Ma in fin dei conti cosa ha detto a “Repubblica” Giuseppe Ciarrapico? “Non ho mai rinnegato il fascismo”. Tutto qui. Tutto qui? Sì, tutto qui. Perché non si scopre ora che l’editore Ciarrapico abbia simpatie molto a destra. Ma non diede fastidio a nessuno, a nessun politico di sinistra e tifoso, quando un “fascista” si prese la Roma, ne divenne presidente e la gestì con la benedizione del suo miglior amico e mèntore Giulio Andreotti. E nessuno si è mai scandalizzato delle campagne elettorali democristiane pro Giulio indirizzate da un fascista. Ora, che uno si esprima dicendo di non avere mai rinnegato il fascismo, intendendo che non ha mai negato di aver simpatizzato (e qualcosa di più) per Benito Mussolini, fin da quando a Roma un braccio levato poteva costare una pistolettata, non rappresenta un reato. Non vi è apologia, semmai un pizzico di nostalgia a titolo personale. E allora? Ciarrapico, fra un'acqua minerale e un calcio al pallone non ha mai nascosto i suoi legami con ambienti missini. Dire che il Ventennio gli ha dato “sofferenze e gioie”, rappresenta la personalissima rilettura di un periodo nel quale molte cose furono sbagliate, ma alcune furono anche azzeccate. Revisionismo all’amatriciana? Un po’… E’ stato incauto? Forse… Ma di qui a chiedere a Berlusconi e al PdL che lo ripudino ne corre. Anche se tutto è possibile, all’ombra di una campagna elettorale fin troppo soft. Il candidato ciociaro ha precisato a Bossi che non farà passi indietro. Ha smentito e specificato meglio, ha chiarito senza lasciarsi interpretare. Che davanti alla stampa libera e ai buonisti è sempre meglio ricordare al mondo d’esser contemporanei, e disinnescare tentativi di lettura molto molto strumentali. Difatti Ciarrapico ha chiarito il proprio pensiero in serata: “il giudizio sul fascismo lasciamolo agli storici”. Che vuol dire –almeno questo è chiaro- che ci ha già pensato De Felice al revisionismo storico e collettivo, ma nessuno ha il diritto di imporre il revisionismo individuale. Ancor meno sorprendente del Ciarrapico-pensiero, in verità, il sollevamento etico e morale della sinistra, sull’aria del motivetto che a loro piace tanto: “inaudito, inconcepibile, anticostituzionale”. A cominciare da Walter Obama Veltroni che mette all’indice il candidato del Cavaliere e detta le regole: “Chi ha reso quell’intervista non può essere parte di una lista conservatrice ma democratica come il PdL”. Seguìto poi dai soliti replicanti: “pesante piombo nell’ala” (Bertinotti), “apologia del ventennio” (Verdi), “destra populista” (Casini), “italiani attenti” (Finocchiaro). Orbene, è giusto che a chiunque sia consentito –in democrazia- dire la propria. Ma forse sarebbe il caso che la nuova sinistra, il nuovo che avanza, la piantassero con le polemiche politiche strumentali vecchio stampo. Ciarrapico è all’undicesimo posto della lista per il Senato, non andrà da nessuna parte e dopo le elezioni non ha prenotato nessuna marcia su Roma. Sventolare l’ombra del Duce ancora oggi, invece di rileggere più onestamente la storia e farla finita di giocare con le parole, è semplicemente ridicolo. Come questa sinistra del resto. Specie poi se i buoi insistono a dire cornuti agli asini. Si può parlare di moralità ma candidare De Mita, gli ex-brigatisti e gli sfasciavetrine e correre ad abbracciare Fidel, sostenere la jihad, infiorare le lapidi di Mao e Arafat? A sinistra sono cattivi maestri dallo sprint olimpico quando si tratta di urlare “al fascista” e dare lezioni, patenti, benedizioni. Salvo però essere impegnati a intitolare aule parlamentari ai teppisti, incitare a sparare sui soldati, firmare petizioni perché non scompaiano dai simboli le falci e i martelli (assieme ai soliti quattro nostalgici: Diliberto, Minà, Baldini e Bertè). In attesa di strappare alla Russia la mummia di Lenin, trovare il modo di cancellare Israele e occultare per un’altra cinquantina d’anni i morti titini nelle foibe. La sinistra urla che “a destra non si cambia”. Invece, a sinistra sì a quanto pare. Di tutto rispetto la posizione di Fiamma Nirenstein, eccellente penna candidata proprio con il PdL, quando ricorda la sua incompatibilità antifascista con chi ancora si dice fascista ma non si astiene dal sottolineare come difficilmente possano coesistere nel Pd le posizioni di Pannella (forse esule indipendente nel Psi Boselliano) con quelle di chi porta il cilicio. Come se altrove non vi fossero già abbastanza contraddizioni, insomma. Il centrodestra va verso destra? No, il centrodestra è semplicemente il centrodestra. E sta dove è sempre stato. Fini a parte. Riunito cioè attorno a un programma che né la Mussolini né Ciarrapico potranno cambiare da soli. Ma è utile ricordare che di fronte hanno ancora una sinistra, la cui gran parte dei componenti appoggiò con felicità l’iniziativa dell’Europa di porre sotto tutela l’Austria (Stato Membro) per sei mesi, solo perché aveva (democraticamente) eletto Haider. Un pericolosissimo emulo di Hitler, secondo i vati della “intellighenzia izquerda”. Quanti carri armati austriaci, di grazia, hanno marciato fino ad oggi sulla Polonia? Zero. Piuttosto, la Carinzia è una regione modello. Ma già, chi è senza programma scagli la prima pietra. Meglio agitare gli spettri altrui, scandalizzarsi davanti a una battuta ben interpretata nel senso più malevolo. Perché ci vuole poco a trasformare una affermazione in nostalgia. E a "Repubblica” sono professionisti in merito. Ha ragione chi dice che “è ora che la smetta questa sinistra di dare giudizi, di dare patenti, di vantare e ostentare una superiorità morale che non ha”. Inutile dire di non essere più sinistra o di non essere mai stati comunisti. Ma il Dna è quello. E nel Dna ci sono anche la falsificazione della notizia, la strumentalizzazione politica, la criminalizzazione dell’avversario. E anche le gocce di sangue di un centinaio di milioni di morti che la falce e il martello hanno sulla coscienza. Una lista infinita che continua a crescere dove nel mondo c'è il comunismo (a proposito, quante marce della pace contro la pena capitale in Cina?). Quella falce e quel martello che sono oggi custoditi nel cuore di antichi e nuovi alleati, alcuni dei quali sono ancora al governo assieme alla nuova sinistra che finge di non conoscerli, per scopi elettorali. Ma solo fino al prossimo estintore levato al cielo e alla prossima disobbedienza legalizzata.
mercoledì 12 marzo 2008
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