sempre intollerante, autoritario, monocratico e satrapico. Proprio come un satrapo Toghliatti reagì quando due intellettuali di altissimo rango –dirigenti del Pci- lasciarono il partito definendoli “due pulci sulla criniera di un cavallo di gran razza”. Identico lo stile di D’Alema di oggi, di sessanta anni dopo, che usa un termine desueto –“energumeno”- e un modo raffinato –quanto ipocrita- per spregiare il difetto fisico di Brunetta: tascabile. Come Stranamore, D’Alema non riesce a nascondere il suo passato, il suo peccato d’origine: spregio per l’avversario politico e perenne voglia di chiamare alla sua lapidazione come reietto. Il dramma è che questi malefici e primordiali istinti togliattiani, emergono in D’Alema proprio quando servono a coprire il nulla di linea politica del suo partito, là dove il nulla di Veltroni si accompagna solo con la solita, ennesima, ripetitiva congiura (di D’Alema e altri) per ucciderlo, senza che nessun dirigente del Pd sia in grado di articolare un minimo di strategia riformista alternativa a quella del governo. Col rischio di fare di tutto il Pd una sorta di “Stranamore di massa”, a partire proprio da una manifestazione del 25 ottobre che si regge sugli insulti, sui paragoni con Putin e Peròn, e poi sul nulla.
Carlo Panella
NUOVA INDAGINE SU BASSOLINO
Dal Corriere del Mezzogiorno:
“L’ex deputato dei Ds Pino Petrella avrebbe fatto da prestanome ad Antonio Bassolino per l’acquisto di una villa a Cortona, in provincia di Arezzo. Lo sospettano i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, che nelle scorse settimane hanno inviato al governatore un altro avviso di garanzia nell’ambito di uno stralcio dell’inchiesta sull’illecito smaltimento di rifiuti. Quell’avviso era necessario per poter procedere ad alcune perquisizioni. Proprio nell’ambito di una perquisizione la Guardia di Finanza ha sequestrato un assegno di ottanta milioni di lire (emesso quindi diversi anni fa) fatto da Bassolino all’amico e compagno di partito. Il sospetto, respinto con decisione dall’indagato, è che la villa di Cortona sia stata acquistata con denaro proveniente da irregolarità nel settore dei rifiuti. Il governatore, stando alla documentazione ufficiale, non possiede beni immobili nè un conto corrente. Mesi fa i legali di parte civile della Regione e di 19 amministrazioni comunali avevano chiesto il sequestro conservativo dei beni dei 28 imputati coinvolti nel procedimento sui rifiuti, incluso Bassolino; la richiesta venne respinta in marzo dal gup Marcello Piscopo, ma intanto i legali avevano fatto verifiche ed erano arrivati a una conclusione: «Non siamo riusciti a rintracciare beni intestati ad Antonio Bassolino». Il processo al governatore e agli ex vertici dell’Impregilo sta andando molto a rilento. Dopo l’ennesimo rinvio per questioni procedurali, a prossima udienza è fissata per il 12 novembre. In molti ritengono che i reati saranno prescritti”.
“L’ex deputato dei Ds Pino Petrella avrebbe fatto da prestanome ad Antonio Bassolino per l’acquisto di una villa a Cortona, in provincia di Arezzo. Lo sospettano i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, che nelle scorse settimane hanno inviato al governatore un altro avviso di garanzia nell’ambito di uno stralcio dell’inchiesta sull’illecito smaltimento di rifiuti. Quell’avviso era necessario per poter procedere ad alcune perquisizioni. Proprio nell’ambito di una perquisizione la Guardia di Finanza ha sequestrato un assegno di ottanta milioni di lire (emesso quindi diversi anni fa) fatto da Bassolino all’amico e compagno di partito. Il sospetto, respinto con decisione dall’indagato, è che la villa di Cortona sia stata acquistata con denaro proveniente da irregolarità nel settore dei rifiuti. Il governatore, stando alla documentazione ufficiale, non possiede beni immobili nè un conto corrente. Mesi fa i legali di parte civile della Regione e di 19 amministrazioni comunali avevano chiesto il sequestro conservativo dei beni dei 28 imputati coinvolti nel procedimento sui rifiuti, incluso Bassolino; la richiesta venne respinta in marzo dal gup Marcello Piscopo, ma intanto i legali avevano fatto verifiche ed erano arrivati a una conclusione: «Non siamo riusciti a rintracciare beni intestati ad Antonio Bassolino». Il processo al governatore e agli ex vertici dell’Impregilo sta andando molto a rilento. Dopo l’ennesimo rinvio per questioni procedurali, a prossima udienza è fissata per il 12 novembre. In molti ritengono che i reati saranno prescritti”.
martedì 21 ottobre 2008
IL MATTATOIO
Nella stessa giornata in cui Pecorella si sacrifica per la consulta,
arriva la notizia che il governo vuole reintrodurre incentivi per la rottamazione delle auto.
arriva la notizia che il governo vuole reintrodurre incentivi per la rottamazione delle auto.
domenica 19 ottobre 2008
GLI ASSESSORI MAZZANTI E FRAGAI E LE DIMENTICANZE ISTITUZIONALI
ieri sera io la Conchita e Mauro, siamo andati all'assemblea organizzata da Legambiente a Vignole per i pannelli fotovoltaici.
Erano presenti.
Assessore Mauro Quarrata
Vice sindaco Quarrata Mazzanti
Assessore Montale Pessuti (credo)
Assessore Regionale Fragai.
Noi.
C'erano oltre un centinaio di persone interessate a montare i pannelli solari.
Tutto scorreva liscio fino a quando Manetti (coordinatore della serata) non ha dato al pubblico la parola per fare le domande.
Non vi tedio riportandovi oltre un'ora di chiacchiere degli assessori che hanno spaziato dalla diminuzione dlla Co2 all'Acqua per finire a evidenziare quanto loro sono attenti all'ambiente compreso l'assessore di Montale che di ambiente se ne occupa da un mese.
Dicevo si arriva alle domande.
Si parte con cose molto semplici ma subito vanno in difficoltà.
Un installatore domanda: ma quanti soldi sono stati stanziati dalla regione per il 2009? E le installazione fatte nel 2008 per le quali non ci sono più i finanziamenti beneficeranno in automatico di quelli per il 2009?
Fragai ha parlato per oltre 15' senza rispondere al chè sono iniziate le proteste.
L'installatore insiste io ho fatto una domanda e vorrei una risposta quanti soldi sono stanziati? E potremo accedere ai finanziamenti?
Fragai a quel punto ha ammesso che non lo sa e che si prendeva l'impegno d farcelo sapere per martedì? Ma vi rendete conto?
A quel punto poteva mai mancare un nostro intervento così ho pensato di ricordare i dati di Capannori sui risultati avuti con la raccotla differenziata paragonandolo con la nostra invece ridicola raccolta differenziata, per concludere (apriti cielo) con i 28 milioni di Euro che i 3 comuni spenderanno!!!
Ho fatto una proposta perchè non utilizzare i 28 Milioni di Euro per investire su Fotovoltaico,Eolico e raccolta differenziata così da andare incontro alle vere richieste della cittadinanza? (Applauso della platea)
Bè non ho parole per descrivervi le chiacchiere di Fragai, tanto chiacchiere che ad un certo punto si è innescato una discussione in particolare con noi.
Lui voleva dare ad intendere che la colpa era dei cittadini che non montavano i pannelli e che se noi eravamo più bravi che avanzassimo delle proposte.
A quel punto non ci ho visto più e gli ho ricordato che lui è l'amministratore profumatamente pagato e noi invece siamo i cittadini che pagano le tasse.
Quindi ognuno faccia il suo mestiere e la sua parte!!!
Non vi dico poi quando alla fine la Conchita ha ricordato che il 7% della bolletta dell'ENEL invece di andare esclusivamente alle fonti rinnovabili, abbattendo di fatto i costi per i cittadini, va invece ai petrolieri con le raffinerie e inceneritori, il pubblico è rimasto basito basito!!!
Bè l'incontro sarebbe stato sicuramente più interessante peccato per la presenza dei politici ...
Cmq per i pannelli solari ci vogliono sui 20.000€ per 3 Kwh (un impianto di casa) che li recuperi in 10 anni dove la regione mette (sempre se troverà i fondi) un 20%.
Chi ne volesse sapere di più ne possiamo parlare martedì alla riunione del Comitato..
Capite bene che se il 7%, che corrisponde a oltre 37.000 miliardi di Euro in 15 anni dal 1992 al 2008, probabilmente oggi avremmo tutti i pannelli solari sui nostri tetti GRATIS!!!
Erano presenti.
Assessore Mauro Quarrata
Vice sindaco Quarrata Mazzanti
Assessore Montale Pessuti (credo)
Assessore Regionale Fragai.
Noi.
C'erano oltre un centinaio di persone interessate a montare i pannelli solari.
Tutto scorreva liscio fino a quando Manetti (coordinatore della serata) non ha dato al pubblico la parola per fare le domande.
Non vi tedio riportandovi oltre un'ora di chiacchiere degli assessori che hanno spaziato dalla diminuzione dlla Co2 all'Acqua per finire a evidenziare quanto loro sono attenti all'ambiente compreso l'assessore di Montale che di ambiente se ne occupa da un mese.
Dicevo si arriva alle domande.
Si parte con cose molto semplici ma subito vanno in difficoltà.
Un installatore domanda: ma quanti soldi sono stati stanziati dalla regione per il 2009? E le installazione fatte nel 2008 per le quali non ci sono più i finanziamenti beneficeranno in automatico di quelli per il 2009?
Fragai ha parlato per oltre 15' senza rispondere al chè sono iniziate le proteste.
L'installatore insiste io ho fatto una domanda e vorrei una risposta quanti soldi sono stanziati? E potremo accedere ai finanziamenti?
Fragai a quel punto ha ammesso che non lo sa e che si prendeva l'impegno d farcelo sapere per martedì? Ma vi rendete conto?
A quel punto poteva mai mancare un nostro intervento così ho pensato di ricordare i dati di Capannori sui risultati avuti con la raccotla differenziata paragonandolo con la nostra invece ridicola raccolta differenziata, per concludere (apriti cielo) con i 28 milioni di Euro che i 3 comuni spenderanno!!!
Ho fatto una proposta perchè non utilizzare i 28 Milioni di Euro per investire su Fotovoltaico,Eolico e raccolta differenziata così da andare incontro alle vere richieste della cittadinanza? (Applauso della platea)
Bè non ho parole per descrivervi le chiacchiere di Fragai, tanto chiacchiere che ad un certo punto si è innescato una discussione in particolare con noi.
Lui voleva dare ad intendere che la colpa era dei cittadini che non montavano i pannelli e che se noi eravamo più bravi che avanzassimo delle proposte.
