I fanciulli che hanno sfilato - nei giorni scorsi - contro la riforma Gelmini, non hanno colpe.
Non hanno colpa della loro ignoranza, del fatto che abbiano scandito slogans stantii, sempre gli stessi, buoni per ogni occasione. Dunque mai pertinenti e mai giusti.
Non hanno colpa nemmeno per il fatto di aver bruciato alcuni grembiuli. Certo, il gesto è stato forte, eccessivo. Ma sono fanciulli: in mancanza d’argomenti forti, s’affidano ad azioni dal forte valore simbolico.
Non hanno colpe, quei ragazzotti. Se gli viene fatto il lavaggio del cervello, se vengono date loro informazioni distorte, manipolate: è ovvio reagiscano in modo scomposto. D’altra parte a quella età, è permesso essere stolti ed incoscienti. Lo siamo stati tutti, chi più, chi meno.
La questione è un’altra, invece. E’ che la sinistra, sulla riforma della scuola, sta mentendo.
Non solo e semplicemente agli italiani, che già sarebbe grave: sta mentendo anche a se stessa.
Sta ripudiando, infatti, lo spirito riformista cui diceva di voler dare sostanza. E forse, sta finanche ripudiando se stessa. Sta tradendo se stessa.
Se è vero com’è vero, che alcune delle misure che la Gelmini vuole attuare - e che però il Pd contesta - sono le stesse suggerite da Luigi Berlinguer: già Ministro dell’Istruzione, al tempo del governo Prodi.
A dirlo, non è il sottoscritto. Ma un esponente del partito guidato da Veltroni: Franco Bassanini.
Che, non a caso, contesta aspramente le attuali prese di posizione del Pd, in materia:
“Se la Gelmini chiede l’applicazione di un articolo del regolamento dell’autonomia scolastica, una misura strategica della legge 59 che porta il mio nome, non posso dire che mi dispiace”.
Il giornalista, poi, chiede: “Prendiamo il regolamento sulle dimensioni delle istituzioni scolastiche del 1998. Dice che un ufficio di presidenza è uno spreco in un istituto con meno di 500 alunni e suggerisce di accorpare la scuola ad una più popolata. La Gelmini chiede che la regola sia applicata e l’opposizione protesta”.
E Bassanini replica:
“Chi si sposta da una scuola all’altra è il preside, non gli studenti. E’ un tipo di soluzione che consente di soddisfare esigenze contrastanti. Questa regola di un minimo di 500 alunni è stata decisa dall’allora ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ma io l’ho condivisa”.
“Una opposizione seria non può fare la guerra a misure che essa stessa ha voluto quando era al governo - quella misura io l’ho condivisa - a meno che non si sia resa conto che sono misure sbagliate. Ma allora perché non ha cambiato il decreto legislativo durante i due anni del governo Prodi?”.
Il Partito democratico, inoltre, sostiene che la Gelmini voglia sopprimere 4.000 scuole. Così non essendo, perché il Ministro dell’Istruzione vorrebbe venissero accorpate - ad opera delle Regioni - quelle che hanno meno di 50 studenti.
E anche su questo, Bassanini concorda:
“Se questo è vero, io penso che alcune critiche siano ingiustificate. Un istituto scolastico di dimensioni minori presenta tre tipi di problemi. Il primo riguarda i costi. In un edificio piccolo inevitabilmente il costo per alunno è più elevato. Inoltre resta difficile mantenere un alto livello di qualità dell’apprendimento. Accade quando ci sono troppi alunni per classe ma anche quando sono troppo pochi, anche a causa di un’insufficiente interazione tra bambini. Questo spinge verso l‘aggregazione di dimensioni ottimali e verso la chiusura di quelli troppo piccoli. Ma esiste anche un terzo problema, che è quello di non chiudere strutture scolastiche che hanno una funzione di presidio del territorio perché questo favorirebbe lo spopolamento. Occorre trovare un punto di equilibrio”.
Proprio così, un “punto di equilibrio”.
Il problema è che il Pd - come ha rilevato anche Galli della Loggia, ieri - su questa questione, come su altre, non è affatto intenzionato a cercare un “punto di equilibrio”; ad esprimere proposte nell’interesse della Nazione; a dare suggerimenti alla maggioranza, come in qualunque parte del mondo, farebbe una forza autenticamente riformista e di governo.
Il Pd, a quanto pare, sembra semplicemente interessato a vellicare gli istinti più rozzi ed incolti del proprio elettorato. E ad alimentare quell’antiberlusconismo di sostanza e di maniera, che - negli ultimi 15 anni - è stato l‘unica proposta politica (sic) formulata dalla sinistra italiana.
Il Paese meriterebbe una sinistra migliore. Una sinistra capace di governare, e di risolvere problemi.
E non una sinistra che, pur di opporsi ad un esecutivo di destra, arrivi a protestare contro se stessa; rinnegando misure che, non più tardi di qualche anno fa, convintamente ebbe ad adottare.
