Napolitano: plauso unanime, ma con letture diverse. Così hanno aperto i notiziari stanchi e assonnati del primo giorno dell’anno, a commento del discorso del Presidente Giorgio Napolitano, rivolto agli italiani la notte di san Silvestro.
Una sintesi tanto perfetta quanto deprimente. Nella sua illogicità e incoerenza semantica, una sintesi nella quale sta tutta l’inutilità di questo rito annuale che si ripete con annosa insistenza (con la sola eccezione dell’ultimo Cossiga) sempre gli stessi contenuti: l’intangibilità della Carta Costituzionale (scritta da uomini nati nella seconda metà del 1800!), l’unità della nazione (magari!), le riforme (ovviamente condivise), la pace sempre e comunque (anche quando ti arrivano due razzi Qassam in cucina all’ora di pranzo), l’Europa (ma quale, ma dove)….
Il giorno successivo i plausi sono sempre unanimi e le letture sempre diverse, come sono sempre gli stessi, dopo la befana, i veti, i distinguo, le riforme non fatte, per difendere questa o quella rendita. Insomma un’ inutile cerimonia per santificare il politicamente corretto e per far sì che nulla cambi.Nella mia risaputa, smisurata ed immodesta arroganza, ecco che cosa mi sarei aspettato dal discorso di Napolitano, seguendone i punti da lui toccati.Sul Medio Oriente avrei semplicemente citato l’articolo 7 della carta costitutiva di Hamas: « [...]Il Profeta – le benedizioni e la salvezza di Allah siano su di Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: 'O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”». Hamas è un gruppo terroristico che vuole la distruzione d’Israele e che sta riducendo alla fame i Palestinesi della Striscia di Gaza e, caro D’Alema (lo statista che ama passeggiare a braccetto con i capi Hezbollah a Beirut), tanto basta per dare a Israele il diritto di difendersi. Finché questo punto non sarà chiarito, nessuna pace è possibile in Medio Oriente, finché i regimi autoritari d’Iran e Siria continueranno a rifornire di armi Hamas ed Hezbollah, nessuna pace è realistica. Vogliamo dire, o no, che noi in Occidente, scegliamo l’unico Stato democratico del Medio Oriente e siamo contro i terroristi e i dittatori!?
Su tutt’altro argomento, la crisi economica, Napolitano non ha pronunciato l’unica parola determinante in questo momento: ottimismo. Ottimismo perché il fondo è stato toccato, perché Wall Steet non può crollare un giorno si e uno no, come invece dicono i telegiornali, perché per la prima volta dal 1959 i prezzi diminuiscono (siamo in deflazione, qualcuno lo dica alla BCE!) e non solo i prezzi dei beni di consumo, ma anche quelli delle case, dell’energia, della benzina, dei mutui. Ciò lo sintetizza l’Isae, che ogni mese pubblica la percentuale delle famiglie in difficoltà (che sono cioè costrette a fare debiti o ad intaccare i risparmi): l’ultimo dato mensile disponibile al 13 dicembre scorso ci dice che la percentuale è scesa al 15,3% dal 20% del primo semestre dell’anno. Insomma aumenta il potere d’acquisto delle famiglie. Qualcuno lo dica, per favore.
E’ vero tuttavia che il reale problema è mantenere il reddito, il posto di lavoro, ma su questo il Presidente avrebbe dovuto pronunciare un’altra semplice parolina: liberalizzazioni, lasciar che le imprese facciano il loro mestiere senza lacci o lacciuoli, liberi e responsabili nella loro capacità di rischiare, competere e creare benessere e posti di lavoro.
Questo ultimo passaggio inevitabilmente introduce il terzo grande tema affrontato da Napolitano, le riforme. Per fare le riforme, dice il Presidente, è necessario che esse siano condivise (ma avrebbe sicuramente voluto dire concertate), che le forze politiche facciano uno sforzo di impegno comune per l’interesse pubblico e via con la solita retorica del dialogo.
No, Presidente, per fare le riforme ci vogliono solo (!) due semplici condizioni, la legittimazione degli elettori e il coraggio. Era sufficiente dire, dialogate il meno possibile ma abbiate coraggio, fatele queste benedette riforme, fregatevene delle caste e delle rendite, dei no-Tav e di tutti quelli che semplicemente difendono interessi particolari, ridate a questo Paese le condizioni per volare.Caro Presidente Napolitano, non basta citare Roosevelt per essere Roosevelt.
