lunedì 17 ottobre 2011

Il premier che sogna di essere Pinochet .


Un uomo di potere pronto a tutto, così appare Silvio Berlusconi. Per questo ieri lo abbiamo definito il black bloc della politica, desideroso di piegare le istituzioni al suo volere come un dittatore dell’ultima ora. A tutta ragione se il suo pensiero è quello che oggi si è costretti a commentare. La sua immagine peggiora ulteriormente in quei discorsetti con l’amichetto tuttofare Valter Lavitola. Le ultime rivelazioni sono più grottesche e imbarazzanti del solito e indicano, una volta per tutte, la giusta caratura di Silvio Berlusconi, spiegando qual è il suo senso dello Stato e il valore che egli attribuisce a istituzioni, persone, stampa. Perché se le cose non girano come vorrebbe altra soluzione non c’è che quella della rivoluzione, «quella vera».

Sono parole preoccupanti quelle di chi cerca di resistere alla vita regolare della società e degli altri poteri dello Stato pensando che altra via non ci sia che quelle di «portare un milione di persone in piazza» con lo scopo di «fare fuori il palazzo di giustizia di Milano». Peggio ancora di quei presidenti autoritari di continenti “particolari” che risolvono il problema rimuovendo corti ostili. E ricorrendo a metodi russi per eliminare quella stampa avversa: «Diamo l’assedio a Repubblica». Perché parla troppo, perché parte di quella congiura che il Caimano descrive sempre allo stesso modo, da anni. «Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che si appoggiano a Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, e alla stampa estera». Un uomo ossessionato da chi fa il proprio dovere che ha chiaro il quadro del paese che vorrebbe dove «la gente non conta un cazzo e il parlamento non conta un cazzo». E, diciamolo, ce ne eravamo accorti…

Allo scadere del tempo di questo basso impero vengono alla luce nuovi dettagli che spiegano anche che il paese è stato nelle mani di un faccendiere, di un «pescivendolo» come lui stesso si è voluto definire per tentare di ridimensionare il suo ruolo negli impicci di regime. Non è bello per gli italiani alle prese con enormi difficoltà, costretti a rinunciare a diverse garanzie sociali, avere conferma che fiori di decisioni passavano tra le mani di Valter Lavitola. Addirittura la nomina del numero due della Guardia di finanza che, legittimamente, fa sorgere il dubbio sulla bontà del suo operato nei confronti del fisco e dei contribuenti giacché con una nomina così hai sempre qualcuno al quale rispondere e obbedire. Ed è, chiaramente, quello che si sa. Scommettendo sul fatto che qualora fosse in grado di ascoltarle tutte le telefonate tra i due il popolo la rivoluzione la farebbe davvero, passando per procura di Milano e Repubblica per dare un grande abbraccio.
Serve a questo contrastare con ogni mezzo il pacchetto di norme sulle intercettazioni. Noi questa lordura la vogliamo conoscere perché abbiamo il diritto di sapere chi e come ha in mano un paese che è di tutti. Della gente, del parlamento, del tribunale di Milano e di Repubblica.

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