A quel punto non ci ho visto più e gli ho ricordato che lui è l'amministratore profumatamente pagato e noi invece siamo i cittadini che pagano le tasse.
Quindi ognuno faccia il suo mestiere e la sua parte!!!
Non vi dico poi quando alla fine la Conchita ha ricordato che il 7% della bolletta dell'ENEL invece di andare esclusivamente alle fonti rinnovabili, abbattendo di fatto i costi per i cittadini, va invece ai petrolieri con le raffinerie e inceneritori, il pubblico è rimasto basito basito!!!
Bè l'incontro sarebbe stato sicuramente più interessante peccato per la presenza dei politici ...
Cmq per i pannelli solari ci vogliono sui 20.000€ per 3 Kwh (un impianto di casa) che li recuperi in 10 anni dove la regione mette (sempre se troverà i fondi) un 20%.
Chi ne volesse sapere di più ne possiamo parlare martedì alla riunione del Comitato..
Capite bene che se il 7%, che corrisponde a oltre 37.000 miliardi di Euro in 15 anni dal 1992 al 2008, probabilmente oggi avremmo tutti i pannelli solari sui nostri tetti GRATIS!!!
questo il resoconto della serata di venerdi all'auditorium della banchina di Vignole fatta da Luigi Colangelo presente insieme ad alcuni amici. mi pare che non abbia bisogno di commenti.
L'ultima cena? Speriamo di no!
Ieri sera 18 Ottobre ai campi sportivi di Casini si è tenuta una cena organizzata dal circolo "Gianfranco Fini" di Quarrata, cui hanno partecipato numerosi rappresentanti delle forze politiche di centro destra della Provincia, tra cui ricordiamo in particolare Alessandro Capecchi, AN e Alessio Bartolomei, FI. Un ringraziamento a tutti gli orgazzatori, con la speranza che questa sia l'inizio di una nuova stagione di incontri sotto l'insegna di un nome comune.
sabato 18 ottobre 2008
LUNEDI' CONSIGLIO COMUNALE
Importante seduta del consiglio comunale lunedì 20 ottobre ore 21,00
All'ordine del giorno una mozione del consigliere Cialdi "UDC" per il mantenimento delle preferenze alle elezioni europee, e cinque interpellanze presentate dai consiglieri del centro destra che riguardano:
- il settembre quarratino
- il completamento della rotatoria dei martiri
- il parco della rimembranza
- la messa in sicurezza delle strade comunali
- la mancata installazione delle centraline per rilevare l'inquinamento agli incroci principali della città.
Inoltre in base al nuovo regolamento del consiglio comunale, per la prima volta si arriverà al Question Time:
- la prima Question è di Mario Niccolai
- la seconda è di Massimo Bianchi
Riguardano rispettivamente le norme che regolamentano il Volantinaggio al Pubblico e lo spostamento del mercato settimanale da sabato 25 a domenica 26 ottobre
venerdì 17 ottobre 2008
GIOVANNI PAOLO II/ Le ragioni e la forza del suo «Non abbiate paura»
Forse è stata la curiosità per il nuovo Papa venuto dalla lontana Polonia. Forse la simpatia destata dalla sua giovane età, dall’italiano ancora approssimativo, da quel suo scardinare usi consolidati (è stato il primo pontefice a tenere un breve discorso dalla loggia di San Pietro subito dopo l’elezione). Forse è stato il desiderio non ben consapevole di qualcosa di nuovo. Sta di fatto che c’era molta attesa, trent’anni fa, per il discorso con cui Giovanni Paolo II avrebbe inaugurato il suo pontificato. Ed effettivamente quel discorso è rimasto a lungo nella memoria di molti. Soprattutto per quella frase quasi gridata: «Non abbiate paura».
Come mai il vescovo di Roma e pastore della Chiesa cattolica universale parlava di paura? Paura di che? Un primo livello di lettura ci riporta alla situazione geopolitica di allora. I due blocchi delle superpotenze continuavano ad affrontarsi, nonostante tiepidi tentativi di riavvicinamento, in una sempre aggiornata versione di guerra «fredda»; la corsa agli armamenti proseguiva forsennata e la minaccia di un conflitto nucleare, piuttosto che allontanarsi, pareva incombere sempre più vicina. E negli anni successivi, per quel poco che si può a tutt’oggi sapere dell’ultimo periodo agonico dell’URSS, sembra sia stata ad un soffio dal realizzarsi quando, a metà degli anni Ottanta, l’Unione Sovietica, ormai sfiancata economicamente, ha pensato di risolvere la contesa con gli Stati Uniti sferrando il «primo colpo».
Il conflitto atomico era, dunque, una ipotesi spaventosa, ma reale. Faceva paura. Se il primo e il secondo mondo continuavano ad affrontarsi sull’orlo del baratro di un conflitto aperto, quello che ancora si chiamava «terzo» mondo (e non «paesi in via di sviluppo» come si userà in seguito) era schiacciato dalla paura della fame, del sottosviluppo (l’Africa abbandonata a se stessa da una decolonizzazione scriteriata, l’Asia ricca di popolazione e povera di pane) o dell’assenza di democrazia (gran parte dell’America Latina).
Ma il punto di vista di papa Wojtyla non era principalmente socio-politico. Ben altre paure incombevano sull’umanità. Prima tra tutte la paura per il destino stesso della civiltà umana. Come Giovanni Paolo II avrà modo di chiarire nel suo lungo pontificato, l’uomo contemporaneo ha paura del prodotto stesso del suo ingegno, della sua ricerca. La devastazione della natura, la messa in moto di dinamiche sociali che non si possono più controllare, la possibilità di intervenire con la scienza e la tecnica nei gangli più sacri della vita (la nascita e la morte), la potenzialità devastante della comunicazione di massa sono tutti fenomeni che incutono paura. Non perché in sé siano malvagi, ma perché inevitabilmente si portano dietro possibilità distruttive, possono innescare processi disumanizzanti.
È, in fondo, la domanda sul senso del progresso umano che non può essere accettato solo perché possibile. Se non si tiene presente la domanda sul senso (cioè la direzione) di quel processo e quindi non lo si sottopone alla verifica della sua positività, cioè il bene dell’uomo, di ogni singolo uomo, proprio quel progresso si trasforma in una minaccia. Oscuramente ma sensibilmente percepita come sorgente di paura.
Con quel suo grido a non avere paura Giovanni Paolo II toccava anche un altro, più profondo, livello. La paura di Dio e di Dio diventato uomo. Aggiungeva infatti: «Aprite, anzi spalancate, le porte a Cristo». Quando Cristo fa paura? Quando sembra contraddire l’esigenza umana di compimento e di felicità. Ma il cristianesimo, ricordava con forza vibrante il nuovo Papa, non è contro l’uomo. Anzi solo in Cristo l’uomo trova se stesso (come dice un passaggio del documento conciliare Gaudium et Spes che Giovanni Paolo II amava citare, anche perché probabilmente ne è stato uno degli estensori) ed è quindi in grado di affrontare tutte le paure destate dalla situazione circostante.
Quel richiamo non era ovvio e scontato. Da molti infatti si pensava che il cristianesimo avrebbe potuto continuare ad avere corso nella storia se avesse in qualche modo messo da parte la propria pretesa di «salvare l’uomo» (quindi liberarlo dalla paura), per sciogliersi nel comune cammino umano. E infatti i primi mesi e anni del pontificato di Giovanni Paolo II videro un impressionante serie di attacchi al suo magistero. Non c’era pronunciamento pontificio che non venisse giudicato reazionario, repressivo, antimoderno, integralista. Una aggressione di cui forse oggi molti si dimenticano.
All’invito a non avere paura Giovanni Paolo II ispirò tutti gli atti del suo magistero. La sua prima enciclica Redemptor hominis è una risposta a chi sente Cristo come una minaccia, mentre Egli è la possibilità stessa del compimento umano. Un compimento che nessuna situazione esterna può impedire; come testimonia la stessa vicenda personale del Papa che ha dovuto lavorare per dedicarsi agli studi teologici e lottare strenuamente contro il potere marxista e ateo nella sua Polonia.
Nei suoi interminabili viaggi in tutti gli angoli del mondo, nessuna sfumatura dei pericoli incombenti sul cammino umano è stata da lui tralasciata. La forza della «verità sull’uomo portata dal cristianesimo» (quella stessa che gli veniva contestata dagli intellettuali progressisti, anche nella Chiesa, di tutto il mondo) si faceva in quei suoi pellegrinaggi giudizio pertinente sui mali e le storture in cui si imbatteva e, nel contempo e inestricabilmente, annuncio di speranza, invito a non cedere alla paura, indicazione di strade percorribili. Nessuno, poi, si nasconde il ruolo centrale che il Papa venuto dall’Est ha avuto nello scardinare il monolite sovietico e quindi ridisegnare i tratti stessi del conflitto tra i due blocchi.
Non è difficile constatare che, a trent’anni di distanza, la paura non sia venuta meno. Non più tardi di qualche settimana fa a Roma si è svolto un importante convegno incentrato proprio su questo fenomeno, che appare anzi sempre più invasivo. Certamente i dati dello scenario sono cambiati. A livello geopolitico, ad esempio, ci troviamo di fronte al fenomeno islamistico, che trent’anni fa era inimmaginabile, o a quello dell’immigrazione, che aveva dimensioni decisamente più ridotte. La paura delle conseguenze del progresso è invece ormai consapevolezza diffusa: le discussioni sulla bioetica, piuttosto che sull’invasività di internet (anch’essi fenomeni del tutto nuovi) lo sta a dimostrare.
Probabilmente questi trent’anni ci hanno resi più consapevoli che ci sono molte ragioni per temere. Ma, oggi come allora, la proposta contro la paura di Giovanni Paolo II resta identica: «Aprite, anzi spalancate, le porte a Cristo». E, oggi come allora, è facile verificare l’efficacia di questa proposta: la paura è vinta dalla speranza.
Pigi Colognesi, Il Sussidiario,
venerdì 17 ottobre 2008
venerdì 17 ottobre 2008
ARRIVA LA SOCIAL CARD ISTRUZIONI PER L'USO
ANDRA’ IN VIGORE A DICEMBRE: CONSISTE IN 480 EURO ANNUE (RICARICA DI 80 EURO A BIMESTRE)… SERVIRA’ PER LA SPESA E PER PAGARE LE BOLLETTE E SI USERA’ COME UNA CARTA RICARICABILE… NE HANNO DIRITTO I CITTADINI RESIDENTI CON OLTRE 65 ANNI E LE FAMIGLIE CON UN FIGLIO SOTTO I TRE ANNI E UN REDDITO INFERIORE A 6 MILA EURO… ARRIVERA’ LETTERA DALL’INPS E LA CARD SI RITIRERA’ ALLA POSTA.
