Alitalia: Wsj, forse è troppo tardi
Il caso Alitalia è sempre al centro dell'attenzione dei siti dei giornali finanziari esteri. Mentre il Financial Times fa un ritratto di Roberto Colaninno, il "cane sciolto" di Mantova, il Wall Street Journal osserva che potrebbe essere troppo tardi anche per il piano d'emergenza. Sul Financial Times, nella sua rubrica "European View", Paul Betts descrive Colaninno come un uomo non convenzionale, scelto dai leader dell'industria italiana perché ha forti credenziali nell'affrontare problemi «radioattivi», dopo essere intervenuto su Olivetti e Piaggio. Nel suo commento - «Mantua maverick climbs aboard at Alitalia» - Betts ricorda che nel 2001 fu mandato via da Telecom Italia da un consorzio guidato da Pirelli, Benetton e Intesa. «Non è senza ironia che gli stessi tre saranno azionisti nel Progetto Fenice, il piano per far rivivere Alitalia». Uno dei punti di forza di Colaninno, scrive Betts, è la sua franchezza. Al Financial Times che gli chiedeva perché guidava il salvataggio di Alitalia ha risposto senza peli sulla lingua che gli italiani devono smetterla di lamentarsi al caffè dei loro malanni e fare qualcosa per risolverli. Colaninno scommette che una dose della medicina che ha curato Olivetti e Piaggio permetterà ad Alitalia di decollare. E a chi obietta che saranno i contribuenti a pagare il conto – nota Betts - risponde candidamente che l'alternativa è la bancarotta e in tal caso i contribuenti dovranno pagare un conto molto più salato. Sempre sul Financial Times una corrispondenza di Guy Dinmore riferisce dell'offerta «condizionale» di 400 milioni di euro avanzata dal consorzio di investitori italiani, senza dimenticare di menzionare le critiche di chi sostiene che il takeover costerà al governo molto più dell'offerta di Air France-Klm, respinta dai sindacati e da Berlusconi lo scorso aprile. Per il Wall Street Journal, con le perdite e le cautele in aumento, potrebbe essere troppo tardi per salvare Alitalia. In un articolo intitolato «L'Italia preme di nuovo sui sindacati perché appoggino il salvataggio di Alitalia», il Wsj ricorda che la compagnia aerea perde tra 1 e 2 milioni di euro al giorno. «I fornitori e le altre compagnie aeree potrebbero non volere fare business con Alitalia per timore di non essere pagati e le autorità di sicurezza potrebbero cominciare a vedere se togliere ad Alitalia la licenza di operare». Il quotidiano statunitense sottolinea che secondo Colaninno il piano non può andare avanti senza il sostegno dei sindacati. Quanto all'interesse a una partnership dimostrato da altre compagnie aeree, oltre ad Air France-Klm e Lufhtansa, nell'ultima settimana è entrata in lizza anche British Airways. «Ma non è chiaro – scrive il Wsj – quanto seria sia BA nelle discussioni. Il portavoce della BA non ha voluto fare commenti». Sul gruppo di investitori italiani – scrive il quotidiano Usa - ci sono forti pressioni politiche per mantenere la maggioranza della compagnia in mani italiane. Colaninno – riferisce il Wsj - ha preannunciato un patto che vincoli gli azionisti per cinque anni: «Non compriamo per vendere domani». Il sito dell'International Herald Tribune pubblica un servizio Ap che titola sulle dichiarazioni del ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Il tempo stringe per Alitalia». Secondo il ministro, bisogna chiudere l'accordo con i sindacati entro la fine della prossima settimana perché «la compagnia aerea non può continuare a volare molto più a lungo». Il quotidiano finanziario francese Les Echos titola: «Il governo italiano pronto a mettere Alitalia di fronte alle sue responsabilità», spiegando che il governo di Silvio Berlusconi non intende dare un nuovo finanziamento alla compagnia italiana in fallimento.
Elysa Fazzino, Il Sole 24 Ore, 2 Settembre 2008.
