giovedì 2 settembre 2010

UNA FOTO AL GIORNO… LEVA IL MEDICO DI TORNO: LE FONTANE DEI SOGNI E LA FRAGILE CULTURA


Riguardo alla nostra presa di posizione sulla fontana di Buren che si sta costruendo alla Màgia, Francesco Gurrieri, ordinario all’Università di Firenze e direttore dell’Università Internazionale dell’Arte, scrive stamattina, 2 settembre, sulla Nazione:

La qualità della città e l’involontario autolesionismo. Cos’è uno spazio urbano o un piazza? Ci aiuta Lewis Mumford, un grande studioso americano: ‘La città è il punto di massima concentrazione dell’energia e della cultura di una comunità, è il simbolo delle relazioni sociali integrate: essa è la sede del tempio, del mercato, del tribunale, della scuola... mentre edifici, monumenti, testimonianze permanenti arricchiscono la memoria vivente’. Io ricordo bene la ‘Magia’ segreta e inaccessibile dei Cellesi: oggi c’è da essere orgogliosi di esser riusciti ad aprire alla collettività la villa e averne fatto un luogo deputato alla cultura. Ed allora, vorrei dire sommessamente, che sarebbe augurabile che la politica trovasse altri spazi di dibattito, senza lacerarsi sulla fragile cultura.

Con garbo, il chiarissimo illustra la sua sommessa posizione riguardo a una globale visione del mondo. E se leggiamo bene fra le righe, non impieghiamo troppo tempo per capire cosa sta dicendo: «Ragazzi, lasciateci lavorare, noi artisti e intenditori. I vostri interventi si occupino di altro e non della cultura, fragile materia per addetti».
E ha ragione Gurrieri. A condizione, però, che, con altrettanta sommessa convinzione, ripeta la stessa frase anche ai Sindaci – come la nostra beneamata Sabrina che, anziché dedicarsi ad altri spazi di dibattito, si getta anima e corpo nella realizzazione di fragile cultura senza badare alle necessità fondamentali delle sue popolazioni amministrate.
Ma il professore va capito e perdonato, perché, nella sua turris eburnea, dopo una brillantissima carriera alla quale non sono mancate soddisfazioni personali di natura anche economica, non vive in una frazione di Quarrata dove – mettiamo – mancano l’acquedotto, le fogne e il metano, o l’illuminazione su una carreggiata che è ancora (lui sa bene cosa diciamo) quella tracciata dai romani nelle loro centuriazioni, con a lato fossoni che si colmano d’acqua e in cui è facile finire in una notte d’inverno buia e tempestosa come quella classica di Snoopy che scrive romanzi horror.
Altro che la Màgia chiusa dei Cellesi ed oggi aperta alla fruizione del pubblico! Aperta a chi, professore? A chi va a farsi fotografare dopo la cerimonia di nozze e appena qualche mese prima di quando si separerà e divorzierà?
Per favore, dunque. Glielo chiediamo con altrettanto garbo: lasci alla politica il diritto-dovere di occuparsi dei problemi della gente e di esprimersi anche nel merito di scelte che, proprio per la fragile arte, soggetta a traffici e interessi economici di ogni genere, somigliano più a sperperi inutili che ad abbellimenti del mondo; a spartizioni di denaro che a reali e nobili interessi culturali.
Le sue lezioni su Lewis Mumford, professore, le riservi all’aula e ai suoi studenti che, se stiamo ancorati alla realtà e a quello che si ricava da essa, non sono capaci di leggere neppure un opuscolo di trenta paginette, né di scrivere una pagina in un italiano non diciamo da Vasari, ma almeno corretto e senza un errore. Il resto sono chiacchiere.

Con i più distinti saluti.

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