da Afffariitaliani.it
La procura di Firenze è convinta che sull’area di Castello si sia giocata una partita con un solo sconfitto: l’interesse pubblico. Parte da questo presupposto l’inchiesta esplosa una settimana fa con sette avvisi di garanzia per corruzione, che vede implicati gli assessori della giunta di Palazzo Vecchio, Gianni Biagi e Graziano Cioni e il patron di Fondiaria Salvatore Ligresti.
Protagonisti la proprietà dell’area a nord ovest di Firenze, interessata ad ottenere quante più volumetrie possibili per edificare palazzi e negozi nei 259.000 metri quadri a spese dell’interesse pubblico “lasciato in un angolino asservito a logiche di guadagno o di competizione politiche” come scrivono gli inquirenti nel decreto di sequestro dei 168 ettari di terreno di Fondiaria-Sai, che secondo una convenzione siglata nel 2005 tra il Comune e lo stesso Ligresti prevedeva anche un parco pubblico di 80 ettari, vero e proprio polmone verde, ritenuto “parte essenziale” di tutto il progetto Castello, che nelle intenzioni di Ligresti sarebbe dovuto costare più di un miliardo di euro.
Nei mesi scorsi però sulla stessa area è piombata l’ipotesi del Comune di costruire il nuovo stadio della Fiorentina, dopo la presentazione del progetto fatta dai fratelli Della Valle, proprietari della squadra viola. Non ci sono bustarelle di mezzo, non c’è (almeno al momento viene escluso) passaggio di denaro per corrompere i politici. Ma per la procura gli assessori Biagi e Cioni avrebbero tutelato gli interessi dei privati, addirittura a costo di mettere a rischio il parco, favorendo i privati, rilasciando licenze edilizie prima ancora della realizzazione del “polmone verde”, previsto nella convenzione a carico della Fondiaria (circa 10 milioni di euro come oneri di urbanizzazione).
In sintesi eccolo il quadro accusatorio. I pm disegnano un ruolo “anomalo” che avrebbe svolto Biagi. Scorrendo le 140 pagine del decreto firmato dal Gip Rosario Lupo, emergono intercettazioni telefoniche nelle quali per la procura è proprio l’assessore Biagi a chiedere a Fondiaria l’affidamento di incarichi agli architetti Casamonti e Savi. Sarebbe la prova della sua “utilità indebita”. Lo stesso assessore si sarebbe poi attivato per ostacolare un bando di gara della Provincia, voluto dal presidente Matteo Renzi. Per la procura invece Cioni avrebbe garantito a Fondiaria “il proprio appoggio politico e amministrativo” in cambio di una promozione e gratificazioni economiche per il figlio, dipendente di Fondiaria, e l’affitto di un’appartamento per una sua conoscente. Il terremoto giudiziaria, come era prevedibile ha scosso da vicino Palazzo Vecchio.
Giovedì le dimissioni di Biagi “dimostrerò che non sono un corrotto”. Cioni invece resta al suo posto su richiesta di Domenici, il sindaco chiede un incontro con il procuratore Quattrocchi e il Pd che fa quadrato e il capogruppo di Palazzo Vecchio Alberto Formigli, già indagato in un’altra inchiesta dei pm fiorentini, che chiarisce il senso di quella intercettazione “voglio 10 ettari” detta a Biagi. Nessun interesse privato ma solo quello della città “dei più deboli, di chi ha bisogno di una casa” spiegherà poi Formigli.
E’ in questo scenario che il Pd di Firenze si appresta a vivere due mesi di primarie per la scelta del candidato a sindaco. Quattro i concorrenti: Daniela Lastri, Lapo Pistelli, Matteo Renzi e Graziano Cioni. Quest’ultimo uno dei protagonisti dell’inchiesta. Quali potrebbero essere le conseguenze sul partito? Dubbi e domande che si intrecciano con il vertice a Roma tra il segretario nazionale del Pd Veltroni, i segretari locali e regionale, il sindaco Domenici e il presidente toscano Martini. Nel Pd fiorentino però in pochi sono pronti a scommettere su un ordine di azzerare tutto fatto da Veltroni. Anche se c’è chi pensa che sarebbe opportuno raffreddare la battaglia delle primarie, in un momento in cui sarebbe più opportuna l’unità tra i democratici fiorentini.