Il caso Alitalia è sempre al centro dell'attenzione dei siti dei giornali finanziari esteri. Mentre il Financial Times fa un ritratto di Roberto Colaninno, il "cane sciolto" di Mantova, il Wall Street Journal osserva che potrebbe essere troppo tardi anche per il piano d'emergenza. Sul Financial Times, nella sua rubrica "European View", Paul Betts descrive Colaninno come un uomo non convenzionale, scelto dai leader dell'industria italiana perché ha forti credenziali nell'affrontare problemi «radioattivi», dopo essere intervenuto su Olivetti e Piaggio. Nel suo commento - «Mantua maverick climbs aboard at Alitalia» - Betts ricorda che nel 2001 fu mandato via da Telecom Italia da un consorzio guidato da Pirelli, Benetton e Intesa. «Non è senza ironia che gli stessi tre saranno azionisti nel Progetto Fenice, il piano per far rivivere Alitalia». Uno dei punti di forza di Colaninno, scrive Betts, è la sua franchezza. Al Financial Times che gli chiedeva perché guidava il salvataggio di Alitalia ha risposto senza peli sulla lingua che gli italiani devono smetterla di lamentarsi al caffè dei loro malanni e fare qualcosa per risolverli. Colaninno scommette che una dose della medicina che ha curato Olivetti e Piaggio permetterà ad Alitalia di decollare. E a chi obietta che saranno i contribuenti a pagare il conto – nota Betts - risponde candidamente che l'alternativa è la bancarotta e in tal caso i contribuenti dovranno pagare un conto molto più salato. Sempre sul Financial Times una corrispondenza di Guy Dinmore riferisce dell'offerta «condizionale» di 400 milioni di euro avanzata dal consorzio di investitori italiani, senza dimenticare di menzionare le critiche di chi sostiene che il takeover costerà al governo molto più dell'offerta di Air France-Klm, respinta dai sindacati e da Berlusconi lo scorso aprile. Per il Wall Street Journal, con le perdite e le cautele in aumento, potrebbe essere troppo tardi per salvare Alitalia. In un articolo intitolato «L'Italia preme di nuovo sui sindacati perché appoggino il salvataggio di Alitalia», il Wsj ricorda che la compagnia aerea perde tra 1 e 2 milioni di euro al giorno. «I fornitori e le altre compagnie aeree potrebbero non volere fare business con Alitalia per timore di non essere pagati e le autorità di sicurezza potrebbero cominciare a vedere se togliere ad Alitalia la licenza di operare». Il quotidiano statunitense sottolinea che secondo Colaninno il piano non può andare avanti senza il sostegno dei sindacati. Quanto all'interesse a una partnership dimostrato da altre compagnie aeree, oltre ad Air France-Klm e Lufhtansa, nell'ultima settimana è entrata in lizza anche British Airways. «Ma non è chiaro – scrive il Wsj – quanto seria sia BA nelle discussioni. Il portavoce della BA non ha voluto fare commenti». Sul gruppo di investitori italiani – scrive il quotidiano Usa - ci sono forti pressioni politiche per mantenere la maggioranza della compagnia in mani italiane. Colaninno – riferisce il Wsj - ha preannunciato un patto che vincoli gli azionisti per cinque anni: «Non compriamo per vendere domani». Il sito dell'International Herald Tribune pubblica un servizio Ap che titola sulle dichiarazioni del ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Il tempo stringe per Alitalia». Secondo il ministro, bisogna chiudere l'accordo con i sindacati entro la fine della prossima settimana perché «la compagnia aerea non può continuare a volare molto più a lungo». Il quotidiano finanziario francese Les Echos titola: «Il governo italiano pronto a mettere Alitalia di fronte alle sue responsabilità», spiegando che il governo di Silvio Berlusconi non intende dare un nuovo finanziamento alla compagnia italiana in fallimento.
Elysa Fazzino, Il Sole 24 Ore, 2 Settembre 2008.
Quest l'articolo citato dal FT a proposito di Robero Colaninno:
Mantua maverick climbs aboard at Alitalia
Roberto Colaninno has always preferred his hometown of Mantua to the corridors of power in Rome or Milan. While in recent years he has regularly been at the centre of the upheavals of Italian business, he has always made sure to end the week in his unassuming house in the northern Italian town.
His reluctance to move to the big city has meant his route to prominence has been unconventional. He skipped university to study as a ragioniere, or tax accountant, a vocation often seen as lacking the prestige of titles like avvocato (lawyer) or ingegnere (engineer) flaunted by the country’s business aristocracy. Each of his big moves over the years has been launched from his study at home rather than from a yacht, as favoured by the more flamboyant members of the industrial elite.