E’ come una carta di credito, anche se priva del nome dell’intestatario, per ragioni di privacy. Ogni due mesi sarà caricata di 80 euro, spendibili nei supermercati e per pagare le bollette delle utenze. La social card, prevista nel decreto fiscale del giugno scorso, arriva un po’ in ritardo: entro novembre l’Inps invierà ai destinatari una lettera per invitarli a recarsi alle Poste per presentare la domanda, una sorta di autocertificazione. Ai primi di dicembre la card dovrebbe essere ritirabile sempre presso gli sportelli postali con il primo accredito di 80 euro bimestrale e avrà la durata di sei bimestri, ovvero un anno, per un totale di 480 euro. Chi beneficerà dell’iniziativa? I cittadini residenti con più di 65 anni di età e con un reddito inferiore a 6mila euro l’anno e le famiglie comprese nella stessa fascia di reddito con un figlio a carico sotto i tre anni. Resteranno esclusi coloro che possiedono oltre il 25% di un secondo immobile ( la prima casa non concorre al calcolo), coloro che possiedono due auto, coloro che vantano un patrimonio mobiliare superiore ai 15mila euro e gli intestatari di una seconda utenza. Spetterà agli interessati comunque, su richiesta, dimostrare di rientrare nelle categorie disagiate attaverso il modello Isee, ovvero l’indicatore dello stato economico equivalente. Potrebbe accadere che nel decreto attuativo il Governo decida di estendere la carta agli over 70 con reddito inferiore agli 8mila euro, ovvero ai titolari della pensione minima di 516 euro mensili. I possessori della social card a questo punto passerebbero da 800mila a 1,3 milioni. Tutto dipenderà dai fondi disponibili. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ammette che ” avevamo promesso interventi sulle pensioni più deboli, ma adesso non possiamo perdere il controllo della spesa”. Le famiglie “sicuramente povere” sono circa 1.142.000, pari al 4,8% delle famiglie residenti, tre quarti risiedono al Sud. La soglia che individua la “linea di povertà” è fissata in 582,20 euro di spesa mensile per un solo componente, in 970,34 euro per una famiglia di due persone e in 1.290 euro per un nucleo di 3 persone. Il povero tipo risiede nel Mezzogiorno e ha più figli, la sua condizione è fortemente associata a bassi livelli diistruzioni e bassi profili professionali e all’esclusione dal mercato del lavoro. Questo per avere un quadro esaustivo su quali realtà si va ad intervenire con la social card. Non abbiamo sinceramente compreso la farraginosità del provvedimento, ritenendo per gli over 65 che sarebbe stato più semplice far trovare ogni mese nell’accredito della pensione la somma di 40 euro in più, invece che mettere in atto tutto questo complesso meccanismo burocratico, forse spendibile meglio mediaticamente. Quanto all’entità della cifra, prendiamo atto che corrisponde a un impegno di spesa di 170 milioni e che si spera, tra recupero di conti dormienti e proventi dell’Antitrust, di recuperarne altri 500. Ci limitiamo ad osservare che se fossero state proibite tutte le consulenze esterne agli enti locali, come da più parti invocato, si sarebbe potuta mettere da parte una cifra più che doppia a disposizione di tante famiglie in difficoltà. Per non parlare di tanti altri tagli alla casta…
E’ come una carta di credito, anche se priva del nome dell’intestatario, per ragioni di privacy. Ogni due mesi sarà caricata di 80 euro, spendibili nei supermercati e per pagare le bollette delle utenze. La social card, prevista nel decreto fiscale del giugno scorso, arriva un po’ in ritardo: entro novembre l’Inps invierà ai destinatari una lettera per invitarli a recarsi alle Poste per presentare la domanda, una sorta di autocertificazione. Ai primi di dicembre la card dovrebbe essere ritirabile sempre presso gli sportelli postali con il primo accredito di 80 euro bimestrale e avrà la durata di sei bimestri, ovvero un anno, per un totale di 480 euro. Chi beneficerà dell’iniziativa? I cittadini residenti con più di 65 anni di età e con un reddito inferiore a 6mila euro l’anno e le famiglie comprese nella stessa fascia di reddito con un figlio a carico sotto i tre anni. Resteranno esclusi coloro che possiedono oltre il 25% di un secondo immobile ( la prima casa non concorre al calcolo), coloro che possiedono due auto, coloro che vantano un patrimonio mobiliare superiore ai 15mila euro e gli intestatari di una seconda utenza. Spetterà agli interessati comunque, su richiesta, dimostrare di rientrare nelle categorie disagiate attaverso il modello Isee, ovvero l’indicatore dello stato economico equivalente. Potrebbe accadere che nel decreto attuativo il Governo decida di estendere la carta agli over 70 con reddito inferiore agli 8mila euro, ovvero ai titolari della pensione minima di 516 euro mensili. I possessori della social card a questo punto passerebbero da 800mila a 1,3 milioni. Tutto dipenderà dai fondi disponibili. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ammette che ” avevamo promesso interventi sulle pensioni più deboli, ma adesso non possiamo perdere il controllo della spesa”. Le famiglie “sicuramente povere” sono circa 1.142.000, pari al 4,8% delle famiglie residenti, tre quarti risiedono al Sud. La soglia che individua la “linea di povertà” è fissata in 582,20 euro di spesa mensile per un solo componente, in 970,34 euro per una famiglia di due persone e in 1.290 euro per un nucleo di 3 persone. Il povero tipo risiede nel Mezzogiorno e ha più figli, la sua condizione è fortemente associata a bassi livelli diistruzioni e bassi profili professionali e all’esclusione dal mercato del lavoro. Questo per avere un quadro esaustivo su quali realtà si va ad intervenire con la social card. Non abbiamo sinceramente compreso la farraginosità del provvedimento, ritenendo per gli over 65 che sarebbe stato più semplice far trovare ogni mese nell’accredito della pensione la somma di 40 euro in più, invece che mettere in atto tutto questo complesso meccanismo burocratico, forse spendibile meglio mediaticamente. Quanto all’entità della cifra, prendiamo atto che corrisponde a un impegno di spesa di 170 milioni e che si spera, tra recupero di conti dormienti e proventi dell’Antitrust, di recuperarne altri 500. Ci limitiamo ad osservare che se fossero state proibite tutte le consulenze esterne agli enti locali, come da più parti invocato, si sarebbe potuta mettere da parte una cifra più che doppia a disposizione di tante famiglie in difficoltà. Per non parlare di tanti altri tagli alla casta…
giovedì 16 ottobre 2008
ROBERTO COTA A PISTOIA
Il Pd, sulla scuola, protesta contro se stesso
I fanciulli che hanno sfilato - nei giorni scorsi - contro la riforma Gelmini, non hanno colpe.
Non hanno colpa della loro ignoranza, del fatto che abbiano scandito slogans stantii, sempre gli stessi, buoni per ogni occasione. Dunque mai pertinenti e mai giusti.
Non hanno colpa nemmeno per il fatto di aver bruciato alcuni grembiuli. Certo, il gesto è stato forte, eccessivo. Ma sono fanciulli: in mancanza d’argomenti forti, s’affidano ad azioni dal forte valore simbolico.
Non hanno colpe, quei ragazzotti. Se gli viene fatto il lavaggio del cervello, se vengono date loro informazioni distorte, manipolate: è ovvio reagiscano in modo scomposto. D’altra parte a quella età, è permesso essere stolti ed incoscienti. Lo siamo stati tutti, chi più, chi meno.
La questione è un’altra, invece. E’ che la sinistra, sulla riforma della scuola, sta mentendo.
Non solo e semplicemente agli italiani, che già sarebbe grave: sta mentendo anche a se stessa.
Sta ripudiando, infatti, lo spirito riformista cui diceva di voler dare sostanza. E forse, sta finanche ripudiando se stessa. Sta tradendo se stessa.
Se è vero com’è vero, che alcune delle misure che la Gelmini vuole attuare - e che però il Pd contesta - sono le stesse suggerite da Luigi Berlinguer: già Ministro dell’Istruzione, al tempo del governo Prodi.
A dirlo, non è il sottoscritto. Ma un esponente del partito guidato da Veltroni: Franco Bassanini.
Che, non a caso, contesta aspramente le attuali prese di posizione del Pd, in materia:
“Se la Gelmini chiede l’applicazione di un articolo del regolamento dell’autonomia scolastica, una misura strategica della legge 59 che porta il mio nome, non posso dire che mi dispiace”.
Il giornalista, poi, chiede: “Prendiamo il regolamento sulle dimensioni delle istituzioni scolastiche del 1998. Dice che un ufficio di presidenza è uno spreco in un istituto con meno di 500 alunni e suggerisce di accorpare la scuola ad una più popolata. La Gelmini chiede che la regola sia applicata e l’opposizione protesta”.
E Bassanini replica:
“Chi si sposta da una scuola all’altra è il preside, non gli studenti. E’ un tipo di soluzione che consente di soddisfare esigenze contrastanti. Questa regola di un minimo di 500 alunni è stata decisa dall’allora ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ma io l’ho condivisa”.
“Una opposizione seria non può fare la guerra a misure che essa stessa ha voluto quando era al governo - quella misura io l’ho condivisa - a meno che non si sia resa conto che sono misure sbagliate. Ma allora perché non ha cambiato il decreto legislativo durante i due anni del governo Prodi?”.
Il Partito democratico, inoltre, sostiene che la Gelmini voglia sopprimere 4.000 scuole. Così non essendo, perché il Ministro dell’Istruzione vorrebbe venissero accorpate - ad opera delle Regioni - quelle che hanno meno di 50 studenti.
E anche su questo, Bassanini concorda:
“Se questo è vero, io penso che alcune critiche siano ingiustificate. Un istituto scolastico di dimensioni minori presenta tre tipi di problemi. Il primo riguarda i costi. In un edificio piccolo inevitabilmente il costo per alunno è più elevato. Inoltre resta difficile mantenere un alto livello di qualità dell’apprendimento. Accade quando ci sono troppi alunni per classe ma anche quando sono troppo pochi, anche a causa di un’insufficiente interazione tra bambini. Questo spinge verso l‘aggregazione di dimensioni ottimali e verso la chiusura di quelli troppo piccoli. Ma esiste anche un terzo problema, che è quello di non chiudere strutture scolastiche che hanno una funzione di presidio del territorio perché questo favorirebbe lo spopolamento. Occorre trovare un punto di equilibrio”.
Proprio così, un “punto di equilibrio”.
Il problema è che il Pd - come ha rilevato anche Galli della Loggia, ieri - su questa questione, come su altre, non è affatto intenzionato a cercare un “punto di equilibrio”; ad esprimere proposte nell’interesse della Nazione; a dare suggerimenti alla maggioranza, come in qualunque parte del mondo, farebbe una forza autenticamente riformista e di governo.
