sabato 8 novembre 2008
MA IL LINGUAGGIO DIRETTO DI SILVIO HA FATTO LA SUA FORTUNA
Berlusconi è così, prendere o lasciare: il protocollo e il gergo della diplomazia non sono nel suo dna, ma stipulare tredici accordi con la Russia e ripulire Napoli dai rifiuti sono cose che gli riescono bene. Prendete l’esempio della battuta su Barack Obama: che cosa avrebbe detto di sconveniente Berlusconi, se si va all’osso? Il fatto che alluda al colore della pelle del nuovo Presidente degli Stati Uniti? Ma che scoperta! Tutto il mondo ne parla, da mesi, compresi tutti i sepolcri imbiancati che oggi simulavano indignazione e raccapriccio. Anzi, a voler essere filologici, il modo in cui Obama deve essere definito, in America, non è ovviamente la parola nigger (che corrisponde anche in italiano al dispregiativo «negro»), non è di sicuro «afroamerican» (perché Obama non appartiene al ceppo etnico degli ex schiavi dell’Ottocento), ma è proprio «coloured» (di cui «abbronzato», se vogliamo, è la più vezzeggiativa delle traduzioni). Quindi, andando al sodo, nella frase pronunciata da Berlusconi in Russia non c’è nulla, ma proprio nulla che abbia un sottofondo vagamente o concretamente razzistico. Ed è la sostanza delle cose che decide se una battuta è offensiva oppure no. Mentre la vera gaffe è quella di chi continua a non capire che da quattordici anni, l’anomalia vincente di Berlusconi consiste proprio nella sua continua capacità di violare i confini del politicamente corretto. Dovrebbero capire, i Veltroni, i Franceschini, i vari Di Pietro che da almeno quattordici anni non è che Berlusconi vinca malgrado un eloquio che loro considerano sconveniente, ma semmai il contrario. Berlusconi vince proprio perché la sua cifra comunicativa è questa: diversa, non imbrigliata dalle convenienze, non congelata dal freddo sigillo della più algida burocraticità. Ma tutti i grandi leader violano e hanno violato questi confini, nella storia: non era politicamente corretto Winston Churchill, quando durante la guerra pronosticava «lacrime e sangue» (non parlava di «sacrifici doverosi», come gli eurocrati di oggi), non lo era sicuramente Charles De Gaulle quando spiegava che nella sua Francia c’erano più partiti politici che formaggi (ed era Presidente della Repubblica!). E così, da quattordici lunghi anni, Silvio Berlusconi continua a fare questo: si diverte a infilare le corna in una foto ufficiale, per esempio. Sono forse più spontanee quelle foto in cui le grisaglie grigie dei burocrati si mettono in posa una al fianco all’altra? Ovviamente no. C’è forse qualcosa di offensivo per il ministro spagnolo che fu vittima di questa burla? Ovviamente no. E dunque Berlusconi rompe quella ritualità impolverata, e comunica la sua diversità. Oppure il premier dice: vincerò io perché «gli elettori non sono mica dei coglioni». Tutti noi, nella nostra vita quotidiana facciamo ricorso a questo lessico informale, e sicuramente ironico: ma gli opinionisti della sinistra vogliono vedere in quella battuta una notitia criminis e allora ne rovesciano il senso: «Berlusconi dà dei coglioni agli elettori del centrosinistra». Qui, se c’è qualcosa di osceno è il modo in cui il senso di quella battuta è stato deliberatamente stravolto per creare un caso, per trasformarla in un insulto. E il Berlusconi che dava del kapò a Schultz che aveva mancato di rispetto al governo italiano? Certo, per un tedesco era sicuramente un’offesa sanguinosa, ma non era anche questa una risposta a chi per anni ci ha dipinto come dei mangiaspaghetti mafiosi? Ancora una volta, il politicamente scorretto berlusconiano andava al senso delle cose, senza giri di parole, e significava scrollarsi di dosso gli atavici complessi di inferiorità che per noi risalgono alla seconda Guerra mondiale.Lo stesso vale per le barzellette sulle sabbiature, per le bandane più o meno esibite, per le revisioni storiografiche un po’allegre e per le battute sulle località di «villeggiatura» dei confinati del fascismo. Il premier è diverso dai molti ipocriti che si fanno scudo del politicamente corretto per difendere politiche scorrettissime, lobbies di affari, rendite di posizione e poteri forti. Nella sua base elettorale il politicamente scorretto berlusconiano raccoglie ascolto e consensi. Una «connessione sentimentale», come direbbe forse Antonio Gramsci, che al rapporto fra il sentimento nazionalpopolare e le leadership ha dedicato alcune delle pagine più belle dei suoi quaderni. Parlava anche di Berlusconi. Anche se non poteva saperlo. (il Giornale)
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