domenica 30 ottobre 2011

IL PUNTO (SUL CAMBIAMENTO DI ROTTA)


39. Tutti d’accordo sulla necessità di cancellare la gestione Sabrina

Domenica 30 ottobre 2011

Per arrivare a trovare punti di convergenza fra partiti e forze di tradizione e ispirazione completamente diversa, occorrono fortissime motivazioni.

E nessuna delle motivazioni è più forte della ragione e del buonsenso: quelle qualità che hanno animato, fino a fare buttare giù un programma comune, Fli, Udc e CittàPerTe.

Anche se ieri mattina, in sala consiliare, alcuni dei giornalisti presenti si sono ‘preoccupati’ dell’esclusione del Pdl dalla coalizione, le risposte di tre rappresentanti di Insieme per Quarrata – visibili su Nazione, Tirreno, Blog di Andrea Balli e Quarrata/news – sono state sufficientemente chiare: non c’è pericolo di malintesi perché le tre entità si sono sempre trovate omogeneamente d’accordo, per tutto il secondo mandato della Sabrina, nel contrastare e nel considerare superbamente errata ogni mossa dell’amministrazione che – a Dio piacendo – sta per togliersi di mezzo, sta per essere congedata – e ci sia augura che sia congedata proprio da questa coalizione che si è professata e mostrata concreta e coesa.

Concreta nel rifiutare l’idea di fare amministrazione come l’ha fatta la democratica Sabrina: non ascoltando nessuno e sacrificando le risorse non per il bene comune e per le comuni necessità e bisogni, in una serie di interventi calibrati e rispondenti ai desideri dei cittadini, ma sacrificandole al proprio idolo personale, con l’avallo dei propri assessori e con il mobbing di chi, come Burchietti, non era d’accordo su questo modo dispotico e inintelligente di governare la città.

Coesa perché – lo ripetiamo – l’accordo o finanche l’unanimità che ci sono stati in questi ultimi quasi cinque anni; la somiglianza, per non dire l’identità, di vedute e di intenti rappresentano bene quella colla di cui Giancarlo Zampini parlava, ieri mattina, per un fronte anti-Sabrina e anti-Pd, partito che ha sostenuto la sua peggio Sindaca di Quarrata.

La coalizione è disomogenea, quanto a componenti e storia, ma è dialettica, pronta a discutere, vivace ed unita sugli obiettivi: dare risposte amministrative ai Quarratini, non proclami dei massimi sistemi, non indirizzi di indottrinamento, non meeting della legalità, ma, davvero, rispetto della legalità, delle norme e delle regole e soprattutto della volontà popolare degli elettori – e di tutti gli elettori, non solo quelli di parte.

Quarrata ha bisogni di ogni tipo. È stata sacrificata da dieci anni di Sabrina e costretta ad averli proprio grazie al Sindaco-disastro del Pd.

È l’ora di capirlo e cambiare direzione. E sono convinto che con Insieme per Quarrata sia giunto il momento e l’opportunità, e siano giunte le persone giuste per ottenere questa indispensabile inversione di tendenza.

Buona domenica di riflessione, Quarrata vittima del Sindaco-disastro. E… in bocca al lupo, Cialdi, Bianchi, Pratesi, Insieme per Quarrata!

Mario Niccolai

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martedì 25 ottobre 2011

Ma noi ridiamo con Merkel e Sarkozy .


No, noi non siamo indignati dalle risate «del marito di Carla Bruni», come ha detto con tono sprezzante il sottosegretario pidiellino Guido Crosetto. Non ci dà fastidio che il buon nome dell'Italia sia stato demolito in eurovisione dagli sghignazzi dei due leader più potenti del continente. Perché non sono Angela Merkel e Nicolas Sarkozy ad aver scalfito l'immagine del nostro paese, non sono loro ad averci fatto del male, ad aver calpestato la dignità del paese. È solo colpa di Silvio Berlusconi. È tutta colpa di Berlusconi. Ridevano di lui, non di noi. Gli italiani che vanno all'estero lo sanno: da più di un anno è così, siamo la barzelletta del mondo, siamo la Repubblica delle banane e del bunga bunga. Di chi è la colpa? Di chi ride o di chi fa ridere?