Il Pd, a quanto pare, sembra semplicemente interessato a vellicare gli istinti più rozzi ed incolti del proprio elettorato. E ad alimentare quell’antiberlusconismo di sostanza e di maniera, che - negli ultimi 15 anni - è stato l‘unica proposta politica (sic) formulata dalla sinistra italiana.
Il Paese meriterebbe una sinistra migliore. Una sinistra capace di governare, e di risolvere problemi.
E non una sinistra che, pur di opporsi ad un esecutivo di destra, arrivi a protestare contro se stessa; rinnegando misure che, non più tardi di qualche anno fa, convintamente ebbe ad adottare.
E’ ridicolo, tutto ciò.
Non hanno colpa della loro ignoranza, del fatto che abbiano scandito slogans stantii, sempre gli stessi, buoni per ogni occasione. Dunque mai pertinenti e mai giusti.
Non hanno colpa nemmeno per il fatto di aver bruciato alcuni grembiuli. Certo, il gesto è stato forte, eccessivo. Ma sono fanciulli: in mancanza d’argomenti forti, s’affidano ad azioni dal forte valore simbolico.
Non hanno colpe, quei ragazzotti. Se gli viene fatto il lavaggio del cervello, se vengono date loro informazioni distorte, manipolate: è ovvio reagiscano in modo scomposto. D’altra parte a quella età, è permesso essere stolti ed incoscienti. Lo siamo stati tutti, chi più, chi meno.
La questione è un’altra, invece. E’ che la sinistra, sulla riforma della scuola, sta mentendo.
Non solo e semplicemente agli italiani, che già sarebbe grave: sta mentendo anche a se stessa.
Sta ripudiando, infatti, lo spirito riformista cui diceva di voler dare sostanza. E forse, sta finanche ripudiando se stessa. Sta tradendo se stessa.
Se è vero com’è vero, che alcune delle misure che la Gelmini vuole attuare - e che però il Pd contesta - sono le stesse suggerite da Luigi Berlinguer: già Ministro dell’Istruzione, al tempo del governo Prodi.
A dirlo, non è il sottoscritto. Ma un esponente del partito guidato da Veltroni: Franco Bassanini.
Che, non a caso, contesta aspramente le attuali prese di posizione del Pd, in materia:
“Se la Gelmini chiede l’applicazione di un articolo del regolamento dell’autonomia scolastica, una misura strategica della legge 59 che porta il mio nome, non posso dire che mi dispiace”.
Il giornalista, poi, chiede: “Prendiamo il regolamento sulle dimensioni delle istituzioni scolastiche del 1998. Dice che un ufficio di presidenza è uno spreco in un istituto con meno di 500 alunni e suggerisce di accorpare la scuola ad una più popolata. La Gelmini chiede che la regola sia applicata e l’opposizione protesta”.
E Bassanini replica:
“Chi si sposta da una scuola all’altra è il preside, non gli studenti. E’ un tipo di soluzione che consente di soddisfare esigenze contrastanti. Questa regola di un minimo di 500 alunni è stata decisa dall’allora ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ma io l’ho condivisa”.
“Una opposizione seria non può fare la guerra a misure che essa stessa ha voluto quando era al governo - quella misura io l’ho condivisa - a meno che non si sia resa conto che sono misure sbagliate. Ma allora perché non ha cambiato il decreto legislativo durante i due anni del governo Prodi?”.
Il Partito democratico, inoltre, sostiene che la Gelmini voglia sopprimere 4.000 scuole. Così non essendo, perché il Ministro dell’Istruzione vorrebbe venissero accorpate - ad opera delle Regioni - quelle che hanno meno di 50 studenti.
E anche su questo, Bassanini concorda:
“Se questo è vero, io penso che alcune critiche siano ingiustificate. Un istituto scolastico di dimensioni minori presenta tre tipi di problemi. Il primo riguarda i costi. In un edificio piccolo inevitabilmente il costo per alunno è più elevato. Inoltre resta difficile mantenere un alto livello di qualità dell’apprendimento. Accade quando ci sono troppi alunni per classe ma anche quando sono troppo pochi, anche a causa di un’insufficiente interazione tra bambini. Questo spinge verso l‘aggregazione di dimensioni ottimali e verso la chiusura di quelli troppo piccoli. Ma esiste anche un terzo problema, che è quello di non chiudere strutture scolastiche che hanno una funzione di presidio del territorio perché questo favorirebbe lo spopolamento. Occorre trovare un punto di equilibrio”.
Proprio così, un “punto di equilibrio”.
Il problema è che il Pd - come ha rilevato anche Galli della Loggia, ieri - su questa questione, come su altre, non è affatto intenzionato a cercare un “punto di equilibrio”; ad esprimere proposte nell’interesse della Nazione; a dare suggerimenti alla maggioranza, come in qualunque parte del mondo, farebbe una forza autenticamente riformista e di governo.
Il Pd, a quanto pare, sembra semplicemente interessato a vellicare gli istinti più rozzi ed incolti del proprio elettorato. E ad alimentare quell’antiberlusconismo di sostanza e di maniera, che - negli ultimi 15 anni - è stato l‘unica proposta politica (sic) formulata dalla sinistra italiana.
Il Paese meriterebbe una sinistra migliore. Una sinistra capace di governare, e di risolvere problemi.
E non una sinistra che, pur di opporsi ad un esecutivo di destra, arrivi a protestare contro se stessa; rinnegando misure che, non più tardi di qualche anno fa, convintamente ebbe ad adottare.
E’ ridicolo, tutto ciò.
SCUOLA/ Le classi di inserimento per gli stranieri non sono ghetti, ma un’occasione di integrazione
Impressionante. Quando la sinistra – non quella riformista ma ideologica – parte, non la si può più fermare nella corsa a sfasciare tutto. Nel campo della scuola avevamo previsto già mesi fa proprio su Il Sussidiario questo andazzo. Scrivevamo che Veltroni avrebbe cercato di compattare la sua leadership lanciando le truppe tradizionalmente fedeli contro il governo. E dover trovarle se non nella scuola e nell’università? Ecco fatto. Dunque scioperi, occupazioni eccetera. Il tutto sulla base di proclami astratti, con accuse surreali addirittura di razzismo indirizzati alla maggioranza e al ministro Gelmini in particolare.
Ci riferiamo in particolare alla mozione della Lega sulla formazione delle classi, che è stata fatto propria anche dal Popolo della libertà. L’idea è molto semplice, e nasce da una considerazione pratica. Oggi molti bambini e ragazzi stranieri entrano nella scuola senza sapere l’italiano. Non solo: spesso sono la maggioranza. Il risultato è una particolare lentezza nello sviluppo dei programmi, tale per cui molte famiglie italiane preferiscono trasferire altrove i propri figli. Sarà ingiusto, ma accade così. Il risultato è che nascono classi-ghetto, dove la maggioranza o addirittura la grande maggioranza degli alunni sono stranieri, proveniente dalle più svariate nazionalità. Il risultato è il caos. Si parli con insegnanti non ideologizzati: converranno. La richiesta viene proprio dal mondo della scuola. Si tratta di creare una corsia che renda agevole l’inserimento. Dove sta lo scandalo? Famiglia cristiana è partita lancia in resta con la solita accusa: razzismo, una mozione che spinge alla espulsione. In realtà si tratta esattamente del contrario. Nasce dalla volontà di integrazione, non di discriminazione. Ed è una vera vergogna che Piero Fassino si sia impancato a dare giudizi morale sul prossimo, sostenendo con linguaggio violento che si tratterebbe di una «abiezione tanto più grave perché diretta contro i bambini, contro i più piccoli». Oltretutto queste classi di transizione saranno frequentate solo da chi effettivamente non parla l’italiano, perché la si dovrà frequentare se non si supera un test di comprensione. Dopo di che nessuna classe potrà più avere un numero di stranieri che possano trasformarla in una enclave di questa o quella nazionalità.
Cose semplici. Pragmatiche. Un paragone tra metodologie, dove nessuno dovrebbe dare lezioni di limpida coscienza umanitaria all’altro. Invece è venuto giù il mondo. Sindacati, partiti, intellettuali: i bambini extracomunitari sono sembrati essere la preda ambita di una caccia infame. Il tutto è stato abilmente innescato da titoli di quotidiani monocordi. Repubblica: «A scuola classi solo per immigrati». E il Corriere: «Sì a classi separate per stranieri». Con tanto di morale fatta trarre dal direttore di Famiglia cristiana: «Altro che integrazione. Così si punta all’espulsione».
Serietà, merito, disciplina, riconoscimento dell’autorità, tentativo di introdurre i bambini in un mondo culturale dove il dato dominante della nostra tradizione non sia annacquato, senza negare le differenze ma valorizzandole. Per valorizzarsi però bisogna capirsi. Prepararsi per capirsi, secondo modi che non offendano alcuno, sarà l’impegno del governo. Partire negando la buona fede del governo e della maggioranza significa trattare da razzista la più parte degli italiani che ha voglia di cambiare la scuola anche attraverso pochi e chiari punti fermi.
Vedremo se poi il governo avrà il coraggio, come chiesto da chi finora lo ha difeso, di aprire realmente alla parità scolastica, senza cui gli impegni di serietà, merito e autorità sarebbero affidati alla solita burocrazia di Stato.
Renato Farina, Il Sussidiario, 16 Ottobre 2008
mercoledì 15 ottobre 2008
Travaglio condannato a 8 mesi di galera
“Il tribunale di Roma ha condannato il giornalista Marco Travaglio (collaboratore tra l’altro della trasmissione di Rai2 «Anno Zero» condotta da Michele Santoro) a 8 mesi di reclusione, 100 euro di multa per diffamazione ai danni dell’ex ministro della Difesa e parlamentare di Forza Italia Cesare Previti in relazione ad un articolo pubblicato dal settimanale «L’Espresso» il 3 ottobre del 2002 dal titolo: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia». Il giudice ha deciso anche un risarcimento di 20 mila euro per Previti. E’ stata condannata anche Daniela Hamaui, come direttore responsabile del settimanale, a 5 mesi e 75 euro di multa. Per entrambi gli imputati la pena è sospesa” (Corriere della Sera).
