di Claudio Bgnoli, ItaliaOggi, 10 Febbraio 2009
La crisi delle democrazie si rispecchia nei comportamenti dell'opposizione. Lo scambio tra quorum per le europee e via libera per la Rai ha segnato una vittoria sostanziale per Silvio Berlusconi e una effimera per Walter Veltroni che ha, però, prevalso su Massimo D'Alema. In questo è stato bravo. Forte dell'appoggio dei compagni di provenienza democristiana è andato alla conta interna; qualcosa di estraneo alla tradizione comunista, ma con ciò ha vinto. Sicuramente non ha convinto, ma un D'Alema rimasto solo ha abbandonato il campo. Si vedrà come ci rientrerà. Supponiamo che, nel merito, sia i mariniani che i rutelliani vorranno dire la loro. I prodiani, infine, sembrano essere le guardie d'onore del Pantheon. Comunque la si voglia mettere, insomma, l'opposizione democratica mostra, al di là delle tattiche, intrinseci motivi di debolezza. Berlusconi ha campo libero fino ad affermare di volersi rivolgere al popolo per cambiare la Costituzione; una tale affermazione, grave per un presidente del consiglio, denota che la maggioranza non è strutturalmente coesa. Il quadro politico appare immerso in un diffuso confusionismo. E mentre nella maggioranza, giorno dopo giorno, si evidenzia il dualismo Berlusconi-Fini, nel partito democratico è sul tavolo quello Veltroni-Bersani. Fedele alla propria immagine di uomo delle lenzuolate, questi non ha mancato, mentre votava a favore di Veltroni nella riunione del gruppo, di far conoscere la “mission” che affida all'annunciata candidatura alla testa del partito; farne “Non un partito socialdemocratico, ma un partito di sinistra”. Chissà cosa avranno pensato coloro che lo avevano rappresentato come l'espressione di un genuino riformismo padano richiamando addirittura il nome di Camillo Prampolini che, com'è abbastanza noto, era sicuramente socialdemocratico. Bersani ci sembra dire quello che D'Alema pensa. Siamo sempre lì, ad affermare l'esigenza di andare oltre – all'esperienza storica del pci, s'intende – senza, tuttavia, conoscerne l'approdo. Rispetto a ciò il “ma anche” di Veltroni suona già più rassicurante. La verità è che, né l'una né l'altra linea, risolvono la questione di fondo: la debolezza del maggior partito di opposizione e le sue irrisolte ambiguità culturali non lasciano intravedere il profilo forte di un'alternativa democratica a Berlusconi. E' naturale, quindi, che il dipietrismo dilaghi rendendo tutto più complicato. In definitiva: siamo ad un passo dalla rottura dell'equilibrio instabile su cui poggia il sistema e se la crisi economico-sociale si dovesse saldare con quella politico-istituzionale chissà quali scenari potrebbero aprirsi.
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