giovedì 27 novembre 2008

Il "CESARISMO", LE PREOCCUPAZIONI DI FINI E IL RUBICONE DI OGGI


Bisogna riconoscere a Paolo Bonaiuti, stretto collaboratore del presidente del Consiglio, una certa dose di ironia.È vero infatti che Giulio Cesare, «personaggio non negativo», varcò il Rubicone, ma questo non basta a suggerire il paragone fra quel remoto guado e fatti più recenti. Magari il famoso «discorso del predellino» con cui Berlusconi, a Milano, lanciò da un minuto all'altro il nuovo partito, il Popolo della libertà.Tuttavia l'accostamento piacerà di sicuro al premier. Convinto peraltro di aver attraversato non una, ma due volte il suo Rubicone. La prima volta quando scese in campo nel '94 e la seconda, appunto, un anno fa. Due scelte vittoriose. Ciò nondimeno, il presidente della Camera ha tutto il diritto di riferirsi al «cesarismo» come a una deriva pericolosa di una democrazia che rischia di farsi plebiscitaria. Gianfranco Fini non ha inteso avviare una polemica nei confronti del presidente del Consiglio o dell'esperienza del Pdl. Prima di tutto perché martedì sera stava presentando un libro, la storia dei partiti di Pino Pisicchio. Ed è lì, in quel volume (uno studio scientifico e non un libello polemico), che si indicano i pericoli del «cesarismo», vale a dire di un sistema affidato al carisma del leader e privo di regole istituzionali adeguate. E non ci si riferisce solo a Forza Italia.Altri soggetti politici nati di recente possono sviluppare sintomi «cesaristi». Nonè forse questo il caso dell'Italia dei valori e del suo leader Di Pietro? E persino il Partito democratico cerca l'investitura carismatica del capo – con le primarie – e si presenta come una forza che ha rotto con la tradizione politica della Prima Repubblica. Certo, Berlusconi è una personalità più forte delle altre e questo fa la differenza. Peraltro Forza Italia, testè sciolta, non ha mai conosciuto un'articolazione democratica al suo interno. Cosa che non si può dire del Pd, dove anzi il gioco delle correnti lo vediamo in questi giorni – tende a soffocare un po' alla volta il segretario Veltroni.Ne deriva che il presidente della Camera ha toccato un punto sensibile. Solo un assetto istituzionale davvero stabile, con un Parlamento forte in grado di bilanciare una «premiership» segnata dalla vocazione presidenzialista, può garantire la salute democratica del Paese. In caso contrario, si resta in una strana palude. Dove il Parlamento viene emarginato e un presidenzialismo di fatto, del tutto privo di regole e affidato al carisma del leader, s'impone con il suo bagaglio, appunto, «cesarista».Sarebbe bizzarro se il presidente della Camera non potesse esporre il suo punto di vista su questo argomento: lui che si dichiara «presidenzialista», ma che ha ben compreso come il sistema funzioni in un meccanismo di «pesi e contrappesi». Piuttosto è verosimile che l'uscita di Fini si leghi al processo di formazione del nuovo partito unico del centro-destra. «Processo irreversibile» lo definisce Capezzone. Senz'altro lo sarà. Ma non è ininfluente discutere di quale partito dovrà nascere, con quali regole interne, con quali meccanismi di democrazia. Un partito solo plebiscitario, unito dietro il suo capo, rappresenta l'immagine speculare di un sistema istituzionale senza norme salde ed esposto ai capricci del potere. Fini ha posto un problema specifico che riguarda la sua parte politica, ma anche un tema generale che tocca tutte le forze politiche e soprattutto il buon funzionamento delle istituzioni. Sarebbe interesse generale dargli ascolto. Prima di passare il Rubicone.

stefano folli il sole 24 ore del 27 novembre

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido in pieno.

Massimo Bianchi

Anonimo ha detto...

almeno di esprimere le nostre opinioni spero che ci sara' ancora consentito, ma non ne dubito, credo che la nascita del PDL al di la dei naturali mal di pancia offrira' a chi ne vorra' far parte una grande occasione di rinascita politica, deve temere solo chi nei partiti e' vissuto di rendita, per chi ha voglia di impegnarsi sara' una grande occasione per cambiare il comune la regione e il paese. di questo ne sono certo. il lavoro che dobbiamo fare e' che sia una casa dove tutti possono entrare e ogniuno si senta a casa propria, senza pretese di egemonie.
Mario