E allora non possiamo che ridere con loro. Non possiamo che accodarci ai sorrisi, sospesi a metà tra divertimento e compassione, che nascono spontanei al solo parlare di un vecchio satiro e del suo ectoplasma di governo, tenuto sotto scacco dagli umori di Scilipoti e dalle pernacchie di Bossi. Delle sue tristi capriole, delle sue pietose bugie, delle sue squallide vicende private, dei suoi pisolini in pubblico, della sua manifesta incapacità di guidare un paese che ha creduto in lui e che ora non vede l'ora di liberarsi della sua corte.
Ed è inutile che Franco Frattini, il ministro che ha permesso al Cavaliere di calpestare e piegare la politica estera italiana per i suoi privatissimi interessi, parli d i gesto “inopportuno” da parte del presidente francese. Altrettanto inutile che qualcuno, nel campo delle opposizioni, tiri fuori lo “spirito bipartisan” per difendere il paese dagli “stranieri”. Per difendere l'Italia serve solo una cosa: ribellarsi ora, subito, mettere fine a questo lunghissimo tramonto arcoriano. Mandare Berlusconi a casa e liberarsi dalla “maledizione della barzelletta” che ormai aleggia sulle nostre teste.
PS: Non è divertente che Silvio Berlusconi, il leader che si è vantato di aver portato nelle grigie stanze dei summit internazionali la diplomazia delle barzellette e delle pacche sulle spalle, finisca vittima di una risata (da parte, poi, di una austera e nordica cancelliera)? Ma al di là del contrappasso dal sapore dantesco, il Cav può gioire: finalmente ha fatto ridere qualcuno.
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Al Pifferaio si è rotto il piffero .


Per la prima volta in tanti anni, Silvio Berlusconi è pronto a fare un passo indietro. Almeno stando a quanto raccontano retroscena e indiscrezioni, il capo del governo ha capito di essere un problema per il suo paese, e ha scoperto di non avere più la forza di “fare”, di decidere, di imporre, di contrattare, a partire dalla riforma (ineludibile) delle pensioni. Ha capito (forse) che il suo viaggio è finito, che è meglio passare la mano ad altri in attesa di una campagna elettorale che - in cuor suo - è ancora convinto di poter ribaltare a suo favore.

Ma intanto una cosa è certa: nella notte sembra essersi dissolta la sua magia. Si è spezzato definitivamente l’incantesimo del pifferaio di Arcore, infranto dalla realtà dei fatti, dall’urgenza della crisi, dalle risate dolorose di Merkel e Sarkozy, dall’oggettiva incapacità del governo di prendere decisioni “vere” e incisive su un tema impopolare come quello delle pensioni.
Ci ha provato fino all’ultimo, con i suoi soliti giochi di prestigio (quelli che finora gli hanno sempre garantito un certo successo): il carisma, le promesse, l’ottimismo, il ghe pensi mi, la sicurezza ai limiti del senso di onnipotenza, perfino i condoni annunciati e poi smentiti, in un crescendo confusionale che è il segno concreto dell’impasse. Non funziona più, non serve più. L’unico suono che esce dal piffero di Arcore è una triste cacofonia che non incanta più nessuno. Nemmeno lui.
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domenica 23 ottobre 2011

IL PUNTO (SUL NECESSARIO RINNOVAMENTO)


38. È l’ora di curvare a secco!

Domenica 23 ottobre 2011

Oggi Zampini, su La Nazione, parla di scenario diverso per le prossime elezioni amministrative del 2012 rispetto a quelle del 2007.

Avverte che allora eravamo in due a lottare: io e la Sabrina.

Scrive che, dal momento che oggi il soggetto che è appena nato – non terzo polo, ma uomini di buona volontà: Udc-Fli-CittàPerTe – non è strettamente istituzionale, perché allarga le braccia su centro, destra e sinistra, forse potrebbero nascere anche altre liste civiche, come del resto è già stato ventilato da più parti.

