Impressionante. Quando la sinistra – non quella riformista ma ideologica – parte, non la si può più fermare nella corsa a sfasciare tutto. Nel campo della scuola avevamo previsto già mesi fa proprio su Il Sussidiario questo andazzo. Scrivevamo che Veltroni avrebbe cercato di compattare la sua leadership lanciando le truppe tradizionalmente fedeli contro il governo. E dover trovarle se non nella scuola e nell’università? Ecco fatto. Dunque scioperi, occupazioni eccetera. Il tutto sulla base di proclami astratti, con accuse surreali addirittura di razzismo indirizzati alla maggioranza e al ministro Gelmini in particolare.
Ci riferiamo in particolare alla mozione della Lega sulla formazione delle classi, che è stata fatto propria anche dal Popolo della libertà. L’idea è molto semplice, e nasce da una considerazione pratica. Oggi molti bambini e ragazzi stranieri entrano nella scuola senza sapere l’italiano. Non solo: spesso sono la maggioranza. Il risultato è una particolare lentezza nello sviluppo dei programmi, tale per cui molte famiglie italiane preferiscono trasferire altrove i propri figli. Sarà ingiusto, ma accade così. Il risultato è che nascono classi-ghetto, dove la maggioranza o addirittura la grande maggioranza degli alunni sono stranieri, proveniente dalle più svariate nazionalità. Il risultato è il caos. Si parli con insegnanti non ideologizzati: converranno. La richiesta viene proprio dal mondo della scuola. Si tratta di creare una corsia che renda agevole l’inserimento. Dove sta lo scandalo? Famiglia cristiana è partita lancia in resta con la solita accusa: razzismo, una mozione che spinge alla espulsione. In realtà si tratta esattamente del contrario. Nasce dalla volontà di integrazione, non di discriminazione. Ed è una vera vergogna che Piero Fassino si sia impancato a dare giudizi morale sul prossimo, sostenendo con linguaggio violento che si tratterebbe di una «abiezione tanto più grave perché diretta contro i bambini, contro i più piccoli». Oltretutto queste classi di transizione saranno frequentate solo da chi effettivamente non parla l’italiano, perché la si dovrà frequentare se non si supera un test di comprensione. Dopo di che nessuna classe potrà più avere un numero di stranieri che possano trasformarla in una enclave di questa o quella nazionalità.
Cose semplici. Pragmatiche. Un paragone tra metodologie, dove nessuno dovrebbe dare lezioni di limpida coscienza umanitaria all’altro. Invece è venuto giù il mondo. Sindacati, partiti, intellettuali: i bambini extracomunitari sono sembrati essere la preda ambita di una caccia infame. Il tutto è stato abilmente innescato da titoli di quotidiani monocordi. Repubblica: «A scuola classi solo per immigrati». E il Corriere: «Sì a classi separate per stranieri». Con tanto di morale fatta trarre dal direttore di Famiglia cristiana: «Altro che integrazione. Così si punta all’espulsione».
Serietà, merito, disciplina, riconoscimento dell’autorità, tentativo di introdurre i bambini in un mondo culturale dove il dato dominante della nostra tradizione non sia annacquato, senza negare le differenze ma valorizzandole. Per valorizzarsi però bisogna capirsi. Prepararsi per capirsi, secondo modi che non offendano alcuno, sarà l’impegno del governo. Partire negando la buona fede del governo e della maggioranza significa trattare da razzista la più parte degli italiani che ha voglia di cambiare la scuola anche attraverso pochi e chiari punti fermi.
Vedremo se poi il governo avrà il coraggio, come chiesto da chi finora lo ha difeso, di aprire realmente alla parità scolastica, senza cui gli impegni di serietà, merito e autorità sarebbero affidati alla solita burocrazia di Stato.
Renato Farina, Il Sussidiario, 16 Ottobre 2008
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