Berlusconi ha ripreso in mano la campagna elettorale ed è tornato a dettare il ritmo dell’agenda politica. E come sempre a modo suo. Con una comunicazione talmente empatica, per chi lo ama, e sgradevole, per chi lo detesta, da ottenere sempre e comunque il risultato atteso: essere ancor di più al centro del palcoscenico mediatico. Strappa il programma del Pd al Palalido di Milano per infiammare i suoi adepti, candida l’editore ciociaro dalle “nere nostalgie”, “perché in Lazio i suoi giornali sono importanti” e seduce in tv al TG2 la giovane precaria, invitandola a tentare di diventare sua nuora. La strategia è chiara, perché di strategia si tratta. Riaccendere l’odio verso di lui dell’elettorato del Pd, covato sotto la cenere pacificatrice sparsa a piene mani da Veltroni. E l’ex sindaco di Roma tentenna fra il desiderio di polemizzare, viste le incredibili opportunità offerte dalle presunte gaffe del suo competitore, o proseguire il proprio monologo con gli italiani senza quasi considerare il suo avversario. E così Berlusconi provoca lo scontro, accende la miccia del facile antiberlusconismo, anima i suoi ricordando che “quelli sono la stessa sinistra di sempre”. I media amici di Walter sono già caduti nel tranello. Sono giorni che nelle home page dei giornali e nelle prime pagine dei quotidiani si alternano le facce di Berlusconi e Ciarrapico. Certo per essere attaccati e vilipesi. E così nell’opinione pubblica di sinistra torna lo spettro dello “spirito caimano” del Cavaliere che desta tutte le nere fantasie del vecchio popolo dell’Unione. Ma intanto, Walter e la sua idea di Italia pacificata e fuori dalla transizione appare già un flebile ricordo. Una promessa sfiorita, come la sua rimonta. Cosa fare? Chiamare alle armi tutti gli elettori antiberlusconiani scendendo nella arena allestita per il duello finale dal leader azzurro, cercando di drenare più voti possibili dalla Sinistra Arcobaleno o andare avanti in giro per l’Italia con il Pulman verde, alla ricerca di un incontro reale con un idea di paese che forse non esiste? Nel secondo caso la sconfitta, sempre che la legge elettorale sia in grado di offrire una maggioranza salda al senato, sarebbe certa. Ma nel primo caso dovrebbe sconfessare una linea strategica e tutta le premesse politiche che lo hanno spinto a scegliere la rottura con la sinistra radicale, per correre da solo. Probabilmente sceglierà di proseguire il suo viaggio per l’Italia, di riconoscere ancora una dignità di competitore e non di avversario a Berlusconi e di guardare così oltre la possibile sconfitta del 13 aprile, per preparare un terreno fertile alle future occasioni che comunque attenderanno lui e il paese.
lunedì 17 marzo 2008
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