So why have 16 of Italy’s most powerful private sector business leaders coalesced around Mr Colaninno to form Compagnia Aerea Italiana, the company that is now about to acquire the best assets of Alitalia?
Mr Colaninno’s credentials for tackling radioactive business problems are strong. He took Olivetti from the brink of bankruptcy in 1996 to triumph as it acquired Telecom Italia in what was at the time the world’s largest hostile bid. His attempt to buy Fiat at the lowest point of its fortunes in 2002 was met with guffaws, although its subsequent revival under Sergio Marchionne suggests his offer was not that crazy.
His recent resurrection of a moribund Piaggio confounded critics and placed him firmly in the good books of Italian bank IntesaSanpaolo, which saw its investment in the scooter maker return to profit after years in the red.
Parvenu success in Italy is often met with snide asides and predictions – if not hopes – of a fall. When Mr Colaninno was booted out of Telecom Italia in 2001 by a consortium led by Pirelli, Benetton and Intesa, many gleefully wrote him off. So it is not without irony that the same three are to be shareholders in Project Phoenix, the plan to revive Alitalia.
One of Mr Colaninno’s strengths is his outspokenness. Asked why he was leading the Alitalia rescue, he said the time had come for Italians to stop moaning over their coffee about Italy’s woes and get up and do something about them.
Mr Colaninno also has a track record of making serious money where he invests, and no doubt it is this that has attracted his fellow travellers in the consortium, even as they still whisper that he has too much of the buccaneer about him for their liking.
Mr Colaninno is betting that a dose of the medicine that cured Olivetti and Piaggio will allow the new Alitalia to take off. Meanwhile, the justified complaints that the Italian taxpayer will be left to pick up the cost of dealing with the debris of the old Alitalia have been met with usual candour by Mr Colaninno.
He notes that the only other route is full bankruptcy, in which case the taxpayer will end up with an even larger bill.
Roberto Colaninno has always preferred his hometown of Mantua to the corridors of power in Rome or Milan. While in recent years he has regularly been at the centre of the upheavals of Italian business, he has always made sure to end the week in his unassuming house in the northern Italian town.
His reluctance to move to the big city has meant his route to prominence has been unconventional. He skipped university to study as a ragioniere, or tax accountant, a vocation often seen as lacking the prestige of titles like avvocato (lawyer) or ingegnere (engineer) flaunted by the country’s business aristocracy. Each of his big moves over the years has been launched from his study at home rather than from a yacht, as favoured by the more flamboyant members of the industrial elite.
So why have 16 of Italy’s most powerful private sector business leaders coalesced around Mr Colaninno to form Compagnia Aerea Italiana, the company that is now about to acquire the best assets of Alitalia?
Mr Colaninno’s credentials for tackling radioactive business problems are strong. He took Olivetti from the brink of bankruptcy in 1996 to triumph as it acquired Telecom Italia in what was at the time the world’s largest hostile bid. His attempt to buy Fiat at the lowest point of its fortunes in 2002 was met with guffaws, although its subsequent revival under Sergio Marchionne suggests his offer was not that crazy.
His recent resurrection of a moribund Piaggio confounded critics and placed him firmly in the good books of Italian bank IntesaSanpaolo, which saw its investment in the scooter maker return to profit after years in the red.
Parvenu success in Italy is often met with snide asides and predictions – if not hopes – of a fall. When Mr Colaninno was booted out of Telecom Italia in 2001 by a consortium led by Pirelli, Benetton and Intesa, many gleefully wrote him off. So it is not without irony that the same three are to be shareholders in Project Phoenix, the plan to revive Alitalia.
One of Mr Colaninno’s strengths is his outspokenness. Asked why he was leading the Alitalia rescue, he said the time had come for Italians to stop moaning over their coffee about Italy’s woes and get up and do something about them.
Mr Colaninno also has a track record of making serious money where he invests, and no doubt it is this that has attracted his fellow travellers in the consortium, even as they still whisper that he has too much of the buccaneer about him for their liking.
Mr Colaninno is betting that a dose of the medicine that cured Olivetti and Piaggio will allow the new Alitalia to take off. Meanwhile, the justified complaints that the Italian taxpayer will be left to pick up the cost of dealing with the debris of the old Alitalia have been met with usual candour by Mr Colaninno.
He notes that the only other route is full bankruptcy, in which case the taxpayer will end up with an even larger bill.
by Paul Betts, Financial Times, September 1, 2008
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