La procura di Firenze è convinta che sull’area di Castello si sia giocata una partita con un solo sconfitto: l’interesse pubblico. Parte da questo presupposto l’inchiesta esplosa una settimana fa con sette avvisi di garanzia per corruzione, che vede implicati gli assessori della giunta di Palazzo Vecchio, Gianni Biagi e Graziano Cioni e il patron di Fondiaria Salvatore Ligresti.
Protagonisti la proprietà dell’area a nord ovest di Firenze, interessata ad ottenere quante più volumetrie possibili per edificare palazzi e negozi nei 259.000 metri quadri a spese dell’interesse pubblico “lasciato in un angolino asservito a logiche di guadagno o di competizione politiche” come scrivono gli inquirenti nel decreto di sequestro dei 168 ettari di terreno di Fondiaria-Sai, che secondo una convenzione siglata nel 2005 tra il Comune e lo stesso Ligresti prevedeva anche un parco pubblico di 80 ettari, vero e proprio polmone verde, ritenuto “parte essenziale” di tutto il progetto Castello, che nelle intenzioni di Ligresti sarebbe dovuto costare più di un miliardo di euro.
Nei mesi scorsi però sulla stessa area è piombata l’ipotesi del Comune di costruire il nuovo stadio della Fiorentina, dopo la presentazione del progetto fatta dai fratelli Della Valle, proprietari della squadra viola. Non ci sono bustarelle di mezzo, non c’è (almeno al momento viene escluso) passaggio di denaro per corrompere i politici. Ma per la procura gli assessori Biagi e Cioni avrebbero tutelato gli interessi dei privati, addirittura a costo di mettere a rischio il parco, favorendo i privati, rilasciando licenze edilizie prima ancora della realizzazione del “polmone verde”, previsto nella convenzione a carico della Fondiaria (circa 10 milioni di euro come oneri di urbanizzazione).
In sintesi eccolo il quadro accusatorio. I pm disegnano un ruolo “anomalo” che avrebbe svolto Biagi. Scorrendo le 140 pagine del decreto firmato dal Gip Rosario Lupo, emergono intercettazioni telefoniche nelle quali per la procura è proprio l’assessore Biagi a chiedere a Fondiaria l’affidamento di incarichi agli architetti Casamonti e Savi. Sarebbe la prova della sua “utilità indebita”. Lo stesso assessore si sarebbe poi attivato per ostacolare un bando di gara della Provincia, voluto dal presidente Matteo Renzi. Per la procura invece Cioni avrebbe garantito a Fondiaria “il proprio appoggio politico e amministrativo” in cambio di una promozione e gratificazioni economiche per il figlio, dipendente di Fondiaria, e l’affitto di un’appartamento per una sua conoscente. Il terremoto giudiziaria, come era prevedibile ha scosso da vicino Palazzo Vecchio.
Giovedì le dimissioni di Biagi “dimostrerò che non sono un corrotto”. Cioni invece resta al suo posto su richiesta di Domenici, il sindaco chiede un incontro con il procuratore Quattrocchi e il Pd che fa quadrato e il capogruppo di Palazzo Vecchio Alberto Formigli, già indagato in un’altra inchiesta dei pm fiorentini, che chiarisce il senso di quella intercettazione “voglio 10 ettari” detta a Biagi. Nessun interesse privato ma solo quello della città “dei più deboli, di chi ha bisogno di una casa” spiegherà poi Formigli.
E’ in questo scenario che il Pd di Firenze si appresta a vivere due mesi di primarie per la scelta del candidato a sindaco. Quattro i concorrenti: Daniela Lastri, Lapo Pistelli, Matteo Renzi e Graziano Cioni. Quest’ultimo uno dei protagonisti dell’inchiesta. Quali potrebbero essere le conseguenze sul partito? Dubbi e domande che si intrecciano con il vertice a Roma tra il segretario nazionale del Pd Veltroni, i segretari locali e regionale, il sindaco Domenici e il presidente toscano Martini. Nel Pd fiorentino però in pochi sono pronti a scommettere su un ordine di azzerare tutto fatto da Veltroni. Anche se c’è chi pensa che sarebbe opportuno raffreddare la battaglia delle primarie, in un momento in cui sarebbe più opportuna l’unità tra i democratici fiorentini.
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