giovedì 25 ottobre 2007

Cina - L'interferenza cinese

Pechino vuole siano accettate le sue violazioni della libertà. Bush non ci sta

L’incontro tra il presidente americano George W. Bush e il capo spirituale del buddismo tibetano, il Dalai Lama, ha mandato su tutte le furie i dirigenti cinesi che stanno celebrando il congresso del partito unico. Giudicano quell’incontro “una grave interferenza negli affari interni” della Cina e in questo modo esprimono in modo plateale la loro peculiare concezione dell’autoritarismo. I fatti sono noti.
Dopo aver occupato il territorio del Tibet e averlo annesso alla Repubblica popolare, i mandarini pechinesi hanno destituito il Dalai Lama anche dal suo ruolo di capo spirituale della sua religione e hanno tentato di imporre al suo posto un Lama fantoccio, che nessuno riconosce se non le autorità del governo.
La comunità internazionale ha, di fatto, accettato l’annessione del Tibet, ma non può accettare che un governo, violando i più elementari principi della libertà religiosa, interferisca in modo così brutale nelle vicende interne di una comunità di credenti.
E’ del tutto evidente che se c’è un’interferenza inaccettabile è quella di un governo, peraltro costituito su nomina di un partito ufficialmente ateo, che attraverso il suo ministero dei culti si arroghi il diritto di nominare lama (e vescovi), come se fossero funzionari dello stato.
E’ come se il governo di Vittorio Emanuele II, una volta occupata Roma, avesse preteso di sostituire Pio IX con un Papa di sua nomina e poi avesse considerato un’interferenza inaccettabile ogni relazione di altri stati con il pontefice legittimo.
Pur con tutte le cautele adottate, a cominciare dal carattere formalmente privato dell’incontro, Bush ha mostrato che l’America non si fa condizionare dalle minacce, anche se provengono da una potenza economica in rapido sviluppo ed essenziale per la crescita mondiale.
La questione dei diritti umani in Cina, quella dei lavoratori cui è inibita l’associazione in sindacati liberi, quella dei credenti che debbono sottostare ai diktat dei funzionari di partito è destinata a diventare una questione cruciale e l’America sta dalla parte giusta.

Dal “Il Foglio” del 18 ottobre
(nella foto: negozi cinesi a Prato)

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