Una sintesi tanto perfetta quanto deprimente. Nella sua illogicità e incoerenza semantica, una sintesi nella quale sta tutta l’inutilità di questo rito annuale che si ripete con annosa insistenza (con la sola eccezione dell’ultimo Cossiga) sempre gli stessi contenuti: l’intangibilità della Carta Costituzionale (scritta da uomini nati nella seconda metà del 1800!), l’unità della nazione (magari!), le riforme (ovviamente condivise), la pace sempre e comunque (anche quando ti arrivano due razzi Qassam in cucina all’ora di pranzo), l’Europa (ma quale, ma dove)….
Il giorno successivo i plausi sono sempre unanimi e le letture sempre diverse, come sono sempre gli stessi, dopo la befana, i veti, i distinguo, le riforme non fatte, per difendere questa o quella rendita. Insomma un’ inutile cerimonia per santificare il politicamente corretto e per far sì che nulla cambi.Nella mia risaputa, smisurata ed immodesta arroganza, ecco che cosa mi sarei aspettato dal discorso di Napolitano, seguendone i punti da lui toccati.Sul Medio Oriente avrei semplicemente citato l’articolo 7 della carta costitutiva di Hamas: « [...]Il Profeta – le benedizioni e la salvezza di Allah siano su di Lui – dichiarò: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: 'O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo; ma l’albero di Gharqad non lo dirà, perché è l’albero degli ebrei”». Hamas è un gruppo terroristico che vuole la distruzione d’Israele e che sta riducendo alla fame i Palestinesi della Striscia di Gaza e, caro D’Alema (lo statista che ama passeggiare a braccetto con i capi Hezbollah a Beirut), tanto basta per dare a Israele il diritto di difendersi. Finché questo punto non sarà chiarito, nessuna pace è possibile in Medio Oriente, finché i regimi autoritari d’Iran e Siria continueranno a rifornire di armi Hamas ed Hezbollah, nessuna pace è realistica. Vogliamo dire, o no, che noi in Occidente, scegliamo l’unico Stato democratico del Medio Oriente e siamo contro i terroristi e i dittatori!?
Su tutt’altro argomento, la crisi economica, Napolitano non ha pronunciato l’unica parola determinante in questo momento: ottimismo. Ottimismo perché il fondo è stato toccato, perché Wall Steet non può crollare un giorno si e uno no, come invece dicono i telegiornali, perché per la prima volta dal 1959 i prezzi diminuiscono (siamo in deflazione, qualcuno lo dica alla BCE!) e non solo i prezzi dei beni di consumo, ma anche quelli delle case, dell’energia, della benzina, dei mutui. Ciò lo sintetizza l’Isae, che ogni mese pubblica la percentuale delle famiglie in difficoltà (che sono cioè costrette a fare debiti o ad intaccare i risparmi): l’ultimo dato mensile disponibile al 13 dicembre scorso ci dice che la percentuale è scesa al 15,3% dal 20% del primo semestre dell’anno. Insomma aumenta il potere d’acquisto delle famiglie. Qualcuno lo dica, per favore.
E’ vero tuttavia che il reale problema è mantenere il reddito, il posto di lavoro, ma su questo il Presidente avrebbe dovuto pronunciare un’altra semplice parolina: liberalizzazioni, lasciar che le imprese facciano il loro mestiere senza lacci o lacciuoli, liberi e responsabili nella loro capacità di rischiare, competere e creare benessere e posti di lavoro.
Questo ultimo passaggio inevitabilmente introduce il terzo grande tema affrontato da Napolitano, le riforme. Per fare le riforme, dice il Presidente, è necessario che esse siano condivise (ma avrebbe sicuramente voluto dire concertate), che le forze politiche facciano uno sforzo di impegno comune per l’interesse pubblico e via con la solita retorica del dialogo.
No, Presidente, per fare le riforme ci vogliono solo (!) due semplici condizioni, la legittimazione degli elettori e il coraggio. Era sufficiente dire, dialogate il meno possibile ma abbiate coraggio, fatele queste benedette riforme, fregatevene delle caste e delle rendite, dei no-Tav e di tutti quelli che semplicemente difendono interessi particolari, ridate a questo Paese le condizioni per volare.Caro Presidente Napolitano, non basta citare Roosevelt per essere Roosevelt.
da l'occidentale
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