E’ ridicolo, tutto ciò.
Non hanno colpa della loro ignoranza, del fatto che abbiano scandito slogans stantii, sempre gli stessi, buoni per ogni occasione. Dunque mai pertinenti e mai giusti.
Non hanno colpa nemmeno per il fatto di aver bruciato alcuni grembiuli. Certo, il gesto è stato forte, eccessivo. Ma sono fanciulli: in mancanza d’argomenti forti, s’affidano ad azioni dal forte valore simbolico.
Non hanno colpe, quei ragazzotti. Se gli viene fatto il lavaggio del cervello, se vengono date loro informazioni distorte, manipolate: è ovvio reagiscano in modo scomposto. D’altra parte a quella età, è permesso essere stolti ed incoscienti. Lo siamo stati tutti, chi più, chi meno.
La questione è un’altra, invece. E’ che la sinistra, sulla riforma della scuola, sta mentendo.
Non solo e semplicemente agli italiani, che già sarebbe grave: sta mentendo anche a se stessa.
Sta ripudiando, infatti, lo spirito riformista cui diceva di voler dare sostanza. E forse, sta finanche ripudiando se stessa. Sta tradendo se stessa.
Se è vero com’è vero, che alcune delle misure che la Gelmini vuole attuare - e che però il Pd contesta - sono le stesse suggerite da Luigi Berlinguer: già Ministro dell’Istruzione, al tempo del governo Prodi.
A dirlo, non è il sottoscritto. Ma un esponente del partito guidato da Veltroni: Franco Bassanini.
Che, non a caso, contesta aspramente le attuali prese di posizione del Pd, in materia:
“Se la Gelmini chiede l’applicazione di un articolo del regolamento dell’autonomia scolastica, una misura strategica della legge 59 che porta il mio nome, non posso dire che mi dispiace”.
Il giornalista, poi, chiede: “Prendiamo il regolamento sulle dimensioni delle istituzioni scolastiche del 1998. Dice che un ufficio di presidenza è uno spreco in un istituto con meno di 500 alunni e suggerisce di accorpare la scuola ad una più popolata. La Gelmini chiede che la regola sia applicata e l’opposizione protesta”.
E Bassanini replica:
“Chi si sposta da una scuola all’altra è il preside, non gli studenti. E’ un tipo di soluzione che consente di soddisfare esigenze contrastanti. Questa regola di un minimo di 500 alunni è stata decisa dall’allora ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, ma io l’ho condivisa”.
“Una opposizione seria non può fare la guerra a misure che essa stessa ha voluto quando era al governo - quella misura io l’ho condivisa - a meno che non si sia resa conto che sono misure sbagliate. Ma allora perché non ha cambiato il decreto legislativo durante i due anni del governo Prodi?”.
Il Partito democratico, inoltre, sostiene che la Gelmini voglia sopprimere 4.000 scuole. Così non essendo, perché il Ministro dell’Istruzione vorrebbe venissero accorpate - ad opera delle Regioni - quelle che hanno meno di 50 studenti.
E anche su questo, Bassanini concorda:
“Se questo è vero, io penso che alcune critiche siano ingiustificate. Un istituto scolastico di dimensioni minori presenta tre tipi di problemi. Il primo riguarda i costi. In un edificio piccolo inevitabilmente il costo per alunno è più elevato. Inoltre resta difficile mantenere un alto livello di qualità dell’apprendimento. Accade quando ci sono troppi alunni per classe ma anche quando sono troppo pochi, anche a causa di un’insufficiente interazione tra bambini. Questo spinge verso l‘aggregazione di dimensioni ottimali e verso la chiusura di quelli troppo piccoli. Ma esiste anche un terzo problema, che è quello di non chiudere strutture scolastiche che hanno una funzione di presidio del territorio perché questo favorirebbe lo spopolamento. Occorre trovare un punto di equilibrio”.
Proprio così, un “punto di equilibrio”.
Il problema è che il Pd - come ha rilevato anche Galli della Loggia, ieri - su questa questione, come su altre, non è affatto intenzionato a cercare un “punto di equilibrio”; ad esprimere proposte nell’interesse della Nazione; a dare suggerimenti alla maggioranza, come in qualunque parte del mondo, farebbe una forza autenticamente riformista e di governo.
Il Pd, a quanto pare, sembra semplicemente interessato a vellicare gli istinti più rozzi ed incolti del proprio elettorato. E ad alimentare quell’antiberlusconismo di sostanza e di maniera, che - negli ultimi 15 anni - è stato l‘unica proposta politica (sic) formulata dalla sinistra italiana.
Il Paese meriterebbe una sinistra migliore. Una sinistra capace di governare, e di risolvere problemi.
E non una sinistra che, pur di opporsi ad un esecutivo di destra, arrivi a protestare contro se stessa; rinnegando misure che, non più tardi di qualche anno fa, convintamente ebbe ad adottare.
E’ ridicolo, tutto ciò.
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