IL FONDATORE DELLE BRIGATE ROSSE SI LAMENTA DI ESSERSI VISTA RESPINTA LA RICHIESTA DI PENSIONE… NELLE CARCERI NON HANNO VERSATO I CONTRIBUTI… QUELLA SOCIALE NON GLI SPETTA PERCHE’ LA MOGLIE HA UN REDDITO SUPERIORE AL NECESSARIO… VOLEVA PORTARE LA LOTTA AL CUORE DELLO STATO, HA FINITO PER PORTARE I MODULI ALL’INPS
Di lui aveva scritto Indro Montanelli nel lontano 1984, definendolo “un terrorista che aveva mantenuto la testa alta, la dignità e il coraggio. E’ a questa diversità che ci inchiniamo”.Parlava di Renato Curcio, fondatore dell’organizzazione terroristica “Brigate Rosse”, di cui fu l’ispiratore, più che un attivista, la mente più che il braccio armato.Le Br iniziano ad operare nel 1970, Curcio viene arrestato nel 1974. Famoso il suo documento di rivendicazione dell’omicidio di Aldo Moro, definito “un criminale”.Sarà scarcerato nel 1998, quattro anni prima della scadenza della pena prevista: mai pentito, mai dissociato, colui per il quale “l’omicidio era un principio accettato nella logica della pratica rivoluzionaria”, l’inventore della stella a cinque punte, Renato Curcio ora ha 67 anni e collabora da tempo a una cooperativa “di produzione e di lavoro”, scrive qualche libro e gira l’Italia a tenere conferenze come un “vecchio saggio”.Nulla da obiettare da parte nostra, sono le leggi dello Stato e preferiamo la coerenza a chi si è pentito, godendone i privilegi, un attimo dopo essere stato catturato ( chissà perché nessuno si pente mai prima di essere arrestato…) e diventando delatore dei suoi ex compagni. Ma proprio per questa premessa, leggiamo come una mancanza di dignità e una caduta di stile la polemica che Curcio ha sollevato circa la sua richiesta di pensione che è stata respinta dall’Inps. Abituato a immaginarlo mentre preparava i ciclostilati di rivendicazione delle azioni terroristiche delle Brigate Rosse per “colpire il cuore dello Stato”, ci risulta patetico immaginarlo a compilare la modulistica dell’Inps per richiedere a quello stesso Stato che legittimamente, dal suo punto di vista, avrebbe voluto annientare, il trattamento previdenziale di fine rapporto.Ma come, ci chiediamo, siamo partiti dal “colpiscine uno per educarne cento”, per finire a reclamare le marchette dalle istituzioni? Eh no, basta con questi rivoluzionari del cazzo, un minimo di dignità nella vita ci vuole.Va bene cambiare idea e non riconoscersi più in quelle lotte e in quei metodi, ma quanti “nemici” sono stati ammazzati in nome di quegli ideali e quanti non possono oggi riempire quella modulistica, quante loro famiglie hanno visto la loro vita distrutta, senza aiuti dallo Stato?Loro non avevano fatto una scelta rivoluzionaria, magari stavano dall’altra parte, come i militanti del Msi di Padova, o erano funzionari dello Stato come agenti e magistrati: loro alla pensione non vi sono arrivati, caro Renato. Li avete ammazzati prima.Tu hai scelto di fare il rivoluzionario, hai pagato il tuo debito secondo le leggi vigenti. Ma è giusto anche nelle scelte sbagliate conservare la cosa più importante: la dignità.E chiedere oggi la pensione allo Stato è perdere la propria dignità, rivendicare le marchette per i lavori che facevi in carcere e che non ti avrebbero versato (e che pare l’Inps non riconosca) è concetto degno della peggiore mentalità borghese propria di quegli esempi che avevi combattuto.Ma come, inizi le lotte all’Università di Trento per finire in coda a un Caf per farti compilare la richiesta della social card?Permetti ad uno che ha fatto politica molto a destra, in una scuola dove due studenti di sinistra aderirono poi alle Br, a chi come me ha vissuto a Genova negli anni degli omicidi Coco, Esposito, del rapimento del giudice Sossi, dell’assalto al covo di Oregina, a uno che faceva politica opposta alla vostra, di dirti che nella vita ci vuole un minimo di coerenza e di dignità.Le scelte si pagano, ma quando si perde non ci si genuflette ai vincitori.A destra abbiamo lottato per la sopravvivenza, per l’onore, per la vita, mai per il vitalizio.
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