OKKUPATI A CONSERVARE
di Gabriele Canè
FORSE, bisognerebbe arrivare a una situazione Alitalia. Il commissario, lo spettro del fallimento, le inevitabili convulsioni, e infine la rinascita da una base di ritrovata ragionevolezza. Forse la scuola italiana, i cui bilanci economici ed educativi sono al collasso, avrebbe bisogno di un percorso di questo tipo per uscire dalle sabbie mobili dei rituali e degli slogan. Del nulla, insomma, per entrare nel terreno della concretezza. Che può darsi non sia in tutto o in parte quello della riforma Gelmini, ma che di sicuro non è il penoso, trito, ritornello di «no» ideologico-politici che stiamo ascoltando in questi giorni. Con il solito personale che grida allattentato alla sopravvivenza, anche se sono troppe le bocche da sfamare con i budget che passa il convento-Italia; con i soliti studenti che «okkupano» i licei perché alle elementari torna il grembiule, o perché i risparmi di domani (e non la voragine debitoria di oggi) uccideranno (chissà perché) la scuola pubblica; con i soliti genitori che fanno le veci dei loro figli troppo piccoli per presidiare un asilo e passare le notti in bianco a deplorare la dittatura di Berlusconi; con le solite autorità che consentono che accada nella scuola ciò che è vietato in ogni altro posto, legalizzando una sorta di extraterritorialità simile a quella degli stadi. Per cui, occupare un ufficio postale o impedirne il regolare funzionamento è un reato immediatamente represso dalle forze dellordine, mentre bloccare le lezioni in un liceo per giorni e giorni resta permesso, e anzi nobilmente commentato come momento di crescita culturale e politica. Con una Università che dovrebbe portare i conti e se stessa in tribunale, e che invece grida allomicidio di Stato per una disastro finanziario auto-provocato con la moltiplicazione delle cattedre e delle clientele, con il fannullonismo (in molti casi) da quattro ore a settimana di lavoro in cambio di un buon stipendio mensile.TUTTA ROBA, come si vede, di un mondo che non cè più, di una economia finiti, cancellati, soppressi. Ovunque, meno che da noi. Perché è vero che un bene fondante come listruzione non può essere ancorato a un puro equilibrio costi-ricavi. Ci mancherebbe. Ma è altrettanto certo, che il deficit finanziario (che in Italia, tra laltro, non ha certo prodotto uneccellenza pedagogica, come confermano le classifiche internazionali) non può essere la regola. Tanto meno il deficit educativo, ovviamente, che appare a tutti palese, crescente, enorme. A tutti, tranne agli ultra conservatori delle «notti bianche», e delle «okkupazioni». Quelli che vorrebbero tramandare di padre in figlio la propria cultura. Anche quella dellignoranza.
La Nazione, 15 Ottobre 2008
Luce fioca, studio dimesso, Albano e Romina in cirillico: il triste debutto della tv del Pd
YOUDEM SUL SATELLITE E VIA INTERNET
di MARCELLA COCCHI ROMA
COLOR VERDINO pallido, immagine fissa. Sotto il logo di Youdem tv cè scritto Start. Ma alle 9,30 lora in cui sarebbe dovuta partire la tv del Pd non debutta nulla. Lo schermo si fa a righe: ricordate la Rai di qualche tempo fa, quando si interrompevano i programmi? Il ritardo cresce. Alle 10 si appalesa una giovane giornalista un po pallida con foulard beige ancor più pallido, la luce dello studio è tenue: parte la rassegna stampa. Ma dovè Michele Serra? «Serra darà il via alle danze» annunciava lUnità nel presentare la tv di partito. Macché, il giornalista-scrittore non si vede. «Cè stato un problema nel collegamento webcam spiegherà poi il responsabile comunicazione on line del Pd, Francesco Verducci ma domani (oggi, ndr.) Serra interverrà». Unora dopo, allesordio nella tv da lui presentata in estate, Walter Veltroni affronta limbarazzo: «Partiamo un po come partono i giornali nuovi, arrivando tardi in edicola». Dunque, a un anno dalle primarie del Pd e precedendo di 20 giorni la dalemiana Red tv che sarà levoluzione di Nessunotv, ha debuttato sul web e sul satellite (canale 813 di Sky) quello che Veltroni aveva dipinto come un sogno mediatico: «non un tradizionale palinsesto», «tv orizzontale e aperta», «il primo progetto di social tv al mondo». In verità, negli Usa esistono da tempo strumenti comunicativi interattivi con i contributi di chi sta dallaltra parte dello schermo (Youdem si rifa alla tv di Al Gore).Ma tantè, partita è partita. Anche se qualcuno, vedendo tanti mini notiziari un po bui, intermezzi lunghi con musichetta datmosfera, video musicali archeologici (Albano e Romina che cantano sottotitolati in cirillico), lo studio verdino pallido forse si sarà chiesto se non si trattasse di una parodia della tv albanese. Certo, ci sono i focus su Obama e sui temi ambientali (prima puntata: meglio lacqua del rubinetto o in bottiglia?), cè il presentatore del programma Dem che lusinga gli ospiti: ieri, oltre al segretario pd, il direttore del Tg1 Riotta, che ha subito ricambiato la cortesia: «Cè bisogno di voci diverse, come la vostra...». Il tutto condito con i video artigianali realizzati dai fan di Youdem. Altroché vip e starlette. A fine giornata lufficio stampa fa sapere che il sito è saltato più volte per via dei troppi contatti. INTANTO, sul sito di Beppe Grillo, esiste già la parodia di Youdem, con sottotitolo Tu dormi, loro vincono. E i cugini di partito? DAlema ha registrato un messaggio dauguri. Claudio Caprara, artefice della «tv coi baffi» dispirazione dalemiana si trincera dietro un diplomatico «mi pare siano andati bene», ma nel frattempo scalda i motori per il 4 novembre (giorno del via di Red) e annuncia: «Di certo noi non promuoveremo quello che fa il partito, ma ci rivolgeremo al mercato». Perfino il direttore di uno dei due quotidiani del Pd (Europa) non può nasconderlo: «Penso ha scritto Stefano Menichini che la rivalità insanabile Veltroni-DAlema spedita sul satellite faccia un po ridere».
La Nazione, 15 Ottobre 2008
LECONOMISTA DEMOCRATICO BENEDICE I PROVVEDIMENTI DEL GOVERNO E RILANCIA: «GIÙ LE TASSE»
Rossi: «Rinviare la manifestazione del Pd»
LA VERSIONE italiana del piano salva-banche è «più che ragionevole». Anzi, «fosse per me aggiunge lintervistato ora bisognerebbe ridurre il carico fiscale, tagliando le spese». Quanto al Pd in piazza, «sarebbe meglio rinviare la manifestazione». Mettendo in fila le dichiarazioni delleconomista pd Nicola Rossi, sembrano quelle di un esponente di centrodestra più che dellopposizione.Senatore Rossi, a differenza di quanto avviene negli altri Paesi, il ministro Tremonti non quantifica il fondo anti-crisi. E' d'accordo?«Sì, ha ragione Tremonti quando dice stanzieremo quanto serve perché è inutile quantificare obiettivi. In questo momento, arrischiare previsioni poco credibili è proprio da evitare».Per salvare le banche non ne risentirà il bilancio dello Stato?«Innanzitutto non è affatto detto che debbano essere sborsati soldi. Diversamente, si passerà allimmissione di debito oppure si metterà mano ad alcune voci di spesa».La Francia tirerà fuori 300miliardi, 500 la Germania, una Finanziaria italiana ne muove appena 36: le pare strano se i cittadini si chiedono cosa verrà tagliato?«Se lingresso nel capitale viene fatto correttamente il valore delle aziende in cui si entra potrebbe rivalutarsi. Voglio dire: non escludo che lo Stato potrebbe addirittura guadagnarci».Riassumendo, pare che quanto fatto dal governo lei lo condivida in pieno...«Penso che si sia agito bene, aggiungo che ora bisognerebbe fare un passo in più: ridurre il carico fiscale, finanziandolo con i tagli alle inefficienze della spesa pubblica». Questa è la linea del Pd? «No, questa è la mia opinione. Quella del Pd la deve chiedere al ministro ombra Bersani».Mi scusi, lei è membro della commissione bilancio al Senato per il Pd. Come partito starete lavorando a una visione comune...«Ripeto: quella è la mia idea. Telefoni a Morando (coordinatore del Pd, ndr.). Io posso dire che in commissione bilancio al Senato la pensano tutti come me».E in piazza cosa andrà a fare il Pd, dato che voterete il decreto del governo?«Infatti, secondo me, sarebbe meglio rinviare la manifestazione».Ha ragione Veltroni quando sostiene che cè crisi per colpa delle destre?«Lamministrazione Bush non ha aiutato, ma le colpe sono di chi non ha prezzato adeguatamente il rischio, di chi non ha fatto controlli».Sta dicendo che lad di Unicredit va punito?«Ma cosa dice? Nel caso di Profumo, con lesplicita presa di posizione in suo favore degli azionisti, non si pone proprio il problema».
Marcella Cocchi, La Nazione, 14 Ottobre 2008
LA VERSIONE italiana del piano salva-banche è «più che ragionevole». Anzi, «fosse per me aggiunge lintervistato ora bisognerebbe ridurre il carico fiscale, tagliando le spese». Quanto al Pd in piazza, «sarebbe meglio rinviare la manifestazione». Mettendo in fila le dichiarazioni delleconomista pd Nicola Rossi, sembrano quelle di un esponente di centrodestra più che dellopposizione.Senatore Rossi, a differenza di quanto avviene negli altri Paesi, il ministro Tremonti non quantifica il fondo anti-crisi. E' d'accordo?«Sì, ha ragione Tremonti quando dice stanzieremo quanto serve perché è inutile quantificare obiettivi. In questo momento, arrischiare previsioni poco credibili è proprio da evitare».Per salvare le banche non ne risentirà il bilancio dello Stato?«Innanzitutto non è affatto detto che debbano essere sborsati soldi. Diversamente, si passerà allimmissione di debito oppure si metterà mano ad alcune voci di spesa».La Francia tirerà fuori 300miliardi, 500 la Germania, una Finanziaria italiana ne muove appena 36: le pare strano se i cittadini si chiedono cosa verrà tagliato?«Se lingresso nel capitale viene fatto correttamente il valore delle aziende in cui si entra potrebbe rivalutarsi. Voglio dire: non escludo che lo Stato potrebbe addirittura guadagnarci».Riassumendo, pare che quanto fatto dal governo lei lo condivida in pieno...«Penso che si sia agito bene, aggiungo che ora bisognerebbe fare un passo in più: ridurre il carico fiscale, finanziandolo con i tagli alle inefficienze della spesa pubblica». Questa è la linea del Pd? «No, questa è la mia opinione. Quella del Pd la deve chiedere al ministro ombra Bersani».Mi scusi, lei è membro della commissione bilancio al Senato per il Pd. Come partito starete lavorando a una visione comune...«Ripeto: quella è la mia idea. Telefoni a Morando (coordinatore del Pd, ndr.). Io posso dire che in commissione bilancio al Senato la pensano tutti come me».E in piazza cosa andrà a fare il Pd, dato che voterete il decreto del governo?«Infatti, secondo me, sarebbe meglio rinviare la manifestazione».Ha ragione Veltroni quando sostiene che cè crisi per colpa delle destre?«Lamministrazione Bush non ha aiutato, ma le colpe sono di chi non ha prezzato adeguatamente il rischio, di chi non ha fatto controlli».Sta dicendo che lad di Unicredit va punito?«Ma cosa dice? Nel caso di Profumo, con lesplicita presa di posizione in suo favore degli azionisti, non si pone proprio il problema».