Questo, è ovvio, darebbe estremamente fastidio alla nuova coalizione e porterebbe tanta, ma tanta (anzi: fin troppa) acqua al Pd, un partito che, innegabilmente, è indegno di guidare questa città al macello, dopo che, con dieci anni di Sindaco-disastro, la ha portata allo sfascio.

Il fatto è che il rinnovamento passa per due punti fondamentali, su cui i cittadini di Quarrata devono riflettere:

  1. la stanchezza assoluta nei confronti di una amministrazione che ha lavorato solo per distruggere quanto di positivo poteva esserci nella città del mobile e solo perché il Sindaco ha agito da tiranno;
  2. l’assoluta indisponibilità delle forze di questa coalizione (Udc-Fli-CittàPerTe) ad ascoltare le logiche delle segreterie provinciali di partito, responsabili, già dalle ultime elezioni, della rielezione del Sindaco-disastro.

A questo si aggiunge un fatto nuovo e incredibile: intorno al nuovo patto ruotano, oltreché uomini di buona volontà, giovani pieni di entusiasmi; anch’essi incazzati con un’amministrazione che per 20 anni è stata fatta da due persone, un Sindaco-disastro e la sua segretaria. Gli altri – Giunta compresa – solo gregari-alzamano.

Se non basta questo a convincere della bontà dell’impresa, si pensi anche a cosa voglia dire riuscire a trovare un accordo che spazia da destra a sinistra o da sinistra a destra (per pari opportunità).

Pensato questo, se siamo gente che riflette, non ci dovrebbe voler molto per capire cosa sta succedendo e da che parte occorre andare per il vero bene della città.

E buona domenica di riflessione, Quarrata vittima del Sindaco-disastro!

Mario Niccolai

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venerdì 21 ottobre 2011

UNA FOTO AL GIORNO… LEVA IL MEDICO DI TORNO: E LEI PIANGE COME UNA VITE TAGLIATA


Sul suo blog, costruito a pulito con riga e compasso, di recente (vedi) il Signor Sindaco disastro del Comune di Quarrata ha iniziato a piangere con la cantilena delle prèfiche che accompagnano il morto al cimitero.

Il morto è il Comune. I morti d’Italia sono i Comuni.

Il problema è il taglio degli sprechi. I problemi sono i tagli degli sprechi, perché – si chiede la Signora Sabrina – chi pagherà questi tagli?

E andando avanti con i soliti pensierini da piccole donne, da massaie allevate al pollaio della politica e del partito – prima democristiano, poi margheritino e ora piddiessino –, Sabry-disastro vede, nei tagli, non la mannaia che si è resa necessaria a causa del fatto che comunque tutti i Comuni hanno speso e sperperato nonostante leggi finanziarie e patti di stabilità (e lo hanno fatto in nome del popolo, a cui hanno sempre dato poco perché il più lo hanno buttato in opere inutili), ma una vera e propria cattiveria e viltà del Berlusca nei confronti degli umili lavoratori a cui lei vuole tutto il bene del mondo. Lei e solo quelli come lei.

Ma ciò che più scandalizza è la riflessione che viene in queste sue parole: «Nessuno nega che ci sia l’esigenza di tagliare per rimettere in ordine i conti dello Stato, ma qui si sta rubando ai poveri per dare ai ricchi: non si toccano i privilegi e gli sprechi, ma si taglia ai comuni e quindi indirettamente ai cittadini, perché saranno i servizi erogati alle famiglie ad avere la peggio. Chi ha le possibilità economiche per pagare rimedierà così ai tagli del Governo; chi non ne ha le possibilità sarà sempre più in difficoltà».

Si sta rubando ai poveri per dare ai ricchi, dice la Signora-disastro. E ha ragione in pieno.

Solo che, invece di piagnucolare come una pia donna al sepolcro, dovrebbe dare esempi concreti in due direzioni chiare e nette:

  1. di non aver buttato via 20milioni di euro in Piuss del cavolo
  2. di mettere su dei banchini in piazza, coi suoi correligionari di partito e i loro capi-imam (magari con Vannino Chiti in testa e sostenuta anche da Tonino e dal Sel), per raccattare almeno 25milioni di firme contro il numero dei parlamentari e i loro stomachevoli privilegi.

