A voi che siete sparsi in giro per il mondo, e dunque non potete leggere queste righe, vogliamo lanciare comunque un appello: la prossima volta, pensateci bene prima di imbarcarvi su un aereo per una meta lontana, per una spiaggia esotica. E quando ci avete pensato, sfogliato depliant, guardato cataloghi, riponete il tutto in un cassetto, tirate fuori una bella guida dell’Italia e partite. Magari in treno, pur con tutti i limiti delle nostre sgangherate ferrovie. Direte: che gli ha preso a questo? La tragedia del Kenya, i rischi che corrono i nostri connazionali, lo hanno spinto sulla strada dell’autarchia turistica? Figuriamoci. In un mondo globalizzato solo un pazzo potrebbe pensare a rinchiudersi nelle proprie frontiere. Non l’abbiamo fatto con le Torri gemelle. Non è successo dopo lo Tsunami. Niente può fermare il movimento degli esseri umani sulle strade di cielo e di mare del terzo millennio. Ma prima di andare a rischiare la pelle sotto una palma lontana, vogliamo dare un’occhiata alle meraviglie che abbiamo dietro casa? I seimila italiani che oggi sono in Kenya hanno visto la Cappella Sistina, i templi di Paestum, le ville del Palladio, le Dolomiti? Hanno visitato Firenze, Mantova, Ferrara? Prima di andare in Camargue, hanno dato un’occhiata
al delta del Po? Insomma: si sono guardati in tasca prima di frugare nel salvadanaio degli altri? In molti casi no. Allora, quello che sta succedendo in Kenya e il prevedibile, inevitabile fuggi fuggi, ci serva almeno a scoprire noi stessi. Apriamoci al mondo, certo. Ma dopo aver esplorato l’Italia. Dove i bagni sono solo di mare. E mai di sangue.
al delta del Po? Insomma: si sono guardati in tasca prima di frugare nel salvadanaio degli altri? In molti casi no. Allora, quello che sta succedendo in Kenya e il prevedibile, inevitabile fuggi fuggi, ci serva almeno a scoprire noi stessi. Apriamoci al mondo, certo. Ma dopo aver esplorato l’Italia. Dove i bagni sono solo di mare. E mai di sangue.
Gabriele Canè da "La Nazione" del 2 gennaio
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