LA PROPOSTA DI LEGGE DI FUTURO E LIBERTA’ PREVEDE DI RICONOSCERE LA CITTADINANZA AI NATI IN ITALIA DA GENITORI STRANIERI STABILMENTE RESIDENTI DA ALMENO 5 ANNI O A COLORO CHE VI ABBIANO COMPIUTO UN INTERO CICLO SCOLASTICO… L’OBBLIGATORIETA’ DELLA DICHIARAZIONE PER I GENITORI ALL’ATTO DI NASCITA
La nostra proposta di legge mira a riconoscere il diritto di cittadinanza a quanti siano nati in Italia da genitori stranieri stabilmente residenti o a quanti, avendo raggiunto l’Italia da minori, vi abbiano compiuto un intero ciclo scolastico: una riforma epocale, sempre più improrogabile, che consentirebbe ad una fetta importante di giovani di essere parte della comunità nazionale.
Non amiamo definirli stranieri di seconda generazione, ma “italiani senza cittadinanza”.
Parlano italiano, spesso con inflessione dialettale, conoscono e vivono l’Italia come loro “casa”.
La scoperta di non godere appieno dei diritti e dei doveri dei loro amici o dei compagni di scuola – che solitamente avviene in età adolescenziale – provoca nella gran parte dei casi un senso profondo di esclusione e di discriminazione: si crea una sorta di «terra di mezzo», dove i bambini nati da genitori non italiani crescono con un senso di frustrazione, estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il futuro processo di integrazione e di inserimento sociale del minore.
L’iter attuale di acquisizione della cittadinanza, lungo e incerto, rappresenta per molti di questi giovani italiani la prova concreta di una “diversità” inaccettabile.
E’ sempre più diffuso il convincimento che sia ormai antistorico negare ad un giovane nato in Italia o emigratovi da bambino il diritto di essere italiano (i dati stimano che i minori stranieri nati o comunque residenti in Italia abbiano ormai raggiunto il milione di unità), passando dai principi dello «jus sanguinis» e da un’ottica «concessoria e quantitativa» della cittadinanza, sui quali si basa la legislazione vigente, al principio dello “jus soli temperato”, condizionato dalla stabilità del nucleo familiare in Italia o dalla partecipazione del minore a un ciclo scolastico-formativo.
L’ispirazione della presente proposta di legge – oltre ad avere come riferimento storico-culturale la tradizione del modello italiano, fondato su una identità dinamica ed aperta – si rifà alla Convenzione europea sulla nazionalità, del 6 novembre 1997, che prevede che lo Stato faciliti nel suo diritto interno l’acquisto della cittadinanza per le «persone nate sul territorio e ivi domiciliate legalmente ed abitualmente» [(articolo 6, paragrafo 4, lettera e)
Prevediamo al comma 1 dell’unico articolo che il minore nato in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno legalmente soggiornante da almeno cinque anni e attualmente residente, possa diventare cittadino italiano, previa dichiarazione di un genitore da inserire «obbligatoriamente» nell’atto di nascita.
L’obbligatorietà della dichiarazione introduce, per così dire, un onere a carico dello Stato a fare sì che il diniego sia consapevole o, da un altro punto di vista, a evitare che l’omissione dell’assenso avvenga per ignoranza della norma.
È un meccanismo previsto per soddisfare l’interesse dello Stato a favorire e a garantire l’instaurarsi del processo di integrazione.
Se il genitore, poi, dovesse dissentire, al soggetto è comunque garantita, sulla base degli stessi presupposti, la possibilità di diventare cittadino italiano richiedendolo entro due anni dal compimento della maggiore età.
Al comma 2 si presta invece attenzione ai minori che, seppure non nati in Italia, vi risiedano legalmente e compiano in Italia il proprio percorso formativo.
È previsto che un minore diventi cittadino italiano, su istanza del genitore (o del soggetto stesso se compie la maggiore età durante gli studi), se ha completato un percorso d’istruzione scolastica o di formazione professionale nel nostro Paese.
I commi da 3 a 6 contengono la disciplina di attuazione e le misure transitorie.
( da blog Fabio Granata)
http://www.destradipopolo.net/
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