Sì, perché prima di piangere, bisogna darsi da fare. Cosa che Sabry-disastro ignora completamente.


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giovedì 20 ottobre 2011

Almeno un regime è finito… .


Sembra passato un secolo da quella apparizione gloriosa di Muammar Gheddafi a Roma. Apparizione imbarazzante in un rapporto a due per il quale all’intero paese è stata sottratta dignità. Le cose finiscono, le parentesi della storia si chiudono dopo essersi aperte. Lo stesso Berlusconi pare aver commentato la notizia con un «Sic transit gloria mundi». Il corpo del Colonnello sarebbe a Misurata, dopo essere stato ucciso durante un bombardamento della Nato su Sirte.

Tuttavia, il conflitto libico è sin dal principio caratterizzato da notizie, smentite e controsmentite e quindi occorre attendere qualche ora ancora per conoscere l’epilogo reale. La morte di Gheddafi implicherebbe un definitivo stop della missione internazionale. Almeno quella che implica l’uso necessario della forza. Ma non può finire così e ciò che occorre è garantire assistenza alla popolazione libica stremata dalla dittatura e dal conflitto. Un appello in tal senso è stato lanciato dal presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, Foad Aodi, che chiede al governo italiano di avviare con urgenza operazioni di soccorso direttamente in Libia.

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Prendo le distanze




Siccome in Italia siamo specializzati nel passare dalla tragedia alla farsa, va di moda lo sport di “prendere le distanze dalla violenza”. Anche se non si sono mai commessi atti di violenza né si conosce alcuno che ne abbia commessi. Io, per esempio, mi autodenuncio: mai frequentato black bloc. Se vedo Er Pelliccia armato di estintore, ne prendo le distanze, onde evitare di beccarmelo in testa. Quindi non vedo da chi dovrei prendere le distanze, né perché. Eppure ogni volta che esplode qualche caso di violenza politica, scopro di esserne un mandante morale. Lo dissero, col mio nome e il mio cognome, Sallusti e Cicchitto quando un matto tirò un souvenir in faccia a B. L’ha ripetuto l’altroieri senza nominarmi il Giornale, elencando i “cattivi maestri“ che armerebbero la mano ai black bloc: i miei amici di Libertà e Giustizia e MicroMega. Il Foglio, alla lista degli “ipocriti agitatori”, aggiunge anche il Fatto, e se lo dice Ferrara c’è da credergli: lui da sessantottino veniva giù da Valle Giulia col bastone in mano e da comunista impugnava manici di piccone per menare gli occupanti dell’Università di Torino. Del resto la giaculatoria del “prendere le distanze” ce la siamo ciucciata dopo tutte le manifestazioni pacifiche degli ultimi dieci anni, dal Palavobis ai Girotondi ai V-Day di Grillo.

L’altroieri i tre tenori Cazzullo, Battista e Ostellino, i Vavà-Didì-Pelé del monito pompieresco, invitavano pensosi chiunque li leggesse a prendere le distanze dalla violenza. Chi non lo fa diventa ipso facto “indulgente”, “giustificazionista”, praticamente complice, forse mandante. Tesi curiosa, almeno da parte di Ostellino, che un mese fa definiva “delazione” l’invito dell’Agenzia delle Entrate a denunciare gli evasori fiscali. Denunciare chi brucia un cassonetto è un dovere civico, invece denunciare chi ruba milioni alla collettività è spionaggio. Poi ci sono i politici: quanto a violenza, hanno una coda di paglia talmente lunga (molti han trattato con la mafia e candidato picchiatori neri e rossi degli anni ‘70) che prendono le distanze da tutto e tutti, anche da chi tampona con l’auto sottocasa.

