sabato 27 settembre 2008
Ahmadinejad minaccia e l’Occidente applaude
Chi ricorda «La resistibile ascesa di Arturo Ui», di Bertolt Brecht, che parafrasava in commedia la paura e l’idiozia che avevano circondato la presa di potere di Hitler? Qui, la presa del potere da parte di un fanatico religioso che odia l’Occidente è avvenuta quattro anni fa, quando Mahmoud Ahmadinejad da pasdaran, sospetto agente-sicario, si è trasformato in presidente dell’Iran. Ora assistiamo all’allargarsi del suo controllo sul terrorismo internazionale - da Hamas a Hezbollah -, ai suoi legami con Al Qaida e alla resistibile preparazione della bomba atomica intesa a distruggere l’Occidente. E applaudiamo. Come ha già detto il leader dell’Iran khomeinista: quel giorno felice, la redenzione finale verrà quando l’ultimo ebreo sparirà. Adesso la guerra al potere immorale e imperialista degli Stati Uniti e all’esistenza d’Israele si è trasformata in un dettagliato messaggio nazista che ha al centro gli ebrei e per riflesso la necessità per tutti di eliminarli.
«La dignità, l’integrità e i diritti del popolo europeo e americano sono lo zimbello di pochi sionisti... minuscola minoranza che domina i mercati finanziari e i centri politici... Europa e America ubbidiscono a un piccolo gruppo avido e invadente e hanno perso ogni dignità, prigionieri dei delitti, delle minacce e delle trame dei sionisti», ha detto Ahmadinejad a New York. Roba vecchia. La novità è l’applauso dell’Assemblea generale, l’abbraccio del presidente Miguel D’Escoto, la candidatura incredibile e ben sostenuta (118 Paesi non allineati e 57 nazioni della Conferenza islamica) per entrare nel Consiglio di Sicurezza, il crescere del gradimento sociale di un dittatore nazista che impicca a casa omosessuali e adultere: lo vogliono nei salotti, lo vellica Larry King nel suo Show, i programmi tv se lo contendono. La ciliegina è l’invito a cena come ospite d’onore di varie organizzazioni religiose che si dedicano alla «costruzione di ponti per la pace».
Quando Heinrich Himmler a Posen nel 1943 spiegò che avrebbe fatto sparire «gli ebrei dalla faccia della terra», cosa che Ahmadinejad ha ripetuto contestualmente alla promessa di portare a termine i programmi atomici, il discorso era tenuto in segreto davanti a pochi complici politici. Qui si è parlato sotto i grandi riflettori del mondo e nessuno si è messo a gridare o a lanciare pomodori. Il fatto è che la ripetizione ossessiva del vituperio antioccidentale e dell’antisemitismo genocida, certamente non condiviso da gran parte della popolazione iraniana, sono stati accompagnati da un successo politico che culmina nella cancellazione da parte della Russia della riunione prevista per venerdì per passare al quarto round di sanzioni. Ahmadinejad sa oggi che la sua sfida al Consiglio di Sicurezza e all’Aiea è vinta, che la Corea del Nord ora lo segue sulla strada del fregarsene delle imposizioni internazionali e la Russia usa la leva iraniana per la sua sfida con l’America. Il tempo lavora a favore di Ahmadinejad, che costruisce i suoi crimini sapendo che nessuno in Occidente sa raccogliere la sfida.
L’ultimo segno di vittoria per l’Iran è stata la visita del presidente francese Nicolas Sarkozy a Damasco: il siriano Bashar el Assad non gli ha promesso niente né ha intenzione di staccarsi da chi fornisce armi a lui e Hezbollah, gruppo attraverso il quale Iran e Siria minacciano Libano e Israele. Contro Ahmadinejad anche le armi morali sono diventate chimere: ma ci sono strade per agire senz’armi. I Paesi civili in Consiglio di Sicurezza devono contrastare il disegno dell’Iran di sedere in quella stessa istituzione.
Fiamma Nirenstein, Il Giornale, 27 Settembre 2008
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