Una parte dell’attuale maggioranza, ma non solo, vorrebbe eliminare il voto di preferenza anche per le elezioni europee, e ciò sta causando vivaci discussioni, anche su ilsussidiario.net. SussiDario vorrebbe aggiungersi alla discussione, prendendo spunto dal sottostante commento, a firma Luigi Residori.
“Leggo sempre con maggior preoccupazione notizie sulle riforme elettorali che prevedono l'eliminazione delle preferenze. Lo scorso anno, anch'io insieme a molti amici, avevamo raccolto delle firme proprio per chiedere la reintroduzione delle preferenze alle elezioni politiche. Dove lavoro, tutti (senza differenza di segno politico) hanno firmato. Ora, invece di rimetterle, le tolgono anche alle europee...
Domenica sera, il ministro Ignazio La Russa, intervenendo alla prima festa provinciale del PdL a Bergamo ha annunciato che (cito a memoria): senza preferenze i partiti saranno costretti a candidare persone più degne.
È assurdo!!! Chi decide le persone da candidare e se esse sono degne? Se alla fine dovremo scegliere tra due partiti, visto che non siamo negli Usa, gli spazi di scelta si riducono e si finisce per aderire ad una ideologia o ad un'altra senza guardare più alle persone. Se, infine, si pensa che le ideologie dei due principali partiti in Italia, sono ormai quasi inesistenti (e lo stesso vale per gli ideali) alla fine con che criterio uno va alle urne?».
In effetti, messa come riferita da Residori, l’affermazione di La Russa è del tutto inaccettabile, perché attribuirebbe ai soli partiti la capacità di scegliere candidati seri e onesti. Il definire gli italiani o stupidi o mafiosetti, ogni volta che si perdevano le elezioni, è stato in un passato anche recente appannaggio di certi personaggi della sinistra, soprattutto di quella radical chic. Sarebbe avvilente scoprire che nella classe politica è diffusa la convinzione di dover pensare e decidere per gli italiani, considerati tutti dei poveri interdetti.
In verità gli italiani sono interdetti, ma nel senso che sono parecchio perplessi su questa smania di togliere le preferenze. La motivazione principale, forse alla base delle parole di La Russa, è che le preferenze portano al voto clientelare, cosa che in realtà è successa e rappresenta un problema. Tuttavia, si potrebbe obiettare che nelle liste i candidati sono sempre stati scelti e inseriti dai partiti: se alcuni di questi erano disonesti, la responsabilità è dei partiti che li hanno candidati. Tanto più che spesso queste candidature sono state riproposte anche in presenza di fatti acclarati in termini di clientele, voto di scambio e via dicendo.
Ora, con queste premesse, come si può credere che una lista totalmente decisa all’interno dei partiti dia assicurazioni sulla onestà dei candidati? Mi pare che l’unica differenza sia che le trattative sui voti che verranno attribuiti ai candidati, invece che avvenire con gli elettori attraverso comizi, incontri, propaganda, a volte purtroppo anche attraverso clientelarismo, avverranno nel chiuso delle segreterie e dei comitati elettorali. Un sistema senza dubbio più efficiente e meno costoso, una specie di mercato all’ingrosso al posto di un dispersivo commercio al dettaglio, e che lascia spazio agli elettori solo in quanto organizzati in forti gruppi di pressione.
Né risolvono la questione meccanismi tipo le primarie che, anche se organizzate nel modo più democratico e aperto possibile, e sulla base delle esperienze avvenute già questo sembra piuttosto difficile, rimarrebbero sempre molto limitate rispetto alle elezioni generali. Tra l’altro, la cosa potrebbe avere qualche senso per la scelta del capolista o del leader della coalizione, ma sarebbe impraticabile per l’intera lista dei candidati, in cui diventerebbe essenziale l’ordine di presentazione, che rimarrebbe senz’altro deciso dai partiti. Ve l’immaginate capi e capetti che rinunciano ai posti sicuri nella lista, rischiando così di non essere eletti?
Residori ha ragione anche nell’osservare che il voto si ridurrebbe così ad una scelta tra due blocchi che, non essendo più formati su chiare contrapposizioni ideologiche o di interesse, finirebbero per avere ben poco appeal per gli elettori. In una situazione peraltro completamente differente, è quanto avviene in sostanza negli Stati Uniti, dove le percentuali di voto alle presidenziali sono quasi sempre inferiori al 50%, nonostante primarie, più di un anno di campagna elettorale e spese elevatissime. Essendo in Italia, il riferimento giusto temo sarebbe al bonapartismo e quindi all’ego dei nostri politici, molto grande e non solo per Berlusconi, ma non mi sembra che ci sia bisogno di nuovi Napoleoni.
Se proprio ci tengono alle loro impopolari liste bloccate, invece delle preferenze ci consentano le “spreferenze”, ci diano cioè la possibilità di cancellare almeno quei candidati che più ci stanno sul piloro. Sarebbe comunque qualcosa.
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