Il Giornale e Libero invocano pene esemplari per Er Pelliccia, quello che lancia l’estintore a due metri rischiando di darselo sui piedi (il reato dovrebbe essere getto pericoloso di cose, 1 mese di arresto o 206 euro di multa) e, quel che è peggio, mostra il doppio dito medio. Noi giustizialisti siamo d’accordo, anche perché, a dar retta al Giornale e a Libero, Bossi e la Santanchè girerebbero coi moncherini. Belpietro vuole intercettare i black bloc. Perfetto. Speriamo che non dicano, come B. a Lavitola, “facciamo la rivoluzione, ma vera, portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di Giustizia di Milano, assediamo Repubblica”, sennò l’ergastolo non glielo leva nessuno. Si auspica pure il gabbio per gli incappucciati. Bene, si proceda: ma come la mettiamo con i piduisti B. e Cicchitto e con tutti gli onorevoli massoni? Il ritorno alla legge Reale ha i suoi pro e i suoi contro. Fra i contro, il fatto che non basta autorizzare i fermi preventivi (peraltro già previsti, come le misure di prevenzione: obbligo di firma, divieto o obbligo di dimora etc.): bisogna prima individuare chi sta per commettere un reato. Cioè avere servizi di intelligence che funzionino, magari evitando che perdano tempo a trattare con la mafia. Invece qui sono tutti bravi a vantarsi di conoscere i violenti uno a uno, il giorno dopo. Mai, purtroppo, il giorno prima. Ieri Maroni ha intrattenuto il Senato con un peana ai poliziotti picchiati. Sacrosanto il peana, un po’ meno il pulpito. Maroni è stato condannato a 4 mesi e 20 giorni per aver picchiato alcuni agenti della Digos. Ed era imputato con Bossi, Calderoli e altri noti pacifisti per aver organizzato la Guardia nazionale padana armata di tutto punto, almeno finché il governo B. depenalizzò l’“associazione paramilitare a scopo politico” e li salvò tutti. Qualcuno ha preso le distanze?

marco travaglio http://www.ilfattoquotidiano.it/

mercoledì 19 ottobre 2011

E "gli onesti" massacrano l’Antimafia


Il governo che - parola del modestissimo presidente del Consiglio - più di ogni altro ha combattuto la criminalità organizzata nella storia del paese, ha deciso di tagliare dalla sera alla mattina sette milioni destinati alla Direzione Investigativa Antimafia, ovvero la struttura voluta nel 1992 da Giovanni Falcone che negli ultimi due anni ha sequestrato beni a mafiosi per 7 miliardi e 700 milioni di euro. È tutto scritto nel decreto di stabilità, in procinto di essere approvato dall’esecutivo. 

Così, in tempi di crisi, il “partito degli onesti” decide di togliere soldi a chi quotidianamente opera una silenziosa battaglia per la legalità: se dal 2001 al 2010 - come racconta oggi La Stampa - i soldi stanziati erano scesi da 28 milioni a 15, la normativa di quest’anno ne toglierebbe altri sette. Stipendi tagliati del 20% (intaccando anche le indennità per attività “a rischio”), chiusura di alcune delle venti sedi sparse sul territorio nel giro di qualche anno: ecco gli effetti della mannaia governativa.


Gli uomini dell’Antimafia hanno inviato una lettera aperta al ministro dell’Interno Roberto Maroni. «Tutto questo - scrivono - appare avvilente ed inaccettabile. Abbiamo il dovere morale di denunciare questo ennesimo tentativo di depauperamento della Dia, così fortemente voluta da Giovanni Falcone, attentando così anche alle sue idee». Ed è anche un’accusa ai vertici della Dia, i quali «prima di intraprendere azioni estemporanee, avrebbe potuto proporre risparmi di spesa conseguenti ad una gestione più oculata delle risorse: anziché mettere le mani nelle tasche dei dipendenti, avrebbe potuto operare sui costi di locazione delle sedi occupate dai Centri Operativi trasferendole in immobili demaniali oppure confiscati alla criminalità organizzata».
Una presa di posizione che arriva negli stessi giorni in cui i sindacati di polizia protestano per lo stesso motivo, proprio a segnare uno strappo tra un centrodestra che ha raccontato al paese di volere “legge e ordine” e che pare portare nel paese (tra norme ad personam e "salvataggi parlamentari") solo caos e impunità.
http://ilfuturista.it/

