lunedì 18 ottobre 2010

LA RINASCITA DELL'ITALIA GABERIANA



Ad Annozero una canzone ha dimostrato che esiste un patrimonio comune

Trovarsi alle undici e mezza a cantare a squarciagola Gaber sul divano, ispirati da un programma televisivo, è un'esperienza nuova, sicuramente toccante, molto efficace dal punto di vista comunicativo. È quello che ci è successo ieri sera, quando Michele Santoro, ottimo giornalista ma anche grande uomo di spettacolo, ha tirato fuori dal cilindro La libertà, una canzone di Giorgio Gaber che ci sta particolarmente a cuore, per chiudere la puntata.In quello studio televisivo, spesso teatro di aspre e a volte violente polemiche politiche, mediatiche e culturali, il Signor G. ha compiuto il miracolo. Da Vauro a Travaglio, da Bersani a Formigoni, tutti cantavano quei versi così pieni di significato. A squarciagola, esattamente come noi, sul nostro divano. Quel coro così eterogeneo, che di solito è un insieme confuso di solisti urlanti, ha rappresentato uno dei momenti più belli della televisione italiana dell'ultimo periodo. Strumentale, forse, alle rivendicazioni (peraltro giuste) di Michele Santoro nei confronti della Rai, ma non per questo meno significativo.La portata rivoluzionaria di una canzone che ha quasi quarant'anni (è del 1972) va trovata soprattutto nell'enunciazione di principi basilari che dovrebbero essere patrimonio di tutti, e non solo in politica. È una costituzione in versi, una carta fondamentale in musica, che senza forzatura alcuna accomuna Roberto Formigoni e Pier Luigi Bersani, Marco Travaglio e Vauro. Senza ipocrisie, né appartenenze o divisioni forzose, senza gli stantii steccati di destra e sinistra, quel testo può essere, anzi deve essere, una fonte di ispirazione per la nuova Italia che sta venendo fuori. Un'Italia che più gaberiana non si può, visto che non sa nemmeno più se è fiera o no di essere italiana, che cerca con una disperata e commovente disillusione uno spazio di espressione nel panorama incartapecorito che questi anni hanno magistralmente e colpevolmente confezionato.La bruciante attualità di Giorgio Gaber non l'abbiamo certo scoperta ieri sera, questo è ovvio. Ma ieri abbiamo scoperto qualcosa di ancora più profondo e inedito: ci può essere, anzi c'è, qualcosa che accomuna tutti, che se ne frega delle divisioni tutte italiane tra “comunisti” e “fascisti”, credenti e laici, guelfi e ghibellini, interisti e milanisti, berlusconiani e antiberlusconiani. È il patrimonio genetico comune di una società che non è morta, non ancora, ma che è stata soltanto sedata da anni di politica narcotizzata, di bipolarismi forzosi e forzati, di urla e strepiti, scandali e storiacce. È l'Italia di Gaber che si ribella, con la sola forza delle idee, alle posizioni preconfezionate, agli stacchetti stile Richard Clayderman durante i congressi di partito, alle scenografie in cartapesta con cieli azzurri e nuvole bianchissime, ai “meno male che Silvio c'è...” e vuole riappropriarsi di una tradizione trasversale di democrazia, cultura, confronto civile. E anche di musica, perché no, perché anche le note in politica hanno la loro importanza, così come le parole. E allora buttiamo via i jingle imbalsamati che inneggiano a questo o quel leader. Torniamo a usare nel migliore dei modi la nostra libertà. Partecipando, appunto, perché è l'unico vero modo che ci consente di esprimerci.Eccolo il merito della puntata di Annozero (che peraltro ha sbancato l'Auditel): aver riacceso in molti di noi la voglia di “partecipare”. Ognuno con le proprie idee, diverse, distinte e a volte distanti. Ma sempre con la consapevolezza che in una democrazia non ci può essere il nemico da abbattere a tutti i costi, né può esserci spazio per fantasmi del passato (attenti ai comunisti, nelle fogne i fascisti e via cantando). Gaber l'aveva capito e non è un caso, permetteteci una piccola autocitazione, se Ffwebmagazine nel corso dell'ultimo anno ha più volte indicato proprio nel Signor G. un modello culturale che può essere utile per uscire dall'eterno guado. Bravo Santoro, dunque. E bravo Formigoni, bravo Vauro, bravo chi come noi ieri cantava commosso sul divano quella splendida canzone. Bravo chiunque creda in quelle frasi. Bravo chiunque si sia reso conto che è di nuovo giunto il momento di partecipare. Perché questa è la democrazia, questa è la vera libertà. Si rassegni chi ci vorrebbe ammassati in due steccati colmi di odio e livore. L'Italia sta cambiando. Finalmente.

Domenico Naso da:http://www.ffwebmagazine.it/

1 commento:

Anonimo ha detto...

"...libertà è PARTECIPAZIONE...!!!"
BAH