mercoledì 22 dicembre 2010

L'inesorabile crepuscolo di un Dio televisivo


Berlusconi ha offerto la sua peggiore prova televisiva degli ultimi quindici anni


Polveroso, vecchio, noioso, senza mordente e totalmente privo di quella antica capacità di far sognare gli italiani. Ieri sera, a Matrix, Silvio Berlusconi ha offerto la sua prova televisiva peggiore in quasi diciassette anni di attività politica.

Il miglior commento all'intervista al premier lo abbiamo letto su Facebook e recitava, testuale: “Berlusconi a Matrix è in differita. La trasmissione è stata registrata cinque anni fa”. Vero, verissimo. Sembrava di rivedere un vecchio film, tra l'altro nemmeno uno di quei capolavori che non ti stanchi mai di rivedere. No, magari. Era il solito cinepanettone, che ti fa ridere (e nemmeno tanto) quando lo vai a vedere al cinema ma che poi non rivedresti nemmeno per tutto l'oro del mondo.
Quello che ci interessa sottolineare della puntata di Matrix di ieri sera, visto che politicamente non c'è stato nulla di nuovo o rilevante, è l'effetto mediatico.

Lui, il re del piccolo schermo, l'uomo che bucava il video e che folgorava l'italiano medio con il suo sorriso ammaliante, è cotto. Televisivamente, beninteso.

Non c'è ritmo nel nuovo-vecchio Berlusconi catodico, non c'è il colpo d'ala, non c'è il coup de theatre che ha usato mille e mille volte per ingannare lo spettatore. E, sia chiaro, non perché il premier abbia deciso di cambiare stile, diventando all'improvviso misurato, “normale”, più attento ai contenuti che alla forma. È solo che non sa più cosa dire, e quello che ripete pedissequamente da anni, ormai, lo dice anche stancamente.

Forse non ci crede più nemmeno lui. Dopo le foto degli ultimi giorni, ieri sera a un tratto temevamo che il presidente del Consiglio si assopisse, ronfasse della grossa, si tuffasse tra le braccia di Morfeo per cercare, nell'ormai consueto riposino, un mondo migliore di quello reale.
Professionisti della politica, politici politicanti, giudici che si dovrebbero vergognare, sinistra disfattista: sempre la stessa solfa. “Sempre la solita Venezia”, direbbe la signorina Silvani parafrasando sprezzantemente l'ennesima gita aziendali di Fantozzi e signora. E la “solita Venezia” non basta più.

Ma lo spazio per l'ossessiva riaffermazione della propria virilità lo ha trovato, il nostro presidente del Consiglio. Ha ripetuto il giochino dell'anagramma del suo nome (“unico boss virile”), quasi a riaffermare prima a se stesso che agli altri che a dispetto degli anni che passano inesorabili lui è il ragazzino di sempre, fisicamente e mentalmente prestante per guidare la nave verso acque sicure.

E chi ci crede? Forse nemmeno lui e certamente non ci credono quegli spettatori privi di pregiudizi (positivi o negativi che siano) che ieri sera hanno assistito al tramonto televisivo di uno showman di razza. Un ex mattatore che non incanta più, che ripropone il solito repertorio fuori dal tempo e da ogni contatto con la realtà.

Se politicamente il Cavaliere arranca, insomma, televisivamente è fermo come un vecchio semaforo guasto, con un arancio sbiadito che lampeggia senza soluzione di continuità. E fa anche un po' tristezza, visto che noi siamo cresciuti con gli show politico-elettorali del Cav in tv e ora dobbiamo assistere a un lento ma inesorabile sunset boulevard.

E il premier, nonostante i frequenti ritocchini, non è di certo Gloria Swanson, ahinoi.

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