giovedì 8 gennaio 2009

La Iervolino disobbedisce a Veltroni ma obbedisce a Bassolino


Come il primo giorno di scuola quando i bambini arrivano accompagnati dai genitori. Così sarà pure per il senatore piemontese Enrico Morando, il commissario Pd che dovrà gestire la situazione napoletana: Veltroni lo accompagnerà il giorno del suo insediamento a Napoli. Cosa riuscirà a fare una volta rimasto solo all’ombra del Vesuvio non si sa, nessuno si aspetta miracoli. L’Europeo, il giornale della Margherita, fa addirittura dell’ironia e consiglia di affiancare un interprete a Morando considerate le sue origini settentrionali. Questo fa capire che clima si respiri in piazza Santa Anastasia. Il guazzabuglio napoletano è il simbolo del caos dentro il Pd.
La difficoltà del partito nel gestire la situazione dimostra tutta la leggerezza romana al cospetto dei potentati locali. Il terremoto di Napoli è la prova del nove. Non che Pescara, Firenze o la Sardegna siano questioni da poco conto. Tutt’altro. Ma la vicenda Napoli è autarchia locale allo stato puro senza contaminazioni di sorta. Da Roma nei mesi scorsi era partita la richiesta di dimissioni per Bassolino, richieste inutili perché il governatore non si è mosso, né ha mai pensato di farlo. Chi invece chiedeva quelle del sindaco Iervolino ha ricevuto la stessa risposta. Si sperava in un azzeramento della giunta ma c’è stato solo un rimpasto di assessori. Poi il sindaco si è messo a registrare le sue conversazioni con il segretario cittadino Nicolais ed è scoppiato il finimondo.
Ora il primo cittadino, dalle colonne dell’Unità, fa sapere che a Napoli si è pronti a ripartire visto che i disonesti sono stati cacciati e lei è pronta a guidare la città fino alla scadenza naturale del proprio mandato che avverrà nel 2011. Come era prevedibile questo modus operandi ha scatenato ulteriori polemiche, vedi Parisi e Violante o svegliato chi dal marasma si era allontanato, come Emma Gianmatteri, ex segretario provinciale pd di Napoli e fatto parlare illustri colleghi della Iervolino, ed è il caso di Cacciari. Tutti si sfogano e la guerra tra gli esponenti del Pd avviene a colpi di interviste e comunicati stampa.
Luciano Violante boccia quanto accaduto: “Il Pd deve far capire che la scelta non è condivisa”. L’ex Presidente della Camera avrebbe preferito un azzeramento, un cambio radicale della giunta, c’è la crisi e il partito la deve affrontare di petto, “non se ne esce con una toppa qua un commissario là”. Parisi, nella sua quotidiana litania di critiche contro tutto e tutti, tralascia i problemi locali più semplicemente perché i problemi sono al vertice, considerato che il Pd “è una somma di debolezze”.
Emblematica la testimonianza che dalle colonne di Libero ha fatto invece Emma Gianmattei, ex segretario provinciale del Pd a Napoli, in carica per appena sei mesi. Lei, studiosa ed intellettuale di rango europeo, era stata scelta da Veltroni per rappresentare il nuovo corso veltroniano. Il suo ruolo è durato appena sei mesi, ma gli sono bastati per arrivare ad affermare che la sinistra a Napoli sia peggio di un girone infernale, paragonando la situazione della città partenopea a quella di Beirut, con i clan in lotta per la conquista del potere e con i capi romani troppo deboli di fronte lo strapotere bassoliniano. Dopo di lei arrivò Nicolais, l’uomo al centro delle registrazioni durante i suoi incontri con il Sindaco, dimessosi a sua volta.
Critiche alla Iervolino anche da Massimo Cacciarri che avrebbe preferito l’azzeramento della giunta con dimissioni corali di tutti. Rosa Russo, facendo di testa sua, ha contribuito a ledere la già labile leadership veltroniana. D’altronde a Napoli e in tutta la Campania è chiaro chi abbia la barra del comando in mano e l’origine bassoliniana dei neo assessori incaricati ha ribadito il concetto. Quindici anni di gestione del potere non si scalfiscono nominando questo o quel coordinatore. Antichi rancori, dispute tra correnti, lotte tra mille piccoli potentati, minicorrenti personali, micro partiti locali, tutto questo rischia di far impazzire il Pd. Proprio come una maionese.
Constata la impossibilità di manovrare concretamente il suo partito a livello locale Walter è ora chiamato ad una nuova fase, quella che dovrebbe portare ad un Pd solido, l’esatto opposto di quello che sta avvenendo nel Pdl dove l’intento è quello di un partito leggero e abile. Ma Veltroni, non potendo contare sul potere del “Ruolo”, necessità del potere del “Partito”. Solo così sarebbe in grado di far fronte ai potentati locali. Come si costruisce un partito solido lo spiega dalle colonne del Foglio Andrea Orlando, portavoce del Pd: si inizia dando centralità agli iscritti, attraverso il tesseramento e restaurando l’autorità del partito portandone avanti costruzione e radicamento. Un conto insomma è il radicamento del signorotto locale, come avviene adesso, un altro è quello del Partito. Se Veltroni riesce nell’operazione il Pd torna a respirare, se il leader romano fallisce anche qui si rischia una brusca retromarcia che potrebbe far incrinare il Pd tutto.
Qualcuno si domanderà: ma Veltroni questo processo di solidità non poteva iniziarlo prima? Non avrebbe sprecato tutto questo tempo.
Michele Ruschioni, L'Ocidentale, 8 Gennaio 2009

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