Inutile per il presidente del Consiglio lanciare – mentre le istituzioni internazionali di fatto commissariano l’Italia – la sua fatwa contro i “traditori” che abbandonano la nave della maggioranza. Inutile minacciare l’Apocalisse contro i “fuggiaschi”, quando il giorno del giudizio si avvicina, sì, ma per il suo governo. I numeri non ci sono più. È crollato in poche ore l’ultimo baluardo (l’aritmetica parlamentare) che si ergeva a difesa di un esecutivo da tempo privo di contenuti, di prospettive, di legittimità “politica”. Se persino i tre “fedelissimi” Denis Verdini, Gianni Letta e Angelino Alfano – come racconta oggi la Repubblica – si sono presentati davanti al Cavaliere consigliandogli un passo indietro, significa che davvero l’avventura del berlusconismo è arrivata al capolinea.
Non c’è più molto da fare, per Silvio Berlusconi. Quel che si poteva acquistare è stato acquistato, le lusinghe non funzionano più, al pari delle minacce. Il Sultano, fino a qualche mese fa dominus assoluto di una maggioranza a prova di bomba, si ritrova solo (o quasi) sopra un campo di macerie. Un uomo politicamente vecchio, incapace di reggere a una crisi internazionale che sta mettendo a dura prova persino un “uomo nuovo” come Barack Obama. E a questa crisi, il nostro presidente del Consiglio ci è arrivato nel peggiore dei modi. Ci è arrivato con l’arroganza di chi ritiene di poter gestire un partito, un esecutivo, un paese come una delle sue aziende. Ci è arrivato con uno sciocco ottimismo che forse andava bene negli anni Ottanta ma oggi suona nel migliore dei casi irritante. Ci è arrivato con un fardello di vicende personali e giudiziarie che – oltre ogni ragionevole dubbio – hanno distrutto la credibilità sua e del paese. In queste condizioni, è durato fin troppo, complice una maggioranza parlamentare priva di legittimità popolare e pronta a tutto pur di garantirsi un posto in lista. Ma la misura è colma, ed è davvero l’ultima fermata. Ma per il paese, potrebbe essere la prima di un nuovo viaggio.
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