mercoledì 11 marzo 2009

SOGNI INFRANTI


La Bibbia – ma anche molta altra cultura antica, pur se pagana – dice che i patrimoni messi faticosamente in piedi dai padri saranno destinati a essere dilapidati dai figli. E volesse il cielo che fossero i figli: a volte sono i nipoti, sul cui DNA (politico) c’è forse da dubitare.
Eccolo qui; fu il sogno della giunta Caramelli: una piscina per Quarrata. Gli elettori di oggi, i nuovi e i giovani, non sanno di cosa si sta parlando, ma questa è la storia di Quarrata nell’ultimo quarto del secolo scorso. La giunta Caramelli (e ancor prima l’opposizione di sinistra) sognava questo per la città: una piscina a pochi passi dai campi da tennis, coperta, confortevole, in una zona destinata allo sport e al relax.
Questa struttura costò 150milioni di lire: attenzione, era una cifra enorme per quei tempi in cui uno stipendio medio era di 150mila lire al mese. Soldi gettati, sperperati e regalati alle serpi, ai gatti e ai cani randagi, ai topi e alle discariche abusive e a cielo semiaperto.
Ora questa struttura si vende perché dei privati realizzino almeno 15 appartamenti da 100 metri quadrati. E lo si fa su una strada oscenamente stretta (così in séguito dovremo accollarci anche l’onere pubblico di allargarla e renderla efficiente e transitabile a spese di tutti), all’imboccatura di una gola in cui il nuovo condominio infognerà, chi ha intenzione di risiedervi, ai bordi del rio di Tacinaia che si è trasformato in poco più che una gora e per giunta in una fascia pedecollinare sulla cui difesa le sinistre si sono sempre battute a spada tratta.
Il sindaco e gli assessori di oggi vestivano ancora alla marinara o erano appena al superiore quando Caramelli e Bertocci, con un volantinaggio feroce, impedirono l’urbanizzazione dell’area di Silvione tra il rio della Trave e via Carraia: stuprava il paesaggio; era un indegna mossa di speculazione.
Ma oggi ecco i nuovi stupri, in nome della mentalità aziendalistico-industriale di cui si sono fatte paladine, per prime, quelle sinistre che negli anni 70 avrebbero arato l’Italia in nome della bellezza della natura e della civiltà agro-pastorale…
Come cambiano i punti di vista, eh?

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