venerdì 11 marzo 2011

Riforma della Giustizia: I nostri dubbi nel merito


Certamente serve riformare una giustizia lenta e spesso dannosa per il Paese, soprattutto per la lentezza dei procedimenti civili che incidono molto negativamente sulla crescita economica. E servono molte delle misure previste dal disegno di legge costituzionale, che però è un testo furbo, una cornice che rimanda a successive norme ordinarie di cui oggi non si sa nulla. Siamo d’accordo infatti sulla separazione delle carriere tra pm e giudici, ma il testo del governo enuncia il principio e non dice come sarà fatta questa separazione.

Se l’obiettivo è distaccare il pm dal giudice è giustissimo, se invece qualcuno vuole sottomettere le procure al potere politico noi non possiamo essere d’accordo. L’altro tema importante riguarda l’obbligatorietà dell’azione penale, che è un bel principio di difficile applicazione. Il pm ha sulla scrivania cento fascicoli, ne può portare a termine dieci e alla fine sceglie lui. Va bene quindi fissare dei criteri per dare priorità a questo o quel fascicolo ed evitare eccessi di prescrizioni – così come emerse nella famosa circolare Maddalena -, ma sarebbe un errore cassare il principio. Oggi l’obbligatorietà è un principio costituzionale che il governo vuole derubricare in una norma ordinaria per poi far decidere alla politica quali reati devono essere perseguiti e quali abbandonati.

Questo in Italia è oggettivamente impossibile, anche perché da una legislatura all’altra avremmo ministri con idee diametralmente opposte che sconvolgerebbero di volta in volta il sistema. Un’altra questione è la responsabilità civile del giudice. È giusto che anche il magistrato che sbaglia con dolo paghi le conseguenze dei suoi errori, ma questo è già previsto oggi. Il cittadino danneggiato fa causa allo Stato che se perde si rivale sul magistrato. Prevedere la possibilità di intentare direttamente una causa civile al giudice rischia di intimorire quest’ultimo e alla prima casa pignorata a un giudice i colleghi potrebbero assolvere tutti pur di non rischiare, minando le ragioni dell’esistenza dei Tribunali. Infine lo sganciamento della polizia dai pm nelle indagini. Questo è un tema delicato con pro e contro, ma bisogna riflettere soprattutto sul rischio che affidare le indagini alla polizia rischia una deriva poliziesca che non appartiene alla storia della civiltà giuridica italiana. Nessuna paura a discutere, dunque, e anche ad affrontare costruttivamente i temi sul tappeto, ma con grandi perplessità su questi quattro punti, che se mal riformati potrebbero segnare la fine della gloriosa tradizione giuridica del nostro Paese.

Italo Bocchino

1 commento:

Anonimo ha detto...

Alla base di tutto il progetto di riforma c’è la volontà di sottomettere i giudici al potere politico.
D’altronde Berlusconi dicendo che con questa riforma “non ci sarebbe stata tangentopoli” dice tutto.
Peccato che per gli onesti Tangentopoli sia stata una panacea che ha spazzato via due partiti ipercorrotti come PSI e DC, mentre per Berlusconi reati come corruzione, ricettazione, finanziamento illecito e falso in bilancio sono da cancellare e non meritano di essere perseguiti.
Con questa riforma solo i “poveri Cristi” saranno perseguiti, mentre i potenti la passeranno liscia.
Siamo nel solco del berlusconismo: privilegi ed impunità.