Se sullo sviluppo Berlusconi ci canta la sua solita canzone


“In settimana – ha detto il premier – esamineremo le misure per la crescità e lo sviluppo e con questo decreto dimostreremo che il governo sta sempre lavorando sodo per l’Italia”. Solo qualche giorno fa, prima della fiducia ovviamente, Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, affermava senza mezzi termini le sue intenzioni di risollevare il Paese dalla stagnazione in cui langue. Oggi tutto è cambiato. Incassata la fiducia, e con il fortunoso (?) epilogo della manifestazione degli indignati, dice finalmente le cose come stanno: «I soldi non ci sono, stiamo cercando di inventarci qualcosa».E così come il mago Zurlì, il Cavaliere scruta la palla di vetro per cercare di trovare la strada maestra. Ma Damasco è lontana così come la via della redenzione. Insomma, ancora una volta ha messo nel sacco il Paese che protesta e che non ce la fa più. Ma lui se ne infischia e ne ha ben donde. Ha avuto la fiducia, ha avuto il favore fattogli “aggratise” da una piccola parte della piazza violenta, ha avuto il proscioglimento di Mediatrade. Ha il ministero di Grazia e Giustizia che ha richiesto le carte del Lodo Mondadori. Ora è tranquillo e se ne infischia di tutto e di tutti. Dei cittadini come degli imprenditori. Non fa caso nemmeno ai rinvii a giudizio di Verdini e di Dell’Utri. Ma nemmeno delle evasioni fiscali milionarie delle banche, le stesse che hanno portato al collasso la finanza e l’economia italiana, europea e mondiale.Insomma gongola. Ha vinto ancora lui. Per quanto tempo non lo sa, ma intanto tira a campare. E può permettersi il lusso di dire senza mezzi termini, solo ora, “Bambole non c’è una lira”. Almeno per noi umili mortali che di bambole non ne abbiamo. E poco importa se una famiglia su quattro ha dovuto chiedere aiuto alla famiglia per tirare a campare, poco importa se quasi la metà degli italiani non è riuscita pagare le bollette.Ma lui è contrario alla patrimoniale proposta addirittura da chi i soldi li ha. Ma come possiamo dare fiducia alla gente? Come all’Europa? Come al mondo intero? Siamo davvero il Paese dei Pulcinella. Peccato che Pulcinella scherzando scherzando diceva la verità. Da noi la verità ormai è un optional. Ed ora non ci resta che attendere la prossima ennesima fiducia con la speranza che qualcuno si renda conto di quello che fa e decida di mandare l’Italia al voto dandogli almeno una nuova speranza. Chissa….
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lunedì 17 ottobre 2011

Il premier che sogna di essere Pinochet .


Un uomo di potere pronto a tutto, così appare Silvio Berlusconi. Per questo ieri lo abbiamo definito il black bloc della politica, desideroso di piegare le istituzioni al suo volere come un dittatore dell’ultima ora. A tutta ragione se il suo pensiero è quello che oggi si è costretti a commentare. La sua immagine peggiora ulteriormente in quei discorsetti con l’amichetto tuttofare Valter Lavitola. Le ultime rivelazioni sono più grottesche e imbarazzanti del solito e indicano, una volta per tutte, la giusta caratura di Silvio Berlusconi, spiegando qual è il suo senso dello Stato e il valore che egli attribuisce a istituzioni, persone, stampa. Perché se le cose non girano come vorrebbe altra soluzione non c’è che quella della rivoluzione, «quella vera».

Sono parole preoccupanti quelle di chi cerca di resistere alla vita regolare della società e degli altri poteri dello Stato pensando che altra via non ci sia che quelle di «portare un milione di persone in piazza» con lo scopo di «fare fuori il palazzo di giustizia di Milano». Peggio ancora di quei presidenti autoritari di continenti “particolari” che risolvono il problema rimuovendo corti ostili. E ricorrendo a metodi russi per eliminare quella stampa avversa: «Diamo l’assedio a Repubblica». Perché parla troppo, perché parte di quella congiura che il Caimano descrive sempre allo stesso modo, da anni. «Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che si appoggiano a Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, e alla stampa estera». Un uomo ossessionato da chi fa il proprio dovere che ha chiaro il quadro del paese che vorrebbe dove «la gente non conta un cazzo e il parlamento non conta un cazzo». E, diciamolo, ce ne eravamo accorti…