Marcella Cocchi, La Nazione, 14 Ottobre 2008
BUON COMPLEANNO PD!
Il PD compie un anno! Così giovane eppure gia vecchio; AUGURI!
(...) Sempre a Bologna, festa sì, ma... di compleanno. Martedì 14 ottobre, alle ore 20, nella Sala Falcone Borsellino del Centro Civico del Quartiere Reno, in via Battindarno 123, si terrà l’appuntamento dal titolo “Il PD compie un anno!”.A un anno di distanza dalle Primarie del 14 ottobre con cui sono stati eletti il segretario nazionale e regionale del Partito Democratico, il PD di Bologna festeggia il primo compleanno del partito. All’incontro parteciperanno Andrea De Maria, segretario del PD di Bologna, Salvatore Caronna, segretario del PD dell’Emilia-Romagna, Claudio Merighi, presidente del gruppo PD del Comune di Bologna, e Vincenzo Naldi, presidente del Quartiere Reno. Presenterà l’iniziativa Romolo Sozzi, segretario dell’Unione PD Reno.
da www.festademocratica.it (a proposito, ma Walter non ci va alla festa?)
A noi sembra che ci sia poco da festeggiare! (e forse non solo a noi!!!)
Addio Democratici Si torna a Ds e Ppi
Dal «Grande Balzo In Avanti» al «Grande Balzo all’Indietro». Sta capitando al Pd di Veltroni la stessa sorte che toccò alla rivoluzione di Mao Ze Dong. Il «Grande Balzo» doveva attuare una straordinaria modernizzazione e finì nel ’60 con una carestia che costò decine di milioni di morti. Al Pd andrà meglio, non ci saranno vittime, ma già si annusa aria da grande ritirata. Il fine settimana scorso ha visto la rinascita degli ex Ppi. Ad Assisi si sono riuniti a convegno tutti i leader dell’ex partitino nato dopo la morte della grande Dc. Sotto la guida di Franco Marini, con Giuseppe Fioroni a fare da padrone di casa e Dario Franceschini nell’eterno ruolo di attor giovane, i popolari si sono ricostituiti. Per il Pd si è creata una situazione di pre-scissione permanente. (...) segue su: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=297840
Scuola, ecco le bugie di chi vuol fare la guerra alla riforma
Di Giorgio Vittadini
Si odono nuovi venti di guerra sulla scuola dove non solo la Cgil, ma anche le sigle autonome e la Cisl, minacciano uno sciopero generale contro le riforme del ministro Gelmini in approvazione in Parlamento. Hanno ragione?
Verifichiamolo. Si paventa la riduzione delle risorse come motivo di un ulteriore peggioramento della qualità della scuola italiana. Si dimentica tuttavia che siamo già nei primi posti, tra i Paesi dell’Ocse, come spesa per istruzione primaria e secondaria superiore, ma ciò non incide sulla qualità. Hanushek, studioso di sistemi scolastici, ha infatti dimostrato che non esiste correlazione tra spesa per la scuola e sua qualità. Inoltre l’Italia ha già un numero di ore di insegnamento elevato (nella fascia 7-11 anni supera del 20% la media dei Paesi Ocse), ma ai primi posti per la qualità nell’apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno.
Il fatto è che, come dimostra un altro grande studioso di sistemi scolastici, Wossmann, determinante per la qualità è piuttosto il grado di autonomia delle scuole per quel che riguarda programmi, budget, determinazione dello stipendio degli insegnanti. Qui stanno le dolenti note del sistema italiano: la spesa del ministero dell’Istruzione è per il 96,98% spesa per il personale che, né preside, né chicchessia, può in alcun modo intervenire a modificare e razionalizzare.
Non solo, il numero degli insegnanti in Italia supera quello della media Ocse. Chi oppone il fatto che questo dipenda dalla particolare configurazione del territorio italiano, per cui bisogna assicurare l’istruzione anche nelle aree rurali e di montagna, dovrebbe riflettere sul fatto che la nostra legislazione è stata quantomeno di manica larga nel concedere lo status di “comune montano” a circa 4200 comuni, circa la metà di tutti i comuni italiani! Oppure deve interrogarsi sul perché anche in aree omogenee, socialmente e territorialmente, il numero di insegnanti per classe è molto diverso, segnalando che in certi posti vige un clientelismo ammantato da ragioni sociali.
Pur rispettando le garanzie sociali, occorre chiedersi inoltre se sia davvero necessario un numero così elevato di insegnanti di sostegno (oltre il 10% degli insegnanti complessivi), con un costo che è arrivato a superare i 4 miliardi di euro, al punto che lo stesso governo Prodi aveva predisposto norme ancora non attuate per un accertamento più rigoroso degli handicap. La verità è che si è usata la scuola come strumento per creare occupazione fittizia a discapito della qualità e contro gli stessi insegnanti che hanno una paga da fame e non proporzionata al merito.
Per questo la guerra dei sindacati contro una riduzione del personale, prevista soprattutto con la non sostituzione di parte del personale che andrà in pensione nei prossimi anni, è pura e prepotente battaglia corporativa che ignora, oltre alla realtà dei fatti, le associazioni professionali degli insegnanti e il giudizio di ogni cittadino, utente del servizio. Si abbia il coraggio di ignorare il loro sciopero che è “generale” solo nei proclami.
(Il Giornale, 14 Ottobre 2008)
Si odono nuovi venti di guerra sulla scuola dove non solo la Cgil, ma anche le sigle autonome e la Cisl, minacciano uno sciopero generale contro le riforme del ministro Gelmini in approvazione in Parlamento. Hanno ragione?
Verifichiamolo. Si paventa la riduzione delle risorse come motivo di un ulteriore peggioramento della qualità della scuola italiana. Si dimentica tuttavia che siamo già nei primi posti, tra i Paesi dell’Ocse, come spesa per istruzione primaria e secondaria superiore, ma ciò non incide sulla qualità. Hanushek, studioso di sistemi scolastici, ha infatti dimostrato che non esiste correlazione tra spesa per la scuola e sua qualità. Inoltre l’Italia ha già un numero di ore di insegnamento elevato (nella fascia 7-11 anni supera del 20% la media dei Paesi Ocse), ma ai primi posti per la qualità nell’apprendimento vi sono Paesi dove si sta a scuola molto meno.
Il fatto è che, come dimostra un altro grande studioso di sistemi scolastici, Wossmann, determinante per la qualità è piuttosto il grado di autonomia delle scuole per quel che riguarda programmi, budget, determinazione dello stipendio degli insegnanti. Qui stanno le dolenti note del sistema italiano: la spesa del ministero dell’Istruzione è per il 96,98% spesa per il personale che, né preside, né chicchessia, può in alcun modo intervenire a modificare e razionalizzare.
Non solo, il numero degli insegnanti in Italia supera quello della media Ocse. Chi oppone il fatto che questo dipenda dalla particolare configurazione del territorio italiano, per cui bisogna assicurare l’istruzione anche nelle aree rurali e di montagna, dovrebbe riflettere sul fatto che la nostra legislazione è stata quantomeno di manica larga nel concedere lo status di “comune montano” a circa 4200 comuni, circa la metà di tutti i comuni italiani! Oppure deve interrogarsi sul perché anche in aree omogenee, socialmente e territorialmente, il numero di insegnanti per classe è molto diverso, segnalando che in certi posti vige un clientelismo ammantato da ragioni sociali.
Pur rispettando le garanzie sociali, occorre chiedersi inoltre se sia davvero necessario un numero così elevato di insegnanti di sostegno (oltre il 10% degli insegnanti complessivi), con un costo che è arrivato a superare i 4 miliardi di euro, al punto che lo stesso governo Prodi aveva predisposto norme ancora non attuate per un accertamento più rigoroso degli handicap. La verità è che si è usata la scuola come strumento per creare occupazione fittizia a discapito della qualità e contro gli stessi insegnanti che hanno una paga da fame e non proporzionata al merito.
Per questo la guerra dei sindacati contro una riduzione del personale, prevista soprattutto con la non sostituzione di parte del personale che andrà in pensione nei prossimi anni, è pura e prepotente battaglia corporativa che ignora, oltre alla realtà dei fatti, le associazioni professionali degli insegnanti e il giudizio di ogni cittadino, utente del servizio. Si abbia il coraggio di ignorare il loro sciopero che è “generale” solo nei proclami.
(Il Giornale, 14 Ottobre 2008)
Giannino: a Scalfari non piace Milano per colpa di CdO e Cl? L’ultima “scomunica” di chi parla di una realtà senza conosce
Di Oscar Giannino
Milano città egoista e leghista, chiusa nel suo particolare e soggetta a una cupola «come quella di Formigoni, Cl e Compagnia delle opere, che non esiste in alcuna altra parte del Paese, nemmeno la mafia a Palermo ha tanto potere». Questa la sintesi, su Repubblica di Milano ieri, della presentazione meneghina del libro “L’uomo che non credeva in Dio”, da parte dell’autore, Eugenio Scalfari. Sono parole e giudizi pesanti come pietre.
Poiché provengo da una cultura per molti versi del tutto coincidente con quella evocata da Scalfari, la cultura che nei decenni trascorsi considerava il meglio di Milano espresso dai cosiddetti “banchieri laici” come Raffaele Mattioli della Comit ed Enrico Cuccia in Mediobanca, sono particolarmente colpito dall’asprezza dei giudizi.
Non li condivido praticamente in nulla. E non si tratta affatto di animosità nei confronti di Scalfari, o verso il ruolo che esercitano ogni giorno nella vita nazionale il giornale di cui è stato fondatore e il gruppo editoriale al quale appartiene. La questione è un’altra, secondo me. Mi viene da dire che si tratta di giudizi che esprimono una sostanziale incapacità di vedere e capire di che cosa si stia parlando. E poiché ho molte difficoltà ad attribuire a Scalfari difetti di comprensione tanto gravi, posso solo pensare che su tutto prevalga un malinteso segno politico, e dico malinteso perché in definitiva pare a me che la condanna scalfariana - è sempre più così in lui, da parecchi anni a questa parte - poggi le sue basi su un anatema di carattere etico. Che però comprende e accomuna fenomeni tra loro totalmente diversi, per il solo fatto che essi rappresenterebbero gambe e braccia di un nemico comunque identitariamente come tale concepito, descritto e combattuto.
