Dopo la pugnalata alle spalle con cui Mastella ha dato il colpo di grazia al moribondo governo di Prodi, il centrodestra ha riacquistato una compattezza e una determinazione che aveva perso. Era stato lo stesso Berlusconi a demolire la sua coalizione prima fondando il nuovo partito, il popolo delle libertà, e poi rompendo l’asse con Fini e Casini. Se Atene cioè il centrosinistra piangeva, Sparta, cioè il centrodestra, non versava in condizioni migliori. Poi la fine di Prodi è coincisa con la ripresa del centrodestra dove tutti sono tornati amici come prima. Elezioni subito è la parola d’ordine che mette in riga tutta l’opposizione. Ma la riforma elettorale? Se davvero Marini fallisce e Napolitano scioglie le Camere, è probabile, ma non scontata, la vittoria del centrodestra. Ma questo non conta. Posto che il referendum slitta di un anno, un governo appena eletto non ha gran voglia di cimentarsi nelle riforme perché hanno un alto costo in termini di consenso intero alla maggioranza. In Italia le riforme spaccano i governi e specialmente le riforme elettorali fomentano conflitti, perché vanno a toccare i partiti, che sono il cuore della politica italiana. E’ davvero difficile immaginare un governo che affronti una riforma che entrerà in funzione solo fra due anni – perché nel 2009 ci sono già le europee e nel 2010 le regionali. E allora come si fa a restituire lo scettro ai cittadini con una riforma elettorale maggioritaria o almeno con l’indicazione della preferenza? Questa è la vera incognita che rischia di venire svalutata dalle ambizioni del centrodestra e dallo sbandamento della sinistra.
venerdì 1 febbraio 2008
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