Allo scadere del tempo di questo basso impero vengono alla luce nuovi dettagli che spiegano anche che il paese è stato nelle mani di un faccendiere, di un «pescivendolo» come lui stesso si è voluto definire per tentare di ridimensionare il suo ruolo negli impicci di regime. Non è bello per gli italiani alle prese con enormi difficoltà, costretti a rinunciare a diverse garanzie sociali, avere conferma che fiori di decisioni passavano tra le mani di Valter Lavitola. Addirittura la nomina del numero due della Guardia di finanza che, legittimamente, fa sorgere il dubbio sulla bontà del suo operato nei confronti del fisco e dei contribuenti giacché con una nomina così hai sempre qualcuno al quale rispondere e obbedire. Ed è, chiaramente, quello che si sa. Scommettendo sul fatto che qualora fosse in grado di ascoltarle tutte le telefonate tra i due il popolo la rivoluzione la farebbe davvero, passando per procura di Milano e Repubblica per dare un grande abbraccio.
Serve a questo contrastare con ogni mezzo il pacchetto di norme sulle intercettazioni. Noi questa lordura la vogliamo conoscere perché abbiamo il diritto di sapere chi e come ha in mano un paese che è di tutti. Della gente, del parlamento, del tribunale di Milano e di Repubblica.

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domenica 16 ottobre 2011

IL PUNTO (SUL DEGRADO)


38. Crollano le scuole e loro spendono milioni in bischerate.

Domenica 16 ottobre 2011

È di questi giorni la notizia che un’altra scuola del territorio, quella di Buriano, cade a pezzi.

Le nostre scuole, costruite negli anni 50-60, all’epoca della signorina Donnini, sono rimaste così fino ad oggi: i 25 anni di amministrazione comunista della città non hanno portato a niente; nessuna manutenzione, nessuna attenzione alle necessità basilari del giorno per giorno. E ora ci troviamo a gestire dei ruderi che sono un vero e proprio pericolo: concreto, a quanto si vede.

Nel frattempo il Sindaco disastro e il Vicesindaco vicedisastro si sono dati abbondantemente da fare per spendere e spandere in opere d’arte, in Querciole, in fontane di Buren, in scritte insulse di Nannucci. E il popolo – quel popolo che loro dicono di amare così tanto – ha fatto le spese di una disorganizzazione che è un insulto per i cittadini di Quarrata.

Maurizio Ciottoli è sceso in campo per chiedere lumi e chiarimenti – che non ci sono mai stati – da parte di un disastro che organizza, ogni anno, settimane della legalità: seguìta dal vicedisastro che, pur di pensare alla successione, sembra capace di tutto, perfino di inghiottire rospo dopo rospo pur di essere, alla fine, designato come successore al trono.

Dicano io Quarratini se questo è il bel mondo di sinistra a cui si rivolge, in questi giorni, Bonfanti, chiedendo che il Pd si apra all’ascolto della gente.

La vergogna del patrimonio immobiliare di Quarrata altro non è che lo specchio della vergogna morale di una amministrazione che, in dieci anni, altro non ha fatto che sputare in faccia a tutti: propri elettori compresi.

Ma se i Pd sono disposti a continuare a farsi sbeffeggiare – guardate cosa non si è fatto per la Ferruccia e la sua piazza, cosa non si è fatto per Montemagno e la sua strada: o cosa si è fatto contro chi, come Burchietti, aveva il dono della logica e del ragionamento –, per gli altri non è più il momento di essere succubi di una Giunta dei disastri come quella della Sabrina.

Quello che meraviglia è che, in questa Italia, finisca inquisito chi maltratta un animale e non faccia mai la stessa fine chi, da amministratore pubblico, maltratta ogni giorno, 365 giorni all’anno, quei poveri cristiani dei suoi concittadini, ai quali infligge di continuo spregio e derisione.

Buona domenica di riflessione, Quarrata vittima dei disastri!

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