Dico “nemico” perché la ripulsa morale di tutto ciò che a Milano, in Lombardia e nel Nord si è espresso da ormai parecchi anni in maniera comunque distinta e distante dalle leadership e dalle politiche locali e nazionali sostenute dal centrosinistra, finisce per alimentare agli occhi dell’alfiere più intemerato di quel centrosinistra una sorta di continuum dell’abnorme e del difforme. Tanto che si tengono insieme come tratti comuni discendenti da un’unica matrice morale - il presunto inaridimento etico avvenuto nella “Milano da bere” craxiana - fenomeni che con quella matrice o c’entrano nulla perché precedenti e separati, o comunque solo successivi nel tempo ma non per questo teleologicamente collegati.
Quattro, sono i condannati a Milano da Scalfari. La buona borghesia milanese, sotto il capo d’imputazione di non esser più capace di solidarietà. I banchieri, dimentichi della tradizione laica. La Lega, naturalmente. Infine la presunta “cricca” formigoniana, Cl e Compagnia delle Opere, che dei tre condannati precedenti rappresenta per molti versi la sintesi di depravazione più seria, in quanto raffigurata come integralista, dedita al malaffare, oligarchica e irriducibile a ogni sana fisiologia della democrazia rappresentativa.
Vediamo di andare per ordine, allora. (...)
Milano città egoista e leghista, chiusa nel suo particolare e soggetta a una cupola «come quella di Formigoni, Cl e Compagnia delle opere, che non esiste in alcuna altra parte del Paese, nemmeno la mafia a Palermo ha tanto potere». Questa la sintesi, su Repubblica di Milano ieri, della presentazione meneghina del libro “L’uomo che non credeva in Dio”, da parte dell’autore, Eugenio Scalfari. Sono parole e giudizi pesanti come pietre.
Poiché provengo da una cultura per molti versi del tutto coincidente con quella evocata da Scalfari, la cultura che nei decenni trascorsi considerava il meglio di Milano espresso dai cosiddetti “banchieri laici” come Raffaele Mattioli della Comit ed Enrico Cuccia in Mediobanca, sono particolarmente colpito dall’asprezza dei giudizi.
Non li condivido praticamente in nulla. E non si tratta affatto di animosità nei confronti di Scalfari, o verso il ruolo che esercitano ogni giorno nella vita nazionale il giornale di cui è stato fondatore e il gruppo editoriale al quale appartiene. La questione è un’altra, secondo me. Mi viene da dire che si tratta di giudizi che esprimono una sostanziale incapacità di vedere e capire di che cosa si stia parlando. E poiché ho molte difficoltà ad attribuire a Scalfari difetti di comprensione tanto gravi, posso solo pensare che su tutto prevalga un malinteso segno politico, e dico malinteso perché in definitiva pare a me che la condanna scalfariana - è sempre più così in lui, da parecchi anni a questa parte - poggi le sue basi su un anatema di carattere etico. Che però comprende e accomuna fenomeni tra loro totalmente diversi, per il solo fatto che essi rappresenterebbero gambe e braccia di un nemico comunque identitariamente come tale concepito, descritto e combattuto.
Dico “nemico” perché la ripulsa morale di tutto ciò che a Milano, in Lombardia e nel Nord si è espresso da ormai parecchi anni in maniera comunque distinta e distante dalle leadership e dalle politiche locali e nazionali sostenute dal centrosinistra, finisce per alimentare agli occhi dell’alfiere più intemerato di quel centrosinistra una sorta di continuum dell’abnorme e del difforme. Tanto che si tengono insieme come tratti comuni discendenti da un’unica matrice morale - il presunto inaridimento etico avvenuto nella “Milano da bere” craxiana - fenomeni che con quella matrice o c’entrano nulla perché precedenti e separati, o comunque solo successivi nel tempo ma non per questo teleologicamente collegati.
Quattro, sono i condannati a Milano da Scalfari. La buona borghesia milanese, sotto il capo d’imputazione di non esser più capace di solidarietà. I banchieri, dimentichi della tradizione laica. La Lega, naturalmente. Infine la presunta “cricca” formigoniana, Cl e Compagnia delle Opere, che dei tre condannati precedenti rappresenta per molti versi la sintesi di depravazione più seria, in quanto raffigurata come integralista, dedita al malaffare, oligarchica e irriducibile a ogni sana fisiologia della democrazia rappresentativa.
Vediamo di andare per ordine, allora. (...)
lunedì 13 ottobre 2008
Le menzogne dei complottisti Sull'11 settembre sbugiardati Dario Fo e Compagni (per l'ennesima volta)
di Andrea B. Nardi, LOccidentale, 11 Ottobre 2008
Dario Fo, Giulietto Chiesa, Maurizio Blondet, Franco Cardini: la loro personale verità sull’11/9 era diventata la bandiera dei complottisti antiamericani e giudeofobi. La realtà invece è molto diversa… La pletora di foto e video ora disponibile nei dossier e nelle inchieste dimostra come questi signori abbiano raccontato ai loro ingenui seguaci sempre e soltanto delle incredibili fandonie.
Per anni Dario Fo ha scandito la celebre frase «cinque metri, ripeto, cinque metri» riferendosi alla breccia causata sulla facciata del Pentagono dall’attentato aereo dell’11/9: evidentemente troppo piccola (delizioso il video in cui l’anziano saltimbanco pontifica davanti a una lavagnetta scientificamente disegnata a matita). Questa frase era diventata bandiera per tutto il gruppo di adepti di Giulietto Chiesa & Compagni avidi di propagandare la loro personale verità sull’11/9. Quanto invece sia diversa la realtà lo dimostrano senza ombra di dubbio i nuovi video e le nuove foto pubblicate, confermando tutti i libri le cui inchieste smascherano una per una le fanta-teorie menzognere dei complottisti. Per la cronaca, i danni suddetti interessarono non solo la facciata del Pentagono ma si addentrarono sino al terzo anello interno, e orizzontalmente coprivano una larghezza complessiva di circa 54 metri, mentre l’apertura della famosa breccia non fu di cinque metri bensì di oltre 35, perfettamente compatibile con l’apertura alare di un Boeing 757 che è, come si sa, di 38,05 metri.
Ma non è un caso che si sia qui preso l’avvio dal comico Dario Fo, infatti, pur nelle infinite tragedie conseguite a quel giorno, queste dichiarazioni sue e dei suoi compagni di merenda emergono con una tale prepotente comicità da meritarne menzione. Una fra tutte (occorre un volume intero per citare interamente le castronerie dei complottisti, e ve ne daremo infatti i titoli), questa dei “cinque metri”, appunto, appartiene a filmati e foto usati dai medesimi complottisti dove è sufficiente prendere un semplice righello e misurare per rendersi conto della malafede di questi: in pratica le loro stesse presunte prove sono proprio le prove della loro falsità, a meno che i soccorritori in proporzione non fossero alti pochi centimetri. Questo ovviamente non è l’unico divertente autogol dei complottisti, potendosi citare, per esempio, le foto usate da Thierry Meyssan e pubblicate sul suo sito Asile.org per denunciare come il Pentagono fosse perfettamente intatto attorno al punto dell’esplosione, mentre proprio da quelle immagini si vede bene la serie di pareti carbonizzate e danneggiate fin dentro le aree interne dell’edificio. La pletora di foto e video ora disponibile sia nei dossier che nelle inchieste (che non sono «una sola, ufficiale» come blaterato dai complottisti, bensì otto fra governative, federali, giudiziarie, e militari, e una quantità impressionante di tecnico-scientifiche e giornalistiche) illustra semplicemente due cose: la prima è che questi signori hanno sempre raccontato soltanto fandonie ai loro ingenui seguaci, e la seconda è che per avallare le loro tesi false non hanno mai esitato a manipolare la verità mostrando foto e documenti incompleti, incongrui (inquadrature tagliate, o coperte dal fumo e dal getto degli idranti), e nascondendo attentamente quelli chiari e probanti (per esempio le foto – disponibili – coi rottami del volo AA77: si veda il libro Firefight: Inside the Battle to Save the Pentagon on 9/11, scritto dal vigile del fuoco e riservista dell’esercito statunitense Patrick Creed e dal giornalista Rick Newman).
Gli esempi comici non finiscono qui. C’è per esempio Maurizio Blondet, un personaggio che ha fatto dell’antisemitismo la sua ragione di vita, e che in Tv si perita d’affermare con supponenza: «Quel fumo così nero [nelle Twin Towers] dice che l’incendio all’interno stava soffocando, già pochi minuti dopo l’impatto, per mancanza d’aria. Ciò significa che il fuoco era spento», di conseguenza – secondo Blondet – le Torri non caddero a causa dell’impatto con gli aerei. Peccato che qualsiasi studente di chimica sappia che il colore del fumo informa circa la natura delle particelle disperse e dunque del combustibile che ha partecipato alla reazione. Il colore nero indica solo la combustione prevalente di idrocarburi e/o polimeri, e la teoria della mancanza d’ossigeno è una sciocchezza. Ma Blondet continua raccontando un’altra frottola con cui prende in giro le persone: il 28 luglio 1945 un enorme bombardiere B-52 si sarebbe schiantato contro l’Empire State Building graffiandolo appena: e allora come mai le Torri invece crollarono? La risposta è ancora nella mistificazione dolosa di questi signori: l’Empire non venne colpito da un B-52 con otto motori a getto e 225 tonnellate di peso, bensì da un piccolo B-25, dieci tonnellate, due motori.. a elica.
Della stessa gang di Chiesa c’è poi Franco Cardini, esperto di quote mining, la selezione maliziosa e arbitraria di dichiarazioni rimosse dal proprio contesto e tagliate e ricucite per confezionare una falsa prova giustificativa delle loro traballanti teorie. Eccone un florilegio: Franco Cardini al Maurizio Costanzo Show: «Al Qaeda non esiste»; Giulietto Chiesa a 12° Round (Rai 2):«Le bombe della metro di Londra sono state pianificate a scopi militari dall’MI6». C'è poi Massimo Mazzucco a Matrix: «La bomba del ’93 al Wwt fu messa dalla Cia»; e Moni Ovadia su Zero: «I dirottatori sono ancora vivi!» (questa è una della gag più divertenti: certo che i cinque tizi presentatisi alla Tv sono ancora vivi: sono semplicemente omonimi dei dirottatori. La questione è stata chiarita anni fa dai giornali di tutto il mondo: come mai Zero non lo sa?). Si potrebbe continuare per pagine e pagine smontando sistematicamente con fatti e prove scientifiche e documentali ogni castroneria di tali individui.
Ma allora, che cosa spinge questi simpatici signori a girare per le città ridicolizzandosi con conferenze dolosamente ingannevoli? Perché un"gentiluomo" che ha vinto il Nobel per la letteratura senza aver mai scritto un romanzo (ulteriore elemento di comicità) non se ne sta tranquillo a fare volontariato – che so? – in Africa, magari assieme a un altro suo amico comico che non riesce più a far ridere? Perché un gruppetto di giornalisti iscritti all’Ordine non ha vergogna di fronte al mondo per le panzane di cui si copre? Infine, perché questi paladini della giustizia di sinistra, della democrazia proletaria, nonché della destra cattolica antiamericana e giudeofoba, e soprattutto della verità assoluta, sono i primi a propagandare tesi totalmente prive di prove, a condannare senza appello persone, comunità e Stati basandosi unicamente su ipotesi di fanta-fiction smentite da qualsiasi ricerca scientifica e giudiziaria? Perché proprio loro tanto seri e garantisti sono prontissimi a sospendere ogni principio costituzionale e onere della prova pur di fare disinformazione?
Diffondere notizie palesemente false può servire ai propri personali scopi politici, ma forse il triste motivo è un altro, e come spesso accade è molto più prosaico. Questi signori lo fanno solo per denaro, per l’ambizione d’apparire (speriamo li prendano nell’Isola dei Famosi). Ebbene sì, come il citato Thierry Meyssan, il quale grazie al suo blog ha pubblicizzato il suo correlato libro complottista. E così Giulietto Chiesa, che, rimasto disoccupato della propaganda sovietica, ha virato sulla pur sempre remunerativa stampa anti-Usa e anti-Israele.
Grazie a Dio esistono invece centinaia di ricercatori in tutto il mondo che spesso senza alcun guadagno personale combattono per difendere la verità e rendere onore alle vittime dell’11/9, contro questi pupazzi della disinformazione.
Riferimenti di debunking (smascheramento delle teorie complottiste):
Siti:
Journal of Debunking 9/11
9/11 Myths
Debunking 9/11
Screw Loose Change
9/11 Truthiness
9/11 Guide
9/11 Engineers
http://undicisettembre.blogspot.com/
http://www1.nefafoundation.org/index.html
http://www.cooperativeresearch.org/
http://www.nuke.crono911.org/
Libri:
Le menti criminali del terrorismo, Ramzi Binalshibh e Khalid Shaikh Mohammed, Newton & Compton
11/9 La cospirazione impossibile, Massimo Polidoro, Piemme
102 minuti, Jim Dwyer e Kevin Flynn, Piemme
Ultimo a uscire, Richard Picciotto, TEA
11 settembre I miti da smontare, David Dunbar e Brad Reagan - Popular Mechanics, Terre di mezzo Editore
American Ground, William Langewiesche, Adelphi
Among the Heroes, Jere Longman, Harper Perennial
Inchieste principali:
http://www.9-11commission.gov/
http://www.vaed.uscourts.gov/
FEMA World Trade Center Building Performance Study
NIST: http://wtc.nist.gov/
MCEER: http://www.mceer.buffalo.edu/
ASCE The Pentagon Building Performance Report
NTSB
FAA
Arlington County After-Action Report
Ma non è un caso che si sia qui preso l’avvio dal comico Dario Fo, infatti, pur nelle infinite tragedie conseguite a quel giorno, queste dichiarazioni sue e dei suoi compagni di merenda emergono con una tale prepotente comicità da meritarne menzione. Una fra tutte (occorre un volume intero per citare interamente le castronerie dei complottisti, e ve ne daremo infatti i titoli), questa dei “cinque metri”, appunto, appartiene a filmati e foto usati dai medesimi complottisti dove è sufficiente prendere un semplice righello e misurare per rendersi conto della malafede di questi: in pratica le loro stesse presunte prove sono proprio le prove della loro falsità, a meno che i soccorritori in proporzione non fossero alti pochi centimetri. Questo ovviamente non è l’unico divertente autogol dei complottisti, potendosi citare, per esempio, le foto usate da Thierry Meyssan e pubblicate sul suo sito Asile.org per denunciare come il Pentagono fosse perfettamente intatto attorno al punto dell’esplosione, mentre proprio da quelle immagini si vede bene la serie di pareti carbonizzate e danneggiate fin dentro le aree interne dell’edificio. La pletora di foto e video ora disponibile sia nei dossier che nelle inchieste (che non sono «una sola, ufficiale» come blaterato dai complottisti, bensì otto fra governative, federali, giudiziarie, e militari, e una quantità impressionante di tecnico-scientifiche e giornalistiche) illustra semplicemente due cose: la prima è che questi signori hanno sempre raccontato soltanto fandonie ai loro ingenui seguaci, e la seconda è che per avallare le loro tesi false non hanno mai esitato a manipolare la verità mostrando foto e documenti incompleti, incongrui (inquadrature tagliate, o coperte dal fumo e dal getto degli idranti), e nascondendo attentamente quelli chiari e probanti (per esempio le foto – disponibili – coi rottami del volo AA77: si veda il libro Firefight: Inside the Battle to Save the Pentagon on 9/11, scritto dal vigile del fuoco e riservista dell’esercito statunitense Patrick Creed e dal giornalista Rick Newman).
Gli esempi comici non finiscono qui. C’è per esempio Maurizio Blondet, un personaggio che ha fatto dell’antisemitismo la sua ragione di vita, e che in Tv si perita d’affermare con supponenza: «Quel fumo così nero [nelle Twin Towers] dice che l’incendio all’interno stava soffocando, già pochi minuti dopo l’impatto, per mancanza d’aria. Ciò significa che il fuoco era spento», di conseguenza – secondo Blondet – le Torri non caddero a causa dell’impatto con gli aerei. Peccato che qualsiasi studente di chimica sappia che il colore del fumo informa circa la natura delle particelle disperse e dunque del combustibile che ha partecipato alla reazione. Il colore nero indica solo la combustione prevalente di idrocarburi e/o polimeri, e la teoria della mancanza d’ossigeno è una sciocchezza. Ma Blondet continua raccontando un’altra frottola con cui prende in giro le persone: il 28 luglio 1945 un enorme bombardiere B-52 si sarebbe schiantato contro l’Empire State Building graffiandolo appena: e allora come mai le Torri invece crollarono? La risposta è ancora nella mistificazione dolosa di questi signori: l’Empire non venne colpito da un B-52 con otto motori a getto e 225 tonnellate di peso, bensì da un piccolo B-25, dieci tonnellate, due motori.. a elica.
Della stessa gang di Chiesa c’è poi Franco Cardini, esperto di quote mining, la selezione maliziosa e arbitraria di dichiarazioni rimosse dal proprio contesto e tagliate e ricucite per confezionare una falsa prova giustificativa delle loro traballanti teorie. Eccone un florilegio: Franco Cardini al Maurizio Costanzo Show: «Al Qaeda non esiste»; Giulietto Chiesa a 12° Round (Rai 2):«Le bombe della metro di Londra sono state pianificate a scopi militari dall’MI6». C'è poi Massimo Mazzucco a Matrix: «La bomba del ’93 al Wwt fu messa dalla Cia»; e Moni Ovadia su Zero: «I dirottatori sono ancora vivi!» (questa è una della gag più divertenti: certo che i cinque tizi presentatisi alla Tv sono ancora vivi: sono semplicemente omonimi dei dirottatori. La questione è stata chiarita anni fa dai giornali di tutto il mondo: come mai Zero non lo sa?). Si potrebbe continuare per pagine e pagine smontando sistematicamente con fatti e prove scientifiche e documentali ogni castroneria di tali individui.
Ma allora, che cosa spinge questi simpatici signori a girare per le città ridicolizzandosi con conferenze dolosamente ingannevoli? Perché un"gentiluomo" che ha vinto il Nobel per la letteratura senza aver mai scritto un romanzo (ulteriore elemento di comicità) non se ne sta tranquillo a fare volontariato – che so? – in Africa, magari assieme a un altro suo amico comico che non riesce più a far ridere? Perché un gruppetto di giornalisti iscritti all’Ordine non ha vergogna di fronte al mondo per le panzane di cui si copre? Infine, perché questi paladini della giustizia di sinistra, della democrazia proletaria, nonché della destra cattolica antiamericana e giudeofoba, e soprattutto della verità assoluta, sono i primi a propagandare tesi totalmente prive di prove, a condannare senza appello persone, comunità e Stati basandosi unicamente su ipotesi di fanta-fiction smentite da qualsiasi ricerca scientifica e giudiziaria? Perché proprio loro tanto seri e garantisti sono prontissimi a sospendere ogni principio costituzionale e onere della prova pur di fare disinformazione?
Diffondere notizie palesemente false può servire ai propri personali scopi politici, ma forse il triste motivo è un altro, e come spesso accade è molto più prosaico. Questi signori lo fanno solo per denaro, per l’ambizione d’apparire (speriamo li prendano nell’Isola dei Famosi). Ebbene sì, come il citato Thierry Meyssan, il quale grazie al suo blog ha pubblicizzato il suo correlato libro complottista. E così Giulietto Chiesa, che, rimasto disoccupato della propaganda sovietica, ha virato sulla pur sempre remunerativa stampa anti-Usa e anti-Israele.
Grazie a Dio esistono invece centinaia di ricercatori in tutto il mondo che spesso senza alcun guadagno personale combattono per difendere la verità e rendere onore alle vittime dell’11/9, contro questi pupazzi della disinformazione.
Riferimenti di debunking (smascheramento delle teorie complottiste):
Siti:
Journal of Debunking 9/11
9/11 Myths
Debunking 9/11
Screw Loose Change
9/11 Truthiness
9/11 Guide
9/11 Engineers
http://undicisettembre.blogspot.com/
http://www1.nefafoundation.org/index.html
http://www.cooperativeresearch.org/
http://www.nuke.crono911.org/
Libri:
Le menti criminali del terrorismo, Ramzi Binalshibh e Khalid Shaikh Mohammed, Newton & Compton
11/9 La cospirazione impossibile, Massimo Polidoro, Piemme
102 minuti, Jim Dwyer e Kevin Flynn, Piemme
Ultimo a uscire, Richard Picciotto, TEA
11 settembre I miti da smontare, David Dunbar e Brad Reagan - Popular Mechanics, Terre di mezzo Editore
American Ground, William Langewiesche, Adelphi
Among the Heroes, Jere Longman, Harper Perennial
Inchieste principali:
http://www.9-11commission.gov/
http://www.vaed.uscourts.gov/
FEMA World Trade Center Building Performance Study
NIST: http://wtc.nist.gov/
MCEER: http://www.mceer.buffalo.edu/
ASCE The Pentagon Building Performance Report
NTSB
FAA
Arlington County After-Action Report
Iscriviti a:
Post (Atom)