ANDRA’ IN VIGORE A DICEMBRE: CONSISTE IN 480 EURO ANNUE (RICARICA DI 80 EURO A BIMESTRE)… SERVIRA’ PER LA SPESA E PER PAGARE LE BOLLETTE E SI USERA’ COME UNA CARTA RICARICABILE… NE HANNO DIRITTO I CITTADINI RESIDENTI CON OLTRE 65 ANNI E LE FAMIGLIE CON UN FIGLIO SOTTO I TRE ANNI E UN REDDITO INFERIORE A 6 MILA EURO… ARRIVERA’ LETTERA DALL’INPS E LA CARD SI RITIRERA’ ALLA POSTA.
E’ come una carta di credito, anche se priva del nome dell’intestatario, per ragioni di privacy. Ogni due mesi sarà caricata di 80 euro, spendibili nei supermercati e per pagare le bollette delle utenze. La social card, prevista nel decreto fiscale del giugno scorso, arriva un po’ in ritardo: entro novembre l’Inps invierà ai destinatari una lettera per invitarli a recarsi alle Poste per presentare la domanda, una sorta di autocertificazione. Ai primi di dicembre la card dovrebbe essere ritirabile sempre presso gli sportelli postali con il primo accredito di 80 euro bimestrale e avrà la durata di sei bimestri, ovvero un anno, per un totale di 480 euro. Chi beneficerà dell’iniziativa? I cittadini residenti con più di 65 anni di età e con un reddito inferiore a 6mila euro l’anno e le famiglie comprese nella stessa fascia di reddito con un figlio a carico sotto i tre anni. Resteranno esclusi coloro che possiedono oltre il 25% di un secondo immobile ( la prima casa non concorre al calcolo), coloro che possiedono due auto, coloro che vantano un patrimonio mobiliare superiore ai 15mila euro e gli intestatari di una seconda utenza. Spetterà agli interessati comunque, su richiesta, dimostrare di rientrare nelle categorie disagiate attaverso il modello Isee, ovvero l’indicatore dello stato economico equivalente. Potrebbe accadere che nel decreto attuativo il Governo decida di estendere la carta agli over 70 con reddito inferiore agli 8mila euro, ovvero ai titolari della pensione minima di 516 euro mensili. I possessori della social card a questo punto passerebbero da 800mila a 1,3 milioni. Tutto dipenderà dai fondi disponibili. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ammette che ” avevamo promesso interventi sulle pensioni più deboli, ma adesso non possiamo perdere il controllo della spesa”. Le famiglie “sicuramente povere” sono circa 1.142.000, pari al 4,8% delle famiglie residenti, tre quarti risiedono al Sud. La soglia che individua la “linea di povertà” è fissata in 582,20 euro di spesa mensile per un solo componente, in 970,34 euro per una famiglia di due persone e in 1.290 euro per un nucleo di 3 persone. Il povero tipo risiede nel Mezzogiorno e ha più figli, la sua condizione è fortemente associata a bassi livelli diistruzioni e bassi profili professionali e all’esclusione dal mercato del lavoro. Questo per avere un quadro esaustivo su quali realtà si va ad intervenire con la social card. Non abbiamo sinceramente compreso la farraginosità del provvedimento, ritenendo per gli over 65 che sarebbe stato più semplice far trovare ogni mese nell’accredito della pensione la somma di 40 euro in più, invece che mettere in atto tutto questo complesso meccanismo burocratico, forse spendibile meglio mediaticamente. Quanto all’entità della cifra, prendiamo atto che corrisponde a un impegno di spesa di 170 milioni e che si spera, tra recupero di conti dormienti e proventi dell’Antitrust, di recuperarne altri 500. Ci limitiamo ad osservare che se fossero state proibite tutte le consulenze esterne agli enti locali, come da più parti invocato, si sarebbe potuta mettere da parte una cifra più che doppia a disposizione di tante famiglie in difficoltà. Per non parlare di tanti altri tagli alla casta…
E’ come una carta di credito, anche se priva del nome dell’intestatario, per ragioni di privacy. Ogni due mesi sarà caricata di 80 euro, spendibili nei supermercati e per pagare le bollette delle utenze. La social card, prevista nel decreto fiscale del giugno scorso, arriva un po’ in ritardo: entro novembre l’Inps invierà ai destinatari una lettera per invitarli a recarsi alle Poste per presentare la domanda, una sorta di autocertificazione. Ai primi di dicembre la card dovrebbe essere ritirabile sempre presso gli sportelli postali con il primo accredito di 80 euro bimestrale e avrà la durata di sei bimestri, ovvero un anno, per un totale di 480 euro. Chi beneficerà dell’iniziativa? I cittadini residenti con più di 65 anni di età e con un reddito inferiore a 6mila euro l’anno e le famiglie comprese nella stessa fascia di reddito con un figlio a carico sotto i tre anni. Resteranno esclusi coloro che possiedono oltre il 25% di un secondo immobile ( la prima casa non concorre al calcolo), coloro che possiedono due auto, coloro che vantano un patrimonio mobiliare superiore ai 15mila euro e gli intestatari di una seconda utenza. Spetterà agli interessati comunque, su richiesta, dimostrare di rientrare nelle categorie disagiate attaverso il modello Isee, ovvero l’indicatore dello stato economico equivalente. Potrebbe accadere che nel decreto attuativo il Governo decida di estendere la carta agli over 70 con reddito inferiore agli 8mila euro, ovvero ai titolari della pensione minima di 516 euro mensili. I possessori della social card a questo punto passerebbero da 800mila a 1,3 milioni. Tutto dipenderà dai fondi disponibili. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ammette che ” avevamo promesso interventi sulle pensioni più deboli, ma adesso non possiamo perdere il controllo della spesa”. Le famiglie “sicuramente povere” sono circa 1.142.000, pari al 4,8% delle famiglie residenti, tre quarti risiedono al Sud. La soglia che individua la “linea di povertà” è fissata in 582,20 euro di spesa mensile per un solo componente, in 970,34 euro per una famiglia di due persone e in 1.290 euro per un nucleo di 3 persone. Il povero tipo risiede nel Mezzogiorno e ha più figli, la sua condizione è fortemente associata a bassi livelli diistruzioni e bassi profili professionali e all’esclusione dal mercato del lavoro. Questo per avere un quadro esaustivo su quali realtà si va ad intervenire con la social card. Non abbiamo sinceramente compreso la farraginosità del provvedimento, ritenendo per gli over 65 che sarebbe stato più semplice far trovare ogni mese nell’accredito della pensione la somma di 40 euro in più, invece che mettere in atto tutto questo complesso meccanismo burocratico, forse spendibile meglio mediaticamente. Quanto all’entità della cifra, prendiamo atto che corrisponde a un impegno di spesa di 170 milioni e che si spera, tra recupero di conti dormienti e proventi dell’Antitrust, di recuperarne altri 500. Ci limitiamo ad osservare che se fossero state proibite tutte le consulenze esterne agli enti locali, come da più parti invocato, si sarebbe potuta mettere da parte una cifra più che doppia a disposizione di tante famiglie in difficoltà. Per non parlare di tanti altri tagli alla casta…
1